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8 agosto 1959: la morte di Don Luigi Sturzo

Il Fondatore del Partito Popolare fu nominato senatore a vita nel 1952. Oggi il ricordo del Presidente Mattarella

Don Luigi Sturzo  |  | pubblico dominio Don Luigi Sturzo | | pubblico dominio

L'8 agosto 1959 moriva a Roma Don Luigi Sturzo, una delle figure più luminose del cattolicesimo democratico italiano.

Nel 1919 - esattamente 100 anni fa - il sacerdote siciliano, con quello che passò alla storia come l'appello ai liberi e ai forti, fondò il Partito Popolare Italiano per strutturare l'impegno dei cattolici in politica.

Inviso al fascismo, fu di fatto esiliato dal 1924 - facendo tappa a Londra, Parigi e New York - fino al ritorno in Patria nel 1946.

Per il suo impegno politico, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nel 1952 decise di nominarlo senatore a vita. Don Sturzo accettò la nomina solo dopo aver ricevuto il permesso da parte di Papa Pio XII.

Il 24 novembre 2017 si è chiusa a Roma la fase diocesana della causa di beatificazione, dopo circa 20 anni di lavoro. L'incartamento è ora all'esame della Congregazione per le Cause dei Santi.

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A ricordare oggi Don Sturzo - nel 60° anniversario della morte - è stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "La sua azione politica, il suo pensiero, i suoi scritti, che ancora costituiscono materia di studio e di riflessione - ha scritto il Capo dello Stato - mostrano con evidenza come egli sia stato uno dei protagonisti della storia democratica italiana".

"Fu decisivo - ha ricordato Mattarella - nel superare il non expedit, nel rendere così i cattolici cittadini pienamente partecipi della cosa pubblica. Il processo che seppe innestare contribuì alla ricomposizione politica del Paese. Don Sturzo cominciò dalle basi della società, dalla difesa della dignità dei contadini nel mondo agrario di inizio novecento, dalla presenza nel consiglio comunale di Caltagirone, dalla necessità di dare basi popolari alla democrazia, rifuggendo da ipoteche oligarchiche ed elitarie. La sua idea di laicità dell’impegno pubblico ha precorso i tempi. La sua visione democratica era inscindibilmente legata a una concreta giustizia sociale".

"L’ascesa del fascismo - ha concluso il Presidente della Repubblica - lo costrinse al duro prezzo dell’esilio, rimanendo oppositore irriducibile del regime violento e dittatoriale. Con le sue idee, e gli studi approfonditi negli Stati Uniti, tornò ad alimentare il dibattito nel dopoguerra. Il patrimonio che ha lasciato ha arricchito la cultura democratica che può attingere a valori ed esperienze preziose anche per i tempi nuovi che stiamo vivendo".