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Dopo il Papa in Armenia. "L'unità non è sottomissione"

Raphael Minassian | Raphael Minassian, arcivescovo armeno cattolico ordinario dell'Est Europa | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa Raphael Minassian | Raphael Minassian, arcivescovo armeno cattolico ordinario dell'Est Europa | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa

Che l’unità non sia sottomissione, Papa Francesco lo ha sottolineato durante il suo viaggio in Armenia, dal 24 al 26 giugno. Ma lo dice, e da tempo, l’arcivescovo Raphael Menassien, arcivescovo della Chiesa Cattolica Armena e ordinario dell'Europa Orientale. Ci tiene a sottolinearlo, perché sta tutto lì il nodo del rapporto con la Chiesa Apostolica, che si ritiene discendente dell’apostolo Taddeo e che contesta il modo in cui viene esercitato il primato petrino. E probabilmente lo avrà detto anche a Papa Francesco, perché è toccato a lui stare sempre vicino al Papa durante i tre giorni di viaggio in Armenia.

Cosa è la Chiesa cattolica armena e qual è la differenza con la Chiesa apostolica armena?

Prima di tutto, in termini di dogma, come teologia, come credo, la Chiesa apostolica è uguale, identica a quella cattolica. Non c’è nessuna differenza tra la Chiesa apostolica e quella cattolica, né nei sacramenti né nella teologia né nella professione della fede. L’unica separazione è rappresentata da una questione piuttosto umana: la Chiesa Apostolica è separata dalla Santa Sede, da Pietro diremmo. Gli Apostolici hanno un forte senso della Chiesa Nazionale, e il nazionalismo ha preso un colore differente da quello di una Chiesa nazionale, ma legata ad una Chiesa universale.

In cosa consiste esattamente la separazione?

La separazione tra le due Chiese riguarda soprattutto il clero, non i fedeli. La divisione è un fattore umano, ma dimostra anche una immaturità. Si vede la difficoltà di comunicazione, il porre una barriera, un muro… e così ci separiamo. La separazione significa che non si è capaci a discutere, a fare un percorso insieme.

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Perché allora non si riesce ad attuare un riavvicinamento?

Perché nell’unità le Chiese vedono una sottomissione l’uno all’altro. Invece si tratta di un cammino insieme verso una meta che è Cristo. Ma purtroppo l’immaturità che ci dà questa separazione.

Lei pensa che la visita del Papa abbia dato un impulso per questa unità?

Io credo nella preghiera. Io credo nella testimonianza. Io credo nell’esempio che viene dato da questi pontefici. Poi la grazia del Signore deve lavorare nelle anime di chi riceve. Non possiamo mai prevedere le cose. Dobbiamo solo accettare le situazioni e metterci sotto la Divina Provvidenza. Solo la Provvidenza può darci questa maturità per essere finalmente una cosa sola.

Chi sono i cattolici in Armenia oggi e che cosa fanno?

La Chiesa armeno cattolica è attiva, ha tutte le possibilità parrocchiali, sociali, spirituali. Abbiamo la Caritas Armenia, abbiamo i centri sociali per ammalati, per i bisognosi, per handicappati: abbiamo tutto ciò che può aiutare la società a crescere nella comprensione spirituale.

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Riuscite ad arrivare alla società?

Sì, io posso dire che veramente – e questo lo devo alla Provvidenza divina – che noi stiamo facendo tanti lavori, e non tramite le nostre forze. È piuttosto la misericordia divina che ci dà questa possibilità, dare, ricevere.

Caritas Armenia ha ricevuto molti rifugiati dalla Siria, come la Turchia. Questo crea una vicinanza tra Turchia e Armenia, nonostante le frontiere siano chiuse?

L’aspetto politico è completamente lontano dall’aspetto sociale e dell’attività cristiana. Posso dire scherzando che per me la società è divisa in due: c’è la società umana che agisce tramite questa fraternità, questa carità; e c’è la società politica che divide, corre dietro interessi, fa il male, uccide… quando questa società politica riesce ad uscire da se stessa e diventa umana, allora si avvicinano le nazioni.

Quanti siriani ci sono in Armenia e dove vivono?

Praticamente all’inizio tutti erano qui, nella residenza episcopale. Sono in tutto 1200 persone… ma adesso per dare loro la possibilità di sentirsi a casa, tramite la Caritas stiamo pagando il loro affitto e dar loro degli appartamenti per vivere la loro vita con dignità umana.

Come vive la Chiesa cattolica in Armenia, un Paese e ricco di storia, ma allo stesso tempo impoverito dalla crisi economica?

Noi siamo i poveri, e siamo i ricchi della nostra povertà.

Da Giovanni Paolo II a Papa Francesco: come è cambiata la Chiesa armena?

C’è più amicizia, più amicizia, più collaborazione. Sono ottimista.

Che futuro vede per l’Armenia?

Noi siamo fieri di essere la prima nazione cristiana. Dopo tutti queste persecuzioni e male che abbiamo ricevuto, siamo ancora cristiani al 98 per cento

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Vi sentite periferia o centro?

Noi ci sentiamo nella cristianità, perché la cristianità non ha dei confini o delle località geografiche privilegiate.