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Beirut, riapre la chiesa di San Giuseppe a quasi un anno dall’esplosione del porto

Alla vigilia della giornata di preghiera per il Libano, e nella speranza di un imminente viaggio papale, a Beirut riapre la chiesa di San Giuseppe grazie al contributo di Aiuto alla Chiesa che Soffre

Chiesa di San Giuseppe, Beirut | Un dipinto nella chiesa di San Giuseppe a Beirut, restaurata grazie ad ACS | ACN US Chiesa di San Giuseppe, Beirut | Un dipinto nella chiesa di San Giuseppe a Beirut, restaurata grazie ad ACS | ACN US

Ashrafieh, quartiere storico di Beirut, può riprendere un po’ di vita: è prevista a luglio la riapertura della chiesa gesuita di San Giuseppe. Gravemente danneggiata dall’esplosione del porto di Beirut dell’agosto 2020, la chiesa è stata ristrutturata con i fondi di Aiuto alla Chiesa che Soffre.

La chiesa di San Giuseppe è stata costruita nel 1875, ed è a circa 3 chilometri dal porto di Beirut. L’esplosione del 4 agosto ha distrutto finestre e porte di legno, e danneggiato tetto, controsoffitto e illuminazione.

L’esplosione di 2750 tonnellate di nitrato di ammonio in un magazzino non protetto aveva provocato la morte di 190 persone e il ferimento di altre 6500. L’esplosione era avvenuta nel pieno della pandemia, ma anche mentre il Libano era scosso da vari conflitti sociali. Per l’1 luglio, Papa Francesco ha convocato un incontro dei capi delle Chiese cristiane del Paese dei cedri in Vaticano. Nel frattempo, il Sinodo della Chiesa maronita ha appena concluso i suoi lavori, appoggiando la proposta della “neutralità attiva” del Libano promossa dal Cardinale Boutros Bechara Rai, patriarca dei maroniti, che da tempo pronuncia omelie vibranti sulla crisi politico-sociale che sta scuotendo il Paese.

Anche l’esercito, una delle poche istituzioni interconfessionali del Libano, sta vivendo una crisi: in molti abbandonano, in molti fanno un secondo lavoro, e sono tollerati dal governo, consapevoli che altrimenti non potrebbero mantenere la famiglia.
Secondo la Banca Mondiale, la crisi economica non è solo la più massiccia nella storia del Libano, ma anche una delle peggiori dal 1850. La lira libanese ha perso circa il 90% del suo valore.

In vista della giornata di riflessione voluta da Papa Francesco, che il prossimo 1° luglio radunerà i principali responsabili delle comunità cristiane presenti in Libano, il direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, Alessandro Monteduro, ha incontrato l’ambasciatore del Libano presso la Santa Sede, Farid el Khazen nel corso di questa settimana.

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L’inflazione, le difficili condizioni sociali, la situazione post-esplosione di Beirut sono state al centro dell’incontro

Monteduro ha evidenziato la concreta vicinanza di Aiuto alla Chiesa che Soffre al popolo libanese, sottolineando che, dall’inizio del 2020 fino al giugno 2021, la fondazione pontificia in Libano ha finanziato 90 progetti per un totale di € 5.205.407.

I progetti includono, fra l’altro, gli interventi effettuati a seguito dell’esplosione nel porto di Beirut, e cioè la fornitura di pacchi viveri, di buoni acquisto e di kit per l’igiene personale per famiglie nel bisogno, nuove strutture sanitarie per ospedali di Beirut, e la riparazione di diversi luoghi di culto e di altre strutture ecclesiastiche danneggiati dalla deflagrazione.

ACS ha inoltre continuato a finanziare il progetto “Tavola di San Giovanni il Misericordioso” per garantire cibo ai cristiani poveri dell’area di Zahle e della valle di Bekaa, ha acquistato respiratori e altre forniture mediche per far fronte alla pandemia da COVID-19, ha fornito aiuti di emergenza per i rifugiati siriani presenti sul territorio libanese.