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Ddl Zan, le ragioni della Santa Sede. Che non sono omofobe

Doveva rimanere una nota riservata, informale, ma in qualche modo la notizia del suo invio è arrivata alla stampa. Ma perché la Santa Sede ha protestato contro il ddl Zan? Quali sono i temi in gioco?

Palazzo Madama | Palazzo Madama, la sede del Senato Italiano | Wikimedia Commons Palazzo Madama | Palazzo Madama, la sede del Senato Italiano | Wikimedia Commons

L'Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, ha confermato il 22 giugno che il “ministro degli Esteri” vaticano, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ha fatto avere a Pietro Sebastiani, ambasciatore di Italia presso la Santa Sede, una nota verbale riguardante il ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia che è ora in discussione al Senato. La Santa Sede avrebbe fatto notare che la legge andrebbe a violare il Concordato. Ma la notizia non è quella. Sta piuttosto nel fatto che l’esistenza stessa della nota sia stata diffusa.

Le note verbali sono documenti informali, non firmati, che sono parte delle normali relazioni tra gli Stati. La nota della Santa Sede è stata data all’ambasciatore il 17 giugno, al termine di una conferenza stampa in Sala Stampa presso la Santa Sede. Di quella nota non c’è un testo ufficiale, né ci potrebbe essere. Perché attiene ai rapporti informali tra gli Stati. La nota è un passo comunque successivo ad una serie di colloqui e / o lettere informali, che sono costanti tra i due Paesi.

In pratica, la Santa Sede fa sapere all’Italia che il ddl Zan, così come è concepito, andrebbe a violare il Concordato. In che modo? Un aspetto particolare della legge (articolo 7) prevede l’istituzione di una “Giornata Nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”. In occasione della giornata, gli istituti scolastici sono chiamati a organizzare cerimonie e iniziative per celebrare la giornata. È l’imposizione dell’ideologia di genere nelle scuole.

Perché il ddl Zan sottolinea, sin dall’articolo 1, che “per sesso si intende il sesso biolo­gico o anagrafico” e che per genere “ si intende qualunque ma nifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso”. Così, l’identità di genere, si legge ancora nel ddl Zan si intende “l’i­dentificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corri­spondente al sesso, indipendentemente dal­ l’aver concluso un percorso di transizione”.

In pratica, il ddl Zan distingue il sesso dal genere. In questo modo, però, delineando tutte le manifestazioni contrarie al genere come “fobie”, si va a creare una nuova categoria di persone, che possono appellarsi a una presunta discriminazione sempre. Anche se si parla di credere nella famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, perché questo andrebbe a discriminare quanti sono uomini, ma si sentono donne e viceversa.

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Se la lotta alle discriminazioni è sacrosanta, l’imposizione di punti di vista diventa un attentato alla libertà di espressione. Anche perché la stessa Costituzione italiana sottolinea che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Vengono, insomma, tutelate tutte le persone, senza distinguerle in categorie.

Ci sono poi altri temi da considerare. Per esemio, il sito documentazione.info nota che "il DDL contraddice anche il principio costituzionale di “determinatezza” della disposizione penale perché inserisce concetti controversi e indeterminati in una normativa che pone già problemi di indeterminatezza. I concetti di “discriminazione” (cioè un diverso irragionevole trattamento) e di “odio” negli articoli 604 bis e ter c.p. sono tra i più ampi e generici. A questi si aggiungono le anche nozioni di “genere” e “identità di genere” che sono controverse e di incerta definizione (e che ha infatti visto l’opposizione delle lesbiche e delle femministe). Per non parlare del fatto che sono termini sociologici su cui la comunità scientifica non si è mai espressa in maniera univoca". È un tema, quello dell'indeterminatezza e non riconoscimento internazionale del gender, su cui la Santa Sede si batte da tempo, dato che la questione viene inclusa anche in trattati internazionali in cui non ci entrerebbe niente, come il global compact sulle migrazioni.

Sempre documentazione.info nota che "il DDL estenderebbe una normativa ai sensi della quale la punibilità degli atti di discriminazione (art. 604 bis c.p.) dipende totalmente dal “motivo” interiore del presunto colpevole o “percezione” della vittima, non dal disvalore del fatto; in secondo luogo, estenderebbe una normativa che punisce la mera “istigazione” anche privata e sterile (cioè non seguita dalla commissione del reato)". In pratica, si rischia il reato di opinione, per cui ogni affermazione, per quanto pacata, potrebbe essere considerata come una istigazione. 

Queste le obiezioni generali al testo. Secondo la Santa Sede, spiega l'Osservatore Romano, "alcuni contenuti della proposta di legge riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica in tema di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale, ovvero quelle libertà sancite dall’articolo 2, ai commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato del 1984”. Nel documento consegnato dal Vaticano “si rileva come il ddl Zan rischi di interferire, fra l’altro, con il diritto dei cattolici e delle loro associazioni e organizzazioni alla piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione

Il problema concordatario riguarda in particolare la libertà educativa per le scuole. Le scuole paritarie cattoliche in Italia sono 7.955. Hanno gli stessi curriculum statali, si impegnano a insegnare secondo le richieste del Ministero dell’Istruzione. Ma hanno anche un progetto educativo, che è il motivo per cui vengono scelte dai genitori. Non si può loro imporre di celebrare una giornata particolare, come non si può imporre a nessuno.

Il Concordato, nella sua versione “rivista” del 1984, sottolinea che (articolo 1) “la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione” e che “in particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”. All’articolo 2 si legge poi che “è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

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Se un decreto legge, dunque, impone una visione in tutte le scuole, anche quelle paritarie, viola lo spirito del Concordato. E la Santa Sede deve fare un gesto diplomatico, per far notare la controversia.

Lo ha fatto in nome dei buoni rapporti con l’Italia. Si deve considerare che Santa Sede e Italia hanno periodicamente incontri bilaterali al livello dei ministri degli Esteri, e che la Santa Sede è diventata membro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità proprio su proposta avanzata dall’Italia. Per questo, più che una protesta forte, si è fatta una nota verbale. E per questo, in nome dei buoni rapporti, la Farnesina non la ha diffusa.

È la prima volta conosciuta che la Santa Sede pone delle riserve concordatarie su una legge italiana. Ma non significa che sia la prima volta che succeda. Questo tipo di scambi sono continui, e non è insolito che si mettano in luce problematiche riguardanti il Concordato. Tra l’altro, queste problematiche sono oggetto di discussione al bilaterale tra Italia e Santa Sede che si tiene ogni anno quando si celebra l’anniversario dei Patti Lateranensi.

Va notato, inoltre, che la Santa Sede non contesta una legge italiana. Fa solo notare che, nel modo in cui è stata delineata, la legge va a violare alcuni principi concordatari. La Chiesa vuole garantire la libertà dei cattolici di esprimere le proprie idee, e di farlo liberamente. Non si tratta di ingerenza nelle leggi dello Stato. Si tratta di difesa del proprio diritto ad esprimere ciò in cui si crede.

Non va nemmeno confuso un intervento della Santa Sede con gli interventi dei vescovi, che frequentemente si pronunciano su leggi statali, avendo loro la gestione dei rapporti diretti con i governi. Quelle dei vescovi sono proteste, opinioni autorevoli, indicazioni sulle bontà delle leggi, ma non sono prese di posizione diplomatiche. Riguardano l’impegno dei cattolici in politica, non gli accordi internazionali.

Resta allora da comprendere perché la notizia della nota sia stata diffusa, appena dieci giorni dopo la consegna. Chi aveva interesse a far sapere che c’era stato questo scambio?

Di certo non aveva interesse la Santa Sede, che aveva deciso di agire con discrezione, come di consueto. Ma non aveva nemmeno interesse la Farnesina. Ma hanno interesse i circuiti LGBT, presenti anche all’interno della Farnesina. Il vantaggio nel diffondere la notizia era dato dalla campagna che si sarebbe scatenata contro “l’ingerenza” della Santa Sede.

Ovviamente, si è nel campo delle ipotesi, perché niente può essere confermato. L’attivismo pro-ddl Zan è però noto, e vede scendere in campo anche personaggi noti al pubblico, che a volte esprimono la propria opinione in maniera durissima per mettere in cattiva luce la controparte. È una battaglia di comunicazione che non va sottovalutata, perché racconta molto della percezione che viene data della realtà.

La Santa Sede, in realtà, non è andata oltre le sue prerogative. Nella storia, però, ci sono stati altri casi, anche non in Italia, in cui la Santa Sede si è appellata al concordato per mettere in luce come, nonostante tutto, il cattolicesimo era stato messo da parte.

Basti pensare ai varissimi interventi in punta di diritto contro il regime nazista, che sono confluiti poi nell’enciclica Mit Brennender Sorge. Ma alla fine ci furono interventi del genere anche in Romania, e anche in quel caso per la libertà di educazione nelle scuole cattoliche. I concordati, o accordi, servono appunto per proteggere i cristiani. Si fanno anche con Stati ostili per avere una base legale per poter proteggere i cristiani da ingiuste discriminazioni.

Una battaglia difficile, se si pensa che solo in Europa lo scorso anno sono stati contati dall’Osservatorio per le Discriminazioni e le Intolleranze contro i Cristiani in Europa quasi tre mila casi di attacchi alle chiese e agli edifici di culto.

È in questa battaglia che si è inserita la nota della Santa Sede. È molto difficile che sarà mai pubblicato un testo integrale della nota. La notizia ha intanto raggiunto lo scopo di mettere in cattiva luce la Santa Sede e i cattolici. È il segno che la battaglia parlamentare sarà durissima. E che ogni posizione è temuta da quanti stanno promuovendo questa nuova legge che potrebbe avere durissime conseguenze.

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