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Cento anni fa un re danese luterano donò un confessionale alla chiesa della Traspontina

Una storia legata a San Canuto re danese dell' XI secolo e ad Hans Christian Andersen

L'altare di San Knut alla chiesa della Traspontina |  | OB
L'altare di San Knut alla chiesa della Traspontina | | OB
Il confessionale dono del re di Danimarca  |  | OB
Il confessionale dono del re di Danimarca | | OB
Il confessionale dono del Re danese  |  | OB
Il confessionale dono del Re danese | | OB
Le panche con lo stemma del re danese |  | OB
Le panche con lo stemma del re danese | | OB
La tomba per i cattolici danesi che muoiono a Roma  |  | OB
La tomba per i cattolici danesi che muoiono a Roma | | OB

Il 15 dicembre del 1920, esattamente cento anni fa, il re luterano di Danimarca dona un confessionale alla chiesa di Santa Maria in Traspontina.

Chi va verso la sagrestia di questa chiesa, che si trova in Via della Conciliazione, a pochi passi da Piazza San Pietro, vede sulla sua sinistra un confessionale in legno scuro. Sotto il cartello “Parroco”, un’iscrizione incisa nel legno ricorda la visita di Re Christian X e della Regina Alexandrina. La generosità dello stesso re viene ricordata anche dal suo monogramma su molti dei banchi della chiesa.

Perché un re luterano di un paese lontano dona un confessionale e un gran numero di banchi a una chiesa cattolica a Roma? Questi sorprendenti doni segnano il culmine di un movimento di riscoperta da parte dei danesi di un luogo romano particolarmente legato alle loro più antiche tradizioni cristiane. Già nel Seicento un convertito danese riesce a convincere Papa Urbano VIII di permettergli di fondare una cappella dedicata al santo nazionale danese, Knut, re di Danimarca nell’XI secolo. Questo convertito, Christian Payngk, era figlio del chimico della corte danese, e durante i suoi viaggi in Europa arriva a Roma dove diventa cattolico e poi sacerdote.

Payngk riesce a raccogliere mezzi abbondanti per la fondazione della cappella, che viene inaugurata il 7 gennaio 1640 in presenza del collegio cardinalizio, con la partecipazione del coro della Cappella Sistina e con fuochi di artificio. Sul pavimento, sotto una sedia usata dai sacerdoti carmelitani per ascoltare le confessioni, si legge ancora l’iscrizione su una tomba destinata esclusivamente ai danesi cattolici che muoiono a Roma (solis Danis in Rube fideque Romana obeuntibus). Viene istituito un fondo per finanziare la celebrazione di messe solenni ogni anno il 19 gennaio, la festa del santo.

Ma il tempo passa e i soldi finiscono. Nel 1841 il celebre scrittore danese Hans Christian Andersen visita la cappella durante un suo lungo soggiorno a Roma. San Knut è importante per lui.

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“San Knut è stato il primo santo di cui io da bambino abbia sentito parlare, nonostante che il mio catechismo luterano non dicesse una parola dei santi”, racconta Andersen nel 1843, nel suo racconto di viaggio “Il bazar di un poeta” (En digters bazar). “Nel villaggio dove sono nato una chiesa antica porta il nome di questo santo e custodisce le sue ossa. San Knut una volta era più importante come santo che come re, e migliaia di candele illuminavano il suo altare”.

Quando scopre che una cappella in Santa Maria in Traspontina è dedicata al santo danese, decide di visitarla proprio il giorno della festa del santo il 19 gennaio.

“Diluviava, il tempo era orribile, ma come danese dovevo andare a vedere le celebrazioni per il santo danese. Entrato in chiesa non trovai nessuno. Due piccole candele illuminavano in maniera triste e misera l’altare di San Knut.

Il mio cuore non lo poteva sopportare. Dovevo almeno sapere perché non era stato fatto di più. Suonai il campanello accanto al convento, un anziano frate uscì, e gli chiesi perché San Knut aveva solo due candele e perché non c’era musica, perché non c’era nessuna celebrazione.

‘Ah, Signore mio!’ esclamò il frate. ‘Il nostro convento è uno dei più poveri di Roma. Abbiamo solo i mezzi per fare una grande celebrazione ogni anno. Allora qui c’è musica! La chiesa brilla di luce! Ma solo una volta l’anno riusciamo a farlo. San Knut è del Nord, e da lì il nostro convento riceve nulla! San Knut è povero!’

Sentì che quest’uomo aveva ragione. Stavo lì da solo, davanti all’altare del santo, il santo della mia infanzia!”

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La visita di Andersen è l’inizio di un movimento di riscoperta di questo luogo danese a Roma. All’inizio del Novecento si raccolgono nuovi fondi per restaurare la cappella. Vengono investiti in titoli di stato austriaci poco prima della prima guerra mondiale. E’ facile indovinare la fine che faranno. Ma dopo la fine della Grande Guerra lo Stato danese si assume la responsabilità per il restauro. La visita dei Reali segna il completamento dei lavori. Ancora oggi è l’ambasciata di Danimarca a occuparsi della celebrazione nella cappella il 19 gennaio di ogni anno.