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Papa Francesco, un messaggio per la pace contro la globalizzazione dell’indifferenza

Papa Francesco | Papa Francesco con una colomba tra le mani, durante il viaggio in Turchia, Novembre 2014 | Daniel Ibáñez / CNA Papa Francesco | Papa Francesco con una colomba tra le mani, durante il viaggio in Turchia, Novembre 2014 | Daniel Ibáñez / CNA

L’appello agli Stati viene al termine del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2016. E le richieste sono quelle che Papa Francesco fa da sempre: lavoro, terra e tetto; impegno a non creare ulteriori conflitti e cancellazione del debito degli Stati più poveri; miglioramento delle condizioni dei detenuti, valutando eventualmente una amnistia; attenzione per l’accoglienza dei migranti, punto che – insieme al traffico di esseri umani, è uno dei temi centrali del Pontificato di Papa Francesco. Il messaggio, il cui tema è tema “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”, ha i toni dell’appello politico. Anche se in fondo, l’indifferenza nasce – spiega sempre il messaggio – dall’indifferenza verso Dio, un tema sviluppato da Benedetto XVi. È da quel mancato rapporto con un Dio creatore che scaturisce l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato.

Istituita dal Beato Paolo VI, la Giornata Mondiale della Pace si celebra il primo giorno dell’anno. Il messaggio viene distribuito alle cancellerie di tutto il mondo, ed è linea guida delle attività diplomatiche della Santa Sede per l’anno che verrà, nonché del discorso di inizio anno agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede.

Così, leggendo il messaggio, si possono vedere in controluce i temi delle iniziative diplomatiche vaticane dell’anno. Tutto è ancorato, ovviamente, al Vangelo. E infatti il paradigma che viene suggerito è quello di passare dal Caino che si mostra indifferente del fratello (l’immagine del Messaggio per la Giornata Mondiale del 2015, “Non più schiavi, ma fratelli e sorelle”) a quello del Buon Samaritano. Un paradigma che lo stesso Papa Francesco ha utilizzato nell’omelia della Messa che ha dato inizio al Giubileo.

Papa Francesco chiede agli Stati di compiere “gesti concreti, atti di coraggio nei confronti delle persone più fragile della loro società”, che sono “i prigionieri, i migranti, i disoccupati, i malati”.

Il Papa chiede con urgenza di “adottare misure concrete per migliorare le condizioni di vita nelle carceri”, addirittura chiedendo di valutare se “inserire nelle legislazioni nazionali” pene alternative alla detenzione. Il Papa reitera la richiesta di abolire la pena di morte dove è in vigore e chiede di “considerare la possibilità di un’amnistia”.

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Capitolo migranti: il Papa chiede di ripensare “le legislazioni sulle migrazioni”, affinché siano animate dalla “volontà di accoglienza” e facilitino “l’integrazione dei migranti”, dando speciale attenzione alle “condizioni di soggiorno dei migranti” e tenendo a mente che “la clandestinità rischia di trascinarli verso la criminalità”.

Quindi, la richiesta di gesti concreti per quanti “soffrono per la mancanza di lavoro, terra e tetto”, centro dei due discorsi di Papa Francesco ai Movimenti Popolari.

Papa Francesco fa anche un appello per la pace, chiede agli Stati di “rinnovare le loro relazioni con gli altri popoli”, auspica che tutti siano inclusi “nella vita della comunità internazionale” (è la continua richiesta della Santa Sede di una politica multilaterale, che tenga conto delle opinioni di tutti, e non solo dei grandi della terra), e desidera che si “realizzi la fraternità anche all’interno della famiglia delle nazioni”.

L’appello è triplice: “astenersi dal trascinare gli altri popoli in conflitti o guerre che ne distruggono non solo le ricchezze materiali, culturali e sociali, ma anche – e per lungo tempo – l’integrità morale e spirituali;” cancellare (o gestire in maniera sostenibile) il debito internazionale degli Stati più poveri; adottare “politiche di cooperazione che, anziché piegarsi alla dittatura di alcune ideologie, siano rispettose dei valori delle popolazioni locali e che, in ogni caso, non siano lesive del diritto fondamentale ed inalienabile dei nascituri alla vita” .

 Tutto il ragionamento è ancorato al riconoscimento che “la prima forma di indifferenza nella società umana è quella verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato”. Si tratta – spiega Papa Francesco – di “uno dei gravi effetti di un umanesimo falso e del materialismo pratico, combinati con un pensiero relativistico e nichilistico. L’uomo pensa di essere l’autore di sé stesso, della propria vita e della società; egli si sente autosufficiente e mira non solo a sostituirsi a Dio, ma a farne completamente a meno; di conseguenza, pensa di non dovere niente a nessuno, eccetto che a sé stesso, e pretende di avere solo diritti”. Un tema che Benedetto XVI aveva sviluppato molto bene, e infatti il Papa emerito ricorre spesso nelle citazioni. 

Il Papa chiede “l’apertura delle coscienze in senso solidale” (la globalizzazione della solidarietà, che si contrappone alla globalizzazione dell’indifferenza), distinguendo tra quanti si informano, ma restano indifferenti perché tengono “lo sguardo su sé stessi”, e chi nemmeno è attento alla realtà circostante.

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Ma il disimpegno che nasce dall’indifferenza – denuncia Papa Francesco – alimenta “il perdurare di situazioni di ingiustizia e grave squilibrio sociale, le quali, a loro volta, possono condurre a conflitti o, in ogni caso, generare un clima di insoddisfazione che rischia di sfociare, presto o tardi, in violenze e insicurezza”, e per questo “l’indifferenza, e il disimpegno che ne consegue, costituiscono una grave mancanza al dovere che ogni persona ha di contribuire, nella misura delle sue capacità e del ruolo che riveste nella società, al bene comune, in particolare alla pace, che è uno dei beni più preziosi dell’umanità”.

Poi però l’indifferenza – prosegue il Papa – si sposta a livello istituzionale, e così “favorisce e talvolta giustifica azioni e politiche che finiscono per costituire minacce alla pace,” come “le politiche economiche deplorevoli, foriere di ingiustizie, divisioni e violenze, in vista del conseguimento del proprio benessere o di quello della nazione”. Afferma Papa Francesco: “Non di rado, infatti, i progetti economici e politici degli uomini hanno come fine la conquista o il mantenimento del potere e delle ricchezze, anche a costo di calpestare i diritti e le esigenze fondamentali degli altri. Quando le popolazioni vedono negati i propri diritti elementari, quali il cibo, l’acqua, l’assistenza sanitaria o il lavoro, esse sono tentate di procurarseli con la forza”.

Ovviamente, non può mancare il tema dell’ambiente. Il Papa, sin dall’inizio, incoraggia le comuni prese di responsabilità, apprezza il risultato della Conferenza sul clima di Parigi (COP21), ricorda che risultati simili sono stati raggiunti ad Addis Abeba sullo Sviluppo Sostenibile e poi sull’agenda ONU 2030. Di certo, però, c’è una “indifferenza nei confronti dell’ambiente naturale” che “favorendo la deforestazione, l’inquinamento e le catastrofi naturali che sradicano intere comunità dal loro ambiente di vita, costringendole alla precarietà e all’insicurezza, crea nuove povertà, nuove situazioni di ingiustizia dalle conseguenze spesso nefaste in termini di sicurezza e di pace sociale”.

Per evitare le guerre che nascono “anche per la mancanza di risorse”, il Papa invita appunto a convertirsi a un cuore misericordioso, basandosi sul paradigm del Buon Samaritano, andando oltre l’indifferenza che “cerca spesso pretesti: nell’osservanza dei precetti rituali, nella quantità di cose che bisogna fare, negli antagonismi che ci tengono lontani gli uni dagli altri, nei pregiudizi di ogni genere che ci impediscono di farci prossimo”.

Nel Giubileo della Misericordia, si deve ricordare che “la misericordia è il cuore di Dio” e perciò “dev’essere anche il cuore di tutti coloro che si riconoscono membri dell’unica grande famiglia dei suoi figli; un cuore che batte forte dovunque la dignità umana – riflesso del volto di Dio nelle sue creature – sia in gioco. Gesù ci avverte: l’amore per gli altri – gli stranieri, i malati, i prigionieri, i senza fissa dimora, perfino i nemici – è l’unità di misura di Dio per giudicare le nostre azioni”.

La sfida della conversione è una sfida di educazione, e per questo Papa Francesco ricorda “la missione educativa primaria” delle famiglie, ma anche “gli educatori e i formatori” che “hanno l’impegnativo compito di educare i bambini e i giovani, sono chiamati ad essere consapevoli che la loro responsabilità riguarda le dimensioni morale, spirituale e sociale della persona. I valori della libertà, del rispetto reciproco e della solidarietà possono essere trasmessi fin dalla più tenera età”.

Come superare la globalizzazione dell’indifferenza? Papa Francesco indica le “buone pratiche” delle “tante organizzazioni non governative e gruppi caritativi, all’interno della Chiesa e fuori di essa, i cui membri, in occasione di epidemie, calamità o conflitti armati, affrontano fatiche e pericoli per curare i feriti e gli ammalati e per seppellire i defunti”, e poi “le persone e le associazioni che portano soccorso ai migranti che attraversano deserti e solcano mari alla ricerca di migliori condizioni di vita”. Ma un pensiero “va anche ai giornalisti e fotografi che informano l’opinione pubblica sulle situazioni difficili che interpellano le coscienze, e a coloro che si impegnano per la difesa dei diritti umani, in particolare quelli delle minoranze etniche e religiose, dei popoli indigeni, delle donne e dei bambini, e di tutti coloro che vivono in condizioni di maggiore vulnerabilità”. Menzione speciale con ringraziamento, poi, per “tutte le persone, le famiglie, le parrocchie, le comunità religiose, i monasteri e i santuari, che hanno risposto prontamente al mio appello ad accogliere una famiglia di rifugiati” e per i “giovani che si uniscono per realizzare progetti di solidarietà, e tutti coloro che aprono le loro mani per aiutare il prossimo bisognoso nelle proprie città, nel proprio Paese o in altre regioni del mondo”.

Nel messaggio si può leggere anche un messaggio trasversale sui temi di Vatileaks. Papa Francesco, parlando degli operatori dell'informazione, sottolinea infatti che "gli operatori culturali e dei media dovrebbero anche vigilare affinché il modo in cui si ottengono e si diffondono le informazioni sia sempre giuridicamente e moralmente lecito".