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Fra Taras Yeher, l'Ucraina nel cuore dei figli lontani

A colloquio con religioso dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola ucraino a Roma

Fra Taras Yeher |  | Aci Stampa Fra Taras Yeher | | Aci Stampa

Un cuore che batte per la Vergine Maria e per la propria terra, l’Ucraina. In Fra Taras Yeher, religioso dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola, ci sono questi due sentimenti, ora, proprio nel momento in cui la sua terra d’origine sta vivendo questa tragica guerra. Fra Yeher viene da Leopoli, ed è in Italia da 17 anni, ma nel suo animo l’Ucraina ha avuto sempre un posto d’eccezione. AciStampa è andata a trovarlo nel santuario romano di Sant’Andrea delle Fratte dove presta il suo servizio alla Chiesa. 

Fra Taras, prima di tutto, quanti parenti ha in Ucraina?

Ci sono mia sorella e un nipote di diciannove anni. E poi, ovviamente tanti parenti e amici. 

Quante volte li sente al giorno? Come stanno?

Sono molto preoccupati. E’ ovvio. La guerra reca con sé sempre tanti danni, non solo materiali ma anche - e direi soprattutto - nell’animo di chiunque si trovi di fronte alle bombe, ai carri armati. Cerco di sentirli spesso, più volte al giorno, per accertarmi delle loro condizioni di salute e della situazione sul posto.

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Cosa le dicono di questa insensata guerra? Come stanno affrontando questa situazione così inattesa?

Il momento che il più delle volte viene ricordato in queste telefonate è quello delle sirene antiaeree: il dover correre in un rifugio che poi tanto rifugio non è. Questo è ciò che preoccupa di più. Di notte, soprattutto, con la sua oscurità mette ancora più paura in questa notte dell’anima che stanno vivendo. 

Diceva di un suo nipote diciannovenne. E’ al fronte?

No, ma è pronto - come tutti gli ucraini, in fondo - a rispondere alla chiamata nel caso ce ne fosse bisogno. 

Può spiegarci questo così forte legame con la propria terra? Può dirci - cosa che ha sorpreso un po’ tutto il mondo, bisogna dirlo - il perché il popolo ucraino è così pronto a morire per la propria patria?

La questione nasce da lontano, nella storia dell’Ucraina. Quando il 24 febbraio scorso, la mattina, ho visto le immagini della guerra alla televisione, non potevo crederci. Vede, abbiamo vissuto così tanti anni sotto il regime comunista e a difficoltà abbiamo conquistato la libertà. Vedere, ora, questa oppressione è davvero sconcertante. Ti lacera il cuore. La libertà è una delle parole che nei nostri poeti ricorre più spesso. E’ un desiderio atavico, un qualcosa di ancestrale in noi, proprio per la storia che abbiamo vissuto. Con questo prospetto storico, non possiamo che essere gelosi di questa libertà. Ci è costata molto e, dunque, ci teniamo molto a conservarla. Ecco spiegato il perché di tanti giovani, uomini e donne, anziani e non che non hanno altro desiderio che difendere la propria patria. 

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Sente anche i sacerdoti lì? Cosa dicono?

Sento questi miei amici sia personalmente per telefono che sui social attraverso le immagini e le testimonianze che condividono. Loro continuano la missione in questo momento così delicato, con amore e coraggio. Sono commosso davanti a tutto questo: continuano le celebrazioni, le chiese sono rimaste aperte, si prega per la pace. La cosa che più mi commuove è che gli stessi soldati ucraini, mentre combattono, continuano a pregare per la pace. E questo, è tutto bello! Giorni fa ho letto un commento di un soldato che ringraziava un sacerdote per il dono del Rosario che gli aveva fatto in tempo di pace. Ora quel rosario è nelle mani di quel soldato al fronte. 

Una domanda un po’ spigolosa. Non pensa che bisognerebbe reagire ad odio con amore, così come il Vangelo ci dice? Come coabitano nel cuore di un religioso i due sentimenti: quelli di amore e di difesa del proprio territorio?

Mi viene in mente però allo stesso tempo un altro passaggio del Vangelo che dice che non c’è l’amore più grande che dare la propria vita per il fratello. Ecco, in questo momento sono molti coloro che stanno offrendo la propria vita per difendere propri fratelli, per i bambini e le donne, gli anziani che sono in pericolo per colpa della follia della guerra. Qui, la dignità e la vita delle persone è messa in pericolo ed è necessario reagire. Non si può mai giustificare la guerra, perché con questa, perdiamo sempre tutti. Come dice il nostro Arcivescovo Maggiore Sviatolslav Shevchuk: “Vediamo che a vincere è l’amore. L’amore genera gli eroi, l’odio genera dei criminali… vinceremo con la forza dell’amore per la nostra patria, per Dio e per il prossimo”!

Se dovesse ora pensare alla propria terra, quale immagine le verrebbe subito in mente?

Beh, quella bandiera blu e gialla che in questo momento ha un significato ancora più profondo. Ci parla del grano riscaldato da un sole che risplende alto nel cielo. Un cielo che speriamo possa risplendere nuovamente, sereno, su quei campi di grano. Ha dei colori vivi quella bandiera perché il popolo ucraino ha in cuore - da sempre - la gioia di vivere, di lavorare, di essere liberi. Speriamo e preghiamo che questo possa avvenire, nuovamente.