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Valentino, il martire dimenticato come la sua catacomba romana

San Valentino | San Valentino | San Francesco Patrono d'Italia
San Valentino | San Valentino | San Francesco Patrono d'Italia
Una antica stampa della catacomba di Antonio Bosio |  | pd
Una antica stampa della catacomba di Antonio Bosio | | pd
La catacomba di San Valentino a Roma |  | pd
La catacomba di San Valentino a Roma | | pd
La catacomba di San Valentino a Roma |  | pd
La catacomba di San Valentino a Roma | | pd
La catacomba di San Valentino a Roma |  | pd
La catacomba di San Valentino a Roma | | pd
La catacomba di San Valentino a Roma |  | pd
La catacomba di San Valentino a Roma | | pd

Sembra infatti che ce ne siano due martiri con questo nome, uno di Terni e uno di Roma, e gli studiosi faticano da secoli a capire il rapporto tra i due. Accanto a Viale Maresciallo Pilsudski, si trovano i resti piuttosto malandati di una catacomba del III secolo e di una basilica del IV secolo che portano il nome di San Valentino. Sappiamo dai documenti del IV secolo che già papa Giulio (337-352) costruisce una basilica “detta di Valentino” sulla Via Flaminia. Il 14 febbraio i calendari più antichi riportano un martire di nome Valentino sepolto lungo la stessa Via Flaminia, ma molti di loro collocano la sua tomba molto più lontanto, a Terni. Sembra quindi che nella Chiesa antica si venerasse un San Valentino Romano e uno di Terni.

Molti hanno pensato che si trattasse di due persone distinte, un vescovo Valentino a Terni e un prete Valentino a Roma. Mezzo secolo fa uno studioso ha pensato invece che ce ne fosse solo uno di martire, cioè quello di Terni, e che il Valentino romano fosse semplicemente uno sponsor della costruzione della basilica di Papa Giulio nel IV secolo. Una terza ipotesi più recente cerca di combinare i due personaggi. Valentino sarebbe un sacerdote di Terni venuto a Roma dove sarebbe morto come martire. Il suo culto avrebbe raggiunto la sua città natale, dove si diceva che fosse vescovo per renderlo ancora più importante.

Il santuario romano di San Valentino con la basilica del IV secolo continua a vivere per molti secoli. Nel VII secolo si aggiunge una grande cripta che si conserva ancora. La catacomba viene frequentata ancora fino al X secolo, mentre la maggior parte delle catacombe romane vengono dimenticate. La chiesa esisteva ancora nel XIII e nel medioevo c’era anche un monastero degli Agostiniani accanto alla basilica. Nel XIV secolo le reliquie del martire vengono trasportate alla chiesa di S. Prassede, e poi la catacomba e la basilica vengono abbandonate. 

La catacomba nei Parioli viene riscoperta già nel XVI secolo da Antonio Bosio, il primo grande esploratore delle catacombe romane, che la visita il 30 aprile del 1595, in piena Controriforma, quando c’era un grandissimo interesse per l’antica Chiesa di Roma. Siamo nell’epoca di personaggi come San Filippo Neri e il Cardinale Baronio. Nel 1693 si riscoprono i resti della basilica, mentre la catacomba sarà di nuovo esplorata soltanto nel 1877. Altri scavi vengono fatti anche alla metà del Novecento e gli studi più recenti sono solo di qualche anno fa. Si è capito che Valentino probabilmente non fu sepolto nella catacomba ma in una tomba terragna esterna, dove poi Papa Giulio costruirà la sua basilica.

La catacomba aveva tre livelli, ma oggi ne resta ben poco. Tempo fa si poteva visitare ogni anno il 14 febbraio, la festa del santo, ma nel 1986 una frana ha reso inaccessibili la maggior parte delle gallerie.

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La festa di San Valentino il 14 febbraio è piuttosto affollata. E’ interessante vedere come è cambiata la sua fortuna liturgica nelle varie generazioni del Martirologio Romano. Nell’antico Martirologio Romano, quello sistemato nel XVI secolo da Baronio, al 14 febbraio si elencavano tutti i santi ricordati in quel giorno, con il Valentino romano al primo posto: “A Roma, sulla Via Flaminia, San Valentino, prete e martire”. Al secondo posto seguiva San Cirillo, fratello di Metodio, i due missionari medievali spesso chiamati gli “apostoli degli Slavi”. Solo al quarto posto seguiva il Valentino di Terni, “vescovo e martire”. Nel 2001 esce la nuova edizione rivista, come uno dei tanti risultati della riforma dei libri liturgici dopo il Concilio Vaticano II. Qui troviamo al primo posto i fratelli Cirillo e Metodio, che nel frattempo sono stati proclamati santi patroni d’Europa da Giovanni Paolo II.

Al secondo posto ritroviamo il Valentino Romano: “A Roma sulla Via Flaminia vicino al Ponte Milvio, san Valentino martire.” Quello di Terni è totalmente scomparso. Tra i due Valentini, la Chiesa ha quindi scelto quello di Roma. Nello stesso tempo però l’ha praticamente cancellato dall’orizzonte della Chiesa, perché ha scelto di dricordare Cirillo e Metodio il giorno quando tutto il mondo ricorda ancora San Valentino in molte forme più o meno commerciali e discutibili. Una giusta presa di distanza dalla commercializzazione, o un’occasione mancata per non aver colto i “segni dei tempi”? In realtà Cirillo e Metodio si potevano commemorare anche in altre date, come l’11 maggio e il 17 luglio quando la Chiesa ortodossa li ricorda insieme. Il 14 febbraio per la Chiesa ortodossa è ancora la festa del solo Cirillo, come nell’antico Martirologio Romano.