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Novendiali, la messa del cardinale Vicario di Roma Reina, che ne sarà dei processi avviati?

Il cardinale tratteggia l'identikit del prossimo Pontefice

III novendiale celebrato dal cardinale Reina |  | Daniel Ibanez / EWTN
III novendiale celebrato dal cardinale Reina | Daniel Ibanez / EWTN
III novendiale celebrato dal cardinale Reina |  | Daniel Ibanez / EWTN
III novendiale celebrato dal cardinale Reina | Daniel Ibanez / EWTN
III novendiale celebrato dal cardinale Reina |  | Daniel Ibanez / EWTN
III novendiale celebrato dal cardinale Reina | Daniel Ibanez / EWTN
III novendiale celebrato dal cardinale Reina |  | Daniel Ibanez / EWTN
III novendiale celebrato dal cardinale Reina | Daniel Ibanez / EWTN

La terza messa in suffragio di Papa Francesco è quella dedicata dalla Diocesi di Roma al suo Vescovo, il Papa e il coro che nella basilica vaticana accompagna la liturgia è quello della Diocesi diretto da monsignor Marco Frisina. A presiedere la celebrazione è il cardinale Vicario Baldassere Reina, uno dei pochi che rimane in carica durante la Sede Vacante.

Le letture e le preghiere sono ovviamente proprie, e la omelia di Reina parla di "pecore senza pastore".  E spiega: "In questo tempo, mentre il mondo brucia, e pochi hanno il coraggio di proclamare il Vangelo traducendolo in visione di futuro possibile e concreto, l’umanità appare come pecore senza pastore".

Il cardinale Reina commenta le letture: "Le parole, i gesti, le azioni apprese dal Maestro, l’annuncio del regno del Dio veniente, la necessità del cambiamento di vita, uniti a segni capaci di dare carne alle parole: una carezza, una mano tesa, discorsi disarmati, senza giudizi, liberatori, non timorosi del contatto con l’impurità". E "Gesù il vero pastore della storia che ha bisogno della sua salvezza, conosce il peso che grava su ognuno di noi nel continuare la sua missione, soprattutto mentre ci troveremo a cercare il primo dei suoi pastori sulla terra".

E oggi come al tempo dei primi discepoli stanchezza e timore pesano e però non "può essere, questo, il tempo di equlibrismi, tattiche, prudenze, il tempo che asseconda l’istinto di tornare indietro, o peggio, di rivalse e di alleanze di potere, ma serve una disposizione radicale a entrare nel sogno di Dio affidato alle nostre povere mani".

E parlando di novità, commentando l' Apocalisse, il cardinale dice: "Di fronte all’annuncio di questa novità non potremmo accondiscendere a quella pigrizia mentale e spirituale che ci lega alle forme dell’esperienza di Dio e di pratiche ecclesiali conosciute nel passato e che desideriamo debbano ripetersi all’infinito, soggiogati dalla paura delle perdite connesse ai cambiamenti necessari".

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Indica le riforme di Papa Francesco "che sconfinano oltre le appartenenze religiose. La gente gli ha riconosciuto di essere stato un pastore universale e la barca di Pietro ha bisogno di questa navigazione larga che sconfina e sorprende".

Ecco la questione che il cardinale sembra rivolgere più ai cardinali in vista del conclave che alla Diocesi: "che ne sarà dei processi avviati? Nostro dovere dovrebbe essere discernere e ordinare quello che è incominciato, alla luce di quanto la nostra missione ci richiede, nella direzione di un nuovo cielo e di una nuova terra, adornando la Sposa per lo Sposo. Mentre potremmo cercare di vestire la Sposa secondo convenienze mondane, guidati da pretese ideologiche che lacerano l’unità delle vesti di Cristo".

E allora cercare un pastore per Reina significa "cercare una guida che sappia gestire la paura delle perdite di fronte alle esigenze del Vangelo" e  "che abbia lo sguardo di Gesù, epifania dell’umanità di Dio in un mondo che ha tratti disumani". E ancora qualcuno che "confermi che dobbiamo camminare insieme, componendo ministeri e carismi".

E davanti ad un popolo sofferente per Reina si deve ripetere la preghiera di Mosé perché il Popolo non resti senza pastore.

É la preghiera di tutte le donne e gli uomini per essere "guidati e sostenuti nella fatica della vita, tra dubbi e contraddizioni, orfani di una parola che orienti tra canti di sirene che lusingano gli istinti di autoredenzione, che spezzi le solitudini, raccolga gli scarti, che non si arrenda alla prepotenza, e abbia il coraggio di non piegare il Vangelo ai tragici compromessi della paura, alla complicità con logiche mondane, ad alleanze cieche e sorde ai segni dello Spirito Santo".

Il buon Pastore, il chicco di grano caduto che muore e "la sua morte è una semina che ci lascia sospesi a quell’ora, in cui il seme non si vede più, avvolto dalla terra che lo nasconde facendoci temere che sia stato sprecato. Una sospensione che ci potrebbe angosciare, ma che può diventare soglia della speranza, fessura nel dubbio, luce nella notte, giardino di Pasqua".

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La fecondità della morte e la certezza che Dio non abbandona il suo popolo. E quel gesto "estremo, totale, estenuante, del seminatore mi ha fatto ripensare al giorno di Pasqua di Papa Francesco, a quel riversarsi senza risparmio nella benedizione e nell’abbraccio al suo popolo, il giorno prima di morire. Ultimo atto del suo seminare senza risparmio l’annuncio delle misericordie di Dio. Grazie Papa Francesco.

Maria, la Vergine santa che noi, a Roma, veneriamo Salus populi romani, che affianca e veglia ora le sue spoglie mortali, accolga la sua anima e ci protegga nel seguitare la sua missione. Amen" conclude Reina.