Per questo, sebbene la Commissione sottolinei di non voler proiettare “i propri programmi e le proprie esigenze nella Chiesa universale”, si pone “seriamente la questione di un Sinodo della Chiesa universale sul tema della donna nella vita e nella missione della Chiesa”.
La proposta vale per il prossimo Sinodo ordinario, che si terrà nel 2021. Prima, ci sarà il Sinodo sui giovani, e quindi, nel 2019, il Sinodo Pan-Amazzonico, di cui si è tenuta la prima riunione preliminare alla presenza del Papa.
Ma in che modo la Pontificia Commissione per l’America Latina è arrivata a questa conclusione? La riflessione della plenaria è stata arricchita con il contributo delle donne, chiamate in maniera speciale a partecipare ai lavori, dato che tutti i membri della Pontificia Commissione sono cardinali, vescovi o sacerdoti.
Il documento finale, in 14 paragrafi, prende le mosse dalla necessità per la Chiesa di essere liberi “dai pregiudizi, dagli stereotipi e dalle discriminazioni subiti dalla donna”, e per le comunità cristiane di realizzare una “conversione pastorale” per “chiedere perdono per tutte le situazioni nelle quali sono state e tuttora sono complici di attentati alla sua dignità”.
Il documento esorta le Chiese locali ad avere “la libertà e il coraggio evangelici per denunciare tutte le forme di discriminazione e di oppressione, di violenza e di sfruttamento” subiti dalle donne in varie situazione”.
Tra i temi da affrontare nella pastorale, c’è la necessità di “ripensare percorsi adeguati per l’educazione affettiva e sessuale di uomini e donne”, nonché per una “più integrale preparazione al sacramento del matrimonio” , perché “matrimonio e famiglia costituiscono le esperienze fondamentali per vivere la comune dignità di uomo e donna, la loro diversità, reciprocità e complementarità”.
Il documento incoraggia le “madri” che “in America Latina sono impegnate nella gestazione generosa di figli, famiglie e popoli”, e lo fanno “come autentiche martiri”; chiede una particolare cura nelle relazioni tra pastori e donne di vita consacrata, che vanno riconosciute e valorizzate “come corresponsabili della comunione e missione della Chiesa, presenti in tutte le istanze pastorali di riflessione e decisione”.
La Pontificia Commissione dell’America Latina chiede anche di “superare i radicamenti e le resistenze maschiliste, la frequente assenza paterna e famigliare, l’irresponsabilità del comportamento sessuale”, considerando che “l’epoca del femminismo può essere un’ottima occasione liberatrice per l’uomo”.
Ma è anche necessaria una cura per “la formazione integrale dei futuri sacerdoti”, chiamati a conoscere ed avere familiarità con “la realtà femminile”, che porti ad una apertura ad “opportunità di collaborazione femminile nelle strutture pastorali”.
Apertura che “non è una concessione alla pressione culturale e mediatica”, ma piuttosto “il risultato della presa di coscienza che l’assenza delle donne dalle istanze decisionali è un difetto, una lacuna ecclesiologica, l’effetto negativo di una concezione clericale e maschilista”.
Per questa apertura, ci vuole “un investimento nella formazione cristiana, teologica e professionale delle donne”, con un coinvolgimento delle istituzioni cattoliche, e il dialogo tra pastori e donne impegnate in diversi livelli di responsabilità.
Il documento, infine, pone una particolare enfasi sulla devozione mariana “così radicata e diffusa in America Latina, perché il paradigma di “Maria donna nuova” sia esempio “straordinario di una femminilità compiuta, degna di essere protetta e promossa”.
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