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Cile e Perù, i precedenti di San Giovanni Paolo II

L'arrivo di Giovanni Paolo II in Cile |  | ©GIANCARLO GIULIANI/CPP L'arrivo di Giovanni Paolo II in Cile | | ©GIANCARLO GIULIANI/CPP

A distanza di circa trent’anni, un Papa torna in Cile e Perù. Francesco si pone sulle orme di Giovanni Paolo II che ha visitato il Perù nel 1985 e nel 1988, e il Cile nel 1987. 30 anni dopo molte cose sono cambiate nei due Paesi del continente latinoamericano.

Il Cile che accolse San Giovanni Paolo II viveva - allora - nel pieno della dittatura militare instaurata dal generale Augusto Pinochet. Un viaggio - spiegava il Papa durante il discorso di benvenuto - che voleva essere un “tinerario di evangelizzazione. Il mio messaggio è destinato, in egual misura, a tutti i figli del Cile; è un messaggio pasquale e, pertanto, è un messaggio di vita: della vita in Cristo, presente nella sua Chiesa; ed anche nella Chiesa che è in Cile, per promuovere nel mondo la vittoria del bene sul male, dell’amore sull’odio, dell’unità sulle rivalità, della generosità sull’egoismo, della pace sulla violenza, della convivenza, sulla lotta, della giustizia sull’iniquità, della verità sulla menzogna: in una parola, la vittoria del perdono, della misericordia e della riconciliazione”.

La missione della Chiesa in Cile - ricordava il Papa all’episcopato locale - era quella di mettersi al servizio dell’unità e della riconciliazione di tutto il popolo. “So - spiegava Giovanni Paolo II - che il vostro cuore di pastori soffre per tutto ciò che è di ostacolo alla concordia tra i cileni. Questa sofferenza deve essere di sprone al vostro zelo - allo stesso tempo ardente e paziente - che vi indurrà ad essere portatori di Dio alle vostre comunità e portatori delle vostre comunità a Dio. Contribuite, con tutte le vostre forze, a rifiutare e ad evitare la violenza e l’odio in Cile. Non esitate a difendere sempre, di fronte a tutti, i legittimi diritti della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio”.

Tra i tanti incontri del suo primo viaggio apostolico in Perù - nel 1985 - spicca la messa che Papa Giovanni Paolo II ha celebrato per i lavoratori a Trujillo. Denunciando i mali della società contemporanea il Pontefice polacco sottolineava che alla base di tutto vi erano “situazioni e strutture economiche, sociali e politiche, a volte di portata internazionale, che la Chiesa denuncia come peccati sociali. Però sa, allo stesso tempo, che questo è il frutto dell’accumularsi e del concentrarsi di molti peccati personali, che sarebbe necessario evitare alla radice. Peccati di chi genera o favorisce l’iniquità o la sfrutta; di chi, potendo fare qualcosa per evitare, o eliminare, o almeno limitare certi mali sociali, omette di farlo per pigrizia, per paura e omertà, per mascherata complicità o per indifferenza; di chi cerca rifugio nella presunta impossibilità di cambiare il mondo. Peccati di coloro che dirigono e sono responsabili della società e anche dei lavoratori che non compiono i loro doveri. Peccati di negazione della solidarietà e di egoismo, di ricerca del potere e del guadagno, posti al di sopra del servizio agli altri. Davanti a queste situazioni, la Chiesa continua ad ispirarsi al Vangelo ed alla propria dottrina sociale, per offrire la sua ferma e costante collaborazione alla causa della giustizia. Per questo vuole essere vicina a tutti coloro che sono trattati ingiustamente ed ai più poveri, per migliorare la loro situazione in tutti i sensi, non solo in campo economico, ma anche in campo spirituale, culturale e morale.Povero infatti è chi manca dei mezzi materiali, ma non lo è di meno chi è immerso nel peccato, chi disconosce la propria dimensione personale, che va al di là del limite della morte, chi non possiede la libertà di pensare ed agire secondo coscienza, chi è sottoposto dai governanti a limitazioni per le quali chi pratica la propria fede si vede privato dei benefici concessi a coloro che seguono le norme dettate dall’alto, chi è visto come mero strumento di produzione. La Chiesa vuole una liberazione da tutte queste schiavitù”.

Il secondo viaggio di Giovanni Paolo II in Perù, nel 1988, ha come scopo la conclusione del V Congresso eucaristico e mariano. In questa occasione il Papa consacrò la nazione a Maria, Nostra Signora dell’Evangelizzazione. Il Pontefice non mancò di dedicare alla Madonna ogni categoria del popolo peruviano, iniziando dai “pastori della Chiesa, perché continuino ad essere validi maestri della verità, difensori della dignità dei fratelli, edificatori dell’unità; i sacerdoti, affinché sempre più consapevoli del loro vincolo con l’unico mediatore, Cristo Gesù, intensifichino la loro presenza nelle comunità, quali fedeli dispensatori dei misteri di Dio; le persone consacrate, affinché attraverso la fedele osservanza dei consigli evangelici, si dedichino intensamente a Dio come al loro supremo amore, siano segno luminoso della Chiesa e presenza del tuo Figlio nel mondo; tutti i laici, affinché fedeli al loro battesimo e guidati dallo Spirito Santo diventino autentica testimonianza del Vangelo e lo annuncino con la loro vita; le famiglie cristiane, affinché, come vere Chiese domestiche, siano autentici santuari nei quali si vive la fede, la speranza e la carità, dove fiorisce la fedeltà, l’obbedienza filiale, il mutuo amore; i giovani, perché siano capaci di offrire tutte le loro energie nell’edificare un nuovo Perù in cui si possa vivere senza timore lo spirito delle beatitudini del Regno; i poveri, gli anziani, i malati, le vittime dell’ingiustizia e della violenza, coloro che portano la croce della passione del tuo Figlio, perché trovino consolazione nella loro fede, fortezza nella loro speranza, aiuto solidale in tutti i loro fratelli; i responsabili del governo della nazione e coloro che reggono la società, affinché con rettitudine e generoso impegno conducano il popolo del Perù attraverso sentieri di giustizia e libertà nella pacifica convivenza”.

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