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Il controesodo del vescovo Bizzeti, nuovo Vicario Apostolico d’Anatolia

Vescovo Paolo Bizzeti | Messa di inizio del ministero del vescovo Paolo Bizzeti, vicario apostolico d'Anatolia | © NicolaGentile Vescovo Paolo Bizzeti | Messa di inizio del ministero del vescovo Paolo Bizzeti, vicario apostolico d'Anatolia | © NicolaGentile

Il nuovo Vicario Apostolico di Anatolia, in Turchia, ha il volto di un padre gesuita che già nel 1984 aveva chiesto di poter andare missionario in Turchia. Così, quando il vescovo Paolo Bizzeti, gesuita, è entrato il 29 novembre nella cattedrale di Iskenderun, a buona ragione ha potuto dire che è andato “con l’idea di fare un contro-esodo”, perché “mentre molti sognano di andare in Europa” lui propone a tutti di rimanere, e magari creare un modello peculiare turco.

Sono infatti molti a lasciare non solo la Turchia, ma anche il Medio Oriente, e in generale tutti i posti in cui i cristiani sono una minoranza. La Turchia, dove le chiese non possono neanche essere viste dalle strade principali, è uno di quei posti da dove i cristiani tendono ad andare via. L’Anatolia, poi, era senza vicario apostolico da cinque anni, da quando il suo predecessore, il vescovo Luigi Padovese, era stato assassinato dal suo autista: un caso che scosse la comunità cattolica turca, già colpita nel 2006 dall’assassinio di don Andrea Santoro.

Non è un caso che il nuovo vescovo prenda possesso del vicariato nel giorno che precede Sant’Andrea, festa della chiesa ortodossa. Un servizio “delicato” – lo definisce nel suo discorso al suo gregge – che il vescovo Bizzeti considera “un dono che la Chiesa occidentale fa a voi, memore dei tantissimi vescovi, presbiteri e laici di grande valore che voi avete donato alla Chiesa d’occidente”.

“Siamo un’unica Chiesa che si scambia persone - come ai tempi di Paolo di Tarso e degli altri apostoli; essi ci hanno lasciato la preziosa eredità di chiese locali e di tradizioni diverse: sono tutte sorelle e figlie della chiesa madre di Gerusalemme, di Antiochia e di tutti gli altri luoghi da cui sono partiti gli annunciatori del Vangelo per tutto il mondo”.

Per il vescovo Bizzeti, “questo tormentato Medio Oriente” è “la culla del cristianesimo, ieri come oggi”, e “come diceva sempre il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, “essere cristiani in Medioriente è una vocazione particolare, gloriosa e difficile, a volte eroica, una vocazione a favore di tutta la chiesa universale”.

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Tra padre Paolo (come lo chiamano ancora) e la Turchia è una storia d’amore lunga, nata nel 1978. “Il Signore, attraverso di voi, mi ha fatto incontrare le mie radici, ha allargato i miei orizzonti, mi ha educato ad una chiesa plurale e non monolitica. Nell’ottobre scorso avevo organizzato un pellegrinaggio con quaranta persone per visitare i monasteri della chiesa siriaca in Turchia per far conoscere ai cristiani occidentali, piuttosto ignoranti in questo campo, i tesori della tradizione siriaca. Purtroppo la situazione nel territorio ci ha costretti ad annullare il pellegrinaggio: in realtà è solo rimandato”.

L’intento del vescovo Bizzeti è quello di ascoltare, “per gioire e soffrire con voi, per condividere la vostra vita, per conoscere la vostra storia e tradizioni”. “Vengo per servirvi e aiutare i più poveri a portare la croce. Vengo per costruire un pezzetto di Regno di Dio qui, nella terra dei padri e madri nella fede. Vengo per studiare le meraviglie della chiesa di Antiochia, chiesa madre dei discepoli di Gesù provenienti dal paganesimo, cioè madre nostra”.

Il vescovo Bizzeti si è “fatto straniero”, perché “la condizione di straniero del resto è propria del cristiano”, e lo fa in un posto con poche chiese, pochi cristiani perché “il criterio del numero non è un criterio evangelico!”

Ma il nuovo vicario d’Anatolia ha anche viaggiato per fare una specie di “contro-esodo,” perché “tanti da qui vogliono venire in Europa e forse sognano che l’EU sia piena di possibilità, ricca e cristiana”, ma “la cosa è più complessa e il prezzo del consumismo è alto: la famiglia è in forte difficoltà, c’è molto individualismo, la gente non ha tempo per le relazioni, il senso di Dio è scarso e anche se ci sono molte chiese e tante liturgie questo non è sinonimo di tanti discepoli di Gesù”.

Il vescovo incita: “Non sognate di andare altrove prima di aver esplorato le molte possibilità che ci sono qui. Inventate un altro tipo di sviluppo economico e siate seguaci del Vangelo, in Turchia. Gesù vede in una certa semplicità di vita una buona possibilità per compiere scelte più libere e non essere preda degli idoli. Certo l’importante è il cuore e ci sono poveri che sono più avidi dei ricchi e ricchi che gestiscono i loro beni con libertà, creando posti di lavoro e aiutando i poveri. Ma ordinariamente le società ricche sono più egoiste e più coinvolte nel dominare gli altri e creare povertà in altri paesi”.

Chiede vocazioni ai giovani, ringrazia le famiglie cristiane per la testimonianza, parla con i singoli e le vedove perché “il Signore sia il vostro compagno di vita” e perché si “mettano al servizio degli altri, soprattutto dei poveri”.

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