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Il Papa, la meta del cristiano è la comunione tra divino e umano

La messa allo stadio  |  | Acistampa
La messa allo stadio | | Acistampa
La messa del Papa |  | CTV
La messa del Papa | | CTV
Il Papa celebra la messa a Firenze |  | CTV
Il Papa celebra la messa a Firenze | | CTV
Lo stadio comunale di Firenze all'inizio della messa del Papa  |  | Marco Mancini
Lo stadio comunale di Firenze all'inizio della messa del Papa | | Marco Mancini
Il Papa arriva allo stadio comunale di Firenze |  | CEI
Il Papa arriva allo stadio comunale di Firenze | | CEI
La messa del Papa  |  | Marco Mancini
La messa del Papa | | Marco Mancini

“A Gesù interessa quello che la gente pensa non per accontentarla, ma per poter comunicare con essa.” Inizia così la riflessione del Papa nella messa celebrata nello stadio comunale di Firenze per  la diocesi e per i partecipanti al Convegno ecclesiale.

Un stadio gremito di fedeli, un sole che scalda i cuori dei fiorentini, e il Papa che ricorda, commentando il Vangelo che bisogna conoscere la gente, i suoi problemi per parlare al cuore di tutti: “ quando Dio ha voluto parlare con noi si è incarnato. I discepoli di Gesù non devono mai dimenticare da dove sono stati scelti, cioè tra la gente, e non devono mai cadere nella tentazione di assumere atteggiamenti distaccati, come se ciò che la gente pensa e vive non li riguardasse e non fosse per loro importante.”

La questione è sempre la stessa “chi è Gesù per gli uomini e le donne di oggi?”

Il Papa cita Leone Magno, originario della Toscana, di cui si celebra la memoria, occorre conoscere Gesù, per quello che è veramente, “non una sua immagine distorta dalle filosofie e dalle ideologie del tempo.” E prosegue : “Solo se riconosciamo Gesù nella Sua verità, saremo in grado di guardare la verità della nostra condizione umana, e potremo portare il nostro contributo alla piena umanizzazione della società.”

Ed è anche per questo che “la nostra gioia è anche di andare controcorrente e di superare l’opinione corrente, che, oggi come allora, non riesce a vedere in Gesù più che un profeta o un maestro. La nostra gioia è riconoscere in Lui la presenza di Dio, l’inviato del Padre, il Figlio venuto a farsi strumento di salvezza per l’umanità.”

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É la professione di fede di Pietro e “alla radice del mistero della salvezza sta infatti la volontà di un Dio misericordioso, che non si vuole arrendere di fronte alla incomprensione, alla colpa e alla miseria dell’uomo, ma si dona a lui fino a farsi Egli stesso uomo per incontrare ogni persona nella sua condizione concreta.” In questo amore Pietro riconosce Dio  “ nella sua Parola, che illumina le oscurità della nostra mente e del nostro cuore; nei suoi Sacramenti, che ci rigenerano a vita nuova da ogni nostra morte; nella comunione fraterna, che lo Spirito Santo genera tra i suoi discepoli; nell’amore senza confini, che si fa servizio generoso e premuroso verso tutti; nel povero, che ci ricorda come Gesù abbia voluto che la sua suprema rivelazione di sé e del Padre avesse l'immagine dell’umiliato crocifisso.”

Lo scandalo della croce “ ancora oggi scandalizza chi non tollera il mistero di Dio impresso sul volto di Cristo.”

Ma la meta del cristiano è “la comunione tra divino e umano, realizzata pianamente in Gesù”, non solo un “orizzonte che illumina il nostro cammino”  ma “ciò che ci attrae con la sua forza soave; è ciò che si inizia a pregustare e a vivere qui e si costruisce giorno dopo giorno con ogni bene che seminiamo attorno a noi. Sono questi i semi che contribuiscono a creare un’umanità nuova, rinnovata, dove nessuno è lasciato ai margini o scartato; dove chi serve è il più grande; dove i piccoli e i poveri sono accolti e aiutati.”

Per il Papa quindi è chiaro che “Dio e l’uomo non sono i due estremi di una opposizione: essi si cercano da sempre, perché Dio riconosce nell’uomo la propria immagine e l’uomo si riconosce solo guardando Dio.” Una sapienza antica come ricorda Leone Magno, “frutto del convergere di vari elementi: parola, intelligenza, preghiera, insegnamento, memoria.” E non solo perché non c’è “vera sapienza se non nel legame a Cristo e nel servizio alla Chiesa. È questa la strada su cui incrociamo l’umanità e possiamo incontrarla con lo spirito del buon samaritano. Non per nulla l’umanesimo, di cui Firenze è stata testimone nei suoi momenti più creativi, ha avuto sempre il volto della carità. “

L’augurio finale del Papa è che “questa eredità sia feconda di un nuovo umanesimo per questa città e per l’Italia intera.”

Alla fine della messa dopo il saluto e il grazie del Cardinale Betori che ha ricordato i santi e i profeti della città fino a La Pira, il Papa ha ringraziato i carcerati "che hanno fatto questo altare dove oggi è venuto Gesù. Grazie di aver fatto questo per Gesù!" 

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