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Il catechismo della vita, da Giovanni Paolo II a Papa Francesco il no alla pena di morte

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“Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. E’ in sé stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante”.

Così Papa Francesco lo scorso ottobre nell’anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica avviava il processo che arriva oggi a conclusione. “Assumiamo le responsabilità del passato- disse- e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo. Tuttavia, rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli”.

Lo sviluppo, si legge nella lettera per i vescovi che accompagna il rescritto con il nuovo paragrafo del Catechismo, “poggia principalmente sulla coscienza sempre più chiara nella Chiesa del rispetto dovuto ad ogni vita umana”.

E infatti si legge nella lettera firmata dal cardinale Ladaria Prefetto della Dottrina della Fede, se “la situazione politica e sociale di un tempo rendeva la pena di morte uno strumento accettabile per la tutela del bene comune, oggi la sempre più viva coscienza che la dignità di una persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi, l’approfondita comprensione del senso delle sanzioni penali applicate dallo Stato, e la messa a punto di sistemi di detenzione più efficaci che assicurano la doverosa difesa dei cittadini, hanno dato luogo ad una nuova consapevolezza che ne riconosce l’inammissibilità e perciò chiede la sua abolizione”.

Tutto parte dalla Evangelium vitae di Giovanni Paolo II: "Il Santo Padre annoverava tra i segni di speranza di una nuova civiltà della vita «la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di “legittima difesa” sociale, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l’ha commesso, non gli tolgono”.

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La lettera ricorda poi l’impegno di Benedetto XVI , e di Papa Francesco che “ha chiesto una revisione della formulazione del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte, in modo che si affermi che «per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona»”.

Ovviamente si tratta di una vera continuità di Magistero: “Il nuovo testo, seguendo le orme dell’insegnamento di Giovanni Paolo II in Evangelium vitae, afferma che la soppressione della vita di un criminale come punizione per un delitto è inammissibile perché attenta alla dignità della persona, dignità che non viene perduta neanche dopo aver commesso dei crimini gravissimi”.

Lo stato moderno tende alla “riabilitazione e reintegrazione sociale del criminale” e “possiede sistemi di detenzione più efficaci, la pena di morte risulta non necessaria come protezione della vita di persone innocenti”.

Romane sempre la necessità della difesa della vita dei cittadini, ma “la nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo esprime un autentico sviluppo della dottrina, che non è in contraddizione con gli insegnamenti anteriori del Magistero. Questi, infatti, possono spiegarsi alla luce della responsabilità primaria dell’autorità pubblica di tutelare il bene comune, in un contesto sociale in cui le sanzioni penali si comprendevano diversamente e avvenivano in un ambiente in cui era più difficile garantire che il criminale non potesse reiterare il suo crimine”.

Ecco allora che “la nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica vuole costituire una spinta a un deciso impegno, anche attraverso un rispettoso dialogo con le autorità politiche, affinché sia favorita una mentalità che riconosca la dignità di ogni vita umana e vengano create le condizioni che consentono di eliminare oggi l’istituto giuridico della pena di morte laddove è ancora in vigore”.