Decine di morti e feriti nei bombardamenti ad Aleppo, nel nord della Siria. Le conseguenze più tragiche si sono verificate proprio nel quartiere occidentale di Suleimaniye, abitato soprattutto da cristiani e armeni, colpito, insieme ad altri quartieri circostanti, da missili grad.
 
“Siamo stanchi! Che cosa volete da noi? Ditecelo! Perché siamo stanchi!”, “basta con la distruzione e la desolazione”, il grido di dolore del Consiglio dei capi delle confessioni cristiane: “Dal profondo della sofferenza e della grande angoscia, facciamo appello, gridando, alle persone di retta coscienza, nel caso ci sia qualcuno disposto ad ascoltare”; “Basta essere un laboratorio per armi di una guerra devastante! Siamo stanchi! Chiudete le porte della vendita di armi e fermate gli strumenti di morte e la fornitura di munizioni.”.

L’escalation dei combattimenti è avvenuta proprio a ridosso delle celebrazioni della Pasqua, che secondo il calendario orientale si è celebrata il 12 aprile. “Noi vogliamo vivere in pace, cittadini onesti insieme agli altri figli di questo paese – scrivono gli esponenti cristiani - Noi non abbiamo paura del martirio, ma rifiutiamo di morire e che il nostro sangue sia il prezzo di un fine sospetto e meschino”.

Non sono più ammissibili le “decine di martiri di ogni religione e confessione, feriti e mutilati, uomini e donne, anziani e bambini”: “Abbiamo ascoltato – scrivono i capi delle confessioni cristiane - il pianto delle vedove e i lamenti dei bambini e abbiamo visto il panico sui volti della gente”.

“Noi rifiutiamo che vi sia la “Aleppo dei martiri” – il grido di speranza - ma vogliamo che resti la “Aleppo al-Shahbah” (letteralmente «la grigia», dal tipico colore dei suoi edifici - ndt), testimone della tenerezza, dell’amore e della pace, del perdono e del dialogo. Aleppo la città, il gioiello prezioso sulla corona del nostro Paese, la Siria, con tutte le sue componenti e la sua diversità di civiltà, culturale, religiosa e confessionale”.

Sullo stesso fronte, anche i missionari salesiani del Medio Oriente, secondo cui la feroce guerra in corso in Siria “ha colpito di nuovo i ragazzi di Don Bosco”. Il riferimento è alla notizia della morte dei due giovani fratelli, Anwar Samaan e Misho Samaan, animatori salesiani, insieme alla madre Minerva, causata da un razzo caduto sulla loro casa lo scorso 10 aprile.

“Anwar e Misho hanno trascorso la loro fanciullezza e giovinezza nella casa di Don Bosco, e da animatori hanno lasciato nell'animo di tanti un segno di gioia e di amore alla vita”. Anwar aveva 21 anni mentre Misho ne aveva 17: due giovani nel fiore della vita.

Il 7 aprile l'operatore di Caritas Siria Safouh Al-Mosleh era rimasto ucciso dal razzo che aveva centrato la sua casa, situata nella zona di piazza Farhat, dove sono concentrate le cattedrali greco-cattolica, armena e maronita.