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Il Papa: “Il sacerdote si riconosce se sa giocare con i bambini”

Papa Francesco a Santa Marta | Papa Francesco durante una Messa a Santa Marta  | L'Osservatore Romano / ACI Group Papa Francesco a Santa Marta | Papa Francesco durante una Messa a Santa Marta | L'Osservatore Romano / ACI Group

Da cosa si riconosce un buon sacerdote? Se sa giocare con i bambini, risponde Papa Francesco. Che nella Messa di Santa Marta prende spunto dalle parole di Gesù sull’insoddisfazione del popolo, così come “tanti cristiani insoddisfatti che non riescono a capire cosa il Signore ci ha insegnato, non riescono a capire il nocciolo proprio della rivelazione del Vangelo”. E si è soffermato sui preti insoddisfatti che “fanno tanto male”, cercano sempre nuovi progetti “perché il loro cuore è lontano dalla logica di Gesù.

E invece la logica di Gesù dovrebbe dare “piena soddisfazione”, perché Gesù è “u mediatore” dell’amore di Dio, e non un intermediario che “per il suo lavoro prende la paga”. La logica di Gesù come mediatore è quella di “annientare se stesso”, e il sacerdote autentico “è un mediatore molto vicino al popolo”, dice Papa Francesco, mentre l’intermediario è sempre più vicino ad un funzionario.

Insomma, se si diventa intermediari, non si è felici, e – dice il Papaa – “anche per rendersi importanti i sacerdoti intermediari prendono il cammino della rigidità: tante volte, staccati dalla gente, non sanno che cos’è il dolore umano; perdono quello che avevano imparato a casa loro, col lavoro del papà, della mamma, del nonno, della nonna, dei fratelli… Perdono queste cose. Sono rigidi, quei rigidi che caricano sui fedeli tante cose che loro non portano, come diceva Gesù agli intermediari del suo tempo. La rigidità. Frusta in mano col popolo di Dio: ‘Questo non si può, questo non si può…’. E tanta gente che si avvicina cercando un po’ di consolazione, un po’ di comprensione viene cacciata via con questa rigidità”.

La rigidità porta alla mondanità, dice il Papa. E racconta un aneddoto su rigidità e mondanità. "Tempo fa – racconta - è venuto da me un anziano monsignore della curia, che lavora, un uomo normale, un uomo buono, innamorato di Gesù e mi ha raccontato che era andato all’Euroclero a comprarsi un paio di camicie e ha visto davanti allo specchio un ragazzo - lui pensa non avesse più di 25 anni, o prete giovane o (che stava) per diventare prete - davanti allo specchio, con un mantello, grande, largo, col velluto, la catena d’argento e si guardava. E poi ha preso il ‘saturno’, l’ha messo e si guardava. Un rigido mondano. E quel sacerdote - è saggio quel monsignore, molto saggio - è riuscito a superare il dolore, con una battuta di sano umorismo e ha aggiunto: ‘E poi si dice che la Chiesa non permette il sacerdozio alle donne!’. Così che il mestiere che fa il sacerdote quando diventa funzionario finisce nel ridicolo, sempre”.

Invece un sacerdote si riconosce dalla semplicità. Un criterio, racconta il Papa, è quello di comprendere i sacerdoti dall’atteggiamento con i bambini, perché se sanno carezzare un bambino, sorridere a un bambino, giocare con un bambino… E’ interessante questo perché significa che sanno abbassarsi, avvicinarsi alle piccole cose”. Invece, ha affermato, “l’intermediario è triste, sempre con quella faccia triste o troppo seria, faccia scura. L’intermediario ha lo sguardo scuro, molto scuro! Il mediatore - ha ripreso - è aperto: il sorriso, l’accoglienza, la comprensione, le carezze”.

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Il Papa poi raccomanda tre icone di sacerdoti mediatori: Policarpo, Francesco Saverio e San Paolo.