“Anche tra noi ecclesiastici c’è la tentazione di pensare che su alcune cose sia meglio stare zitti. Non c’è niente di più ipocrita e antievangelico. La sensibilità ecclesiale è segno di appartenenza alla Chiesa di Cristo, che porta con sé impegni concreti. Perciò, quando ci sono comportamenti contro il Vangelo dentro la Chiesa, occorre chiamare per nome le cose, senza fare i pasdaran, i terroristi o i kamikaze, ma con la chiarezza che ci viene dall’avere incontrato Cristo”. Lo ha detto ieri, intervenendo a TV2000, Mons. Nunzio Galantino, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana.

In vista del Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, nel novembre prossimo, Galantino assicura che l’obiettivo non è “fare accademia, dove chiamiamo il teologo di turno, magari che non fa parte delle nostre sacrestie per fare più bella figura, ma creare un momento in cui la Chiesa si interroga su che cosa si sta facendo della Chiesa qui in Italia”.

Il Segretario Generale della Cei parla anche del Sinodo, che si terrà in ottobre. "Si superi questa mania – è stato l’appello di Galantino – di ridurre il Sinodo dei vescovi alla comunione ai divorziati risposati. Il discorso è molto più semplice e lo ho sentito fare dal Papa in varie conversazioni. Anche ai sacerdoti che hanno fatto questa domanda, ha spiegato cos’è il Sinodo: siamo tutti convinti della bellezza, dell’importanza e dell’unicità della famiglia. Vogliamo tutti questo, però c’è un altro problema: se ci guardiamo intorno vediamo una famiglia che è sfregiata. Di tutta questa gente nelle situazioni irregolari che cosa vogliamo farcene? A questa gente vogliamo annunciarlo o no il Vangelo? Il Sinodo è chiamato ad aiutare il Santo Padre a dire se questa gente ci appartiene o non ci appartiene”.