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La Santa Sede all'ONU: "Più cooperazione per il Medio Oriente"

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Medio Oriente, l’impegno della Santa Sede. L’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha espresso le posizioni della Santa Sede sul Medio Oriente in un dibattito aperto al Consiglio di Sicurezza il 23 luglio. Nel suo discorso, l’arcivescovo ha chiesto un impegno internazionale che risolva i conflitti.

La Santa Sede guarda con attenzione ai problemi Medio Orientali, e Papa Francesco ha fatto del Medio Oriente uno dei centri della sua azione diplomatica. A settembre 2013, aveva indetto la giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria. Poi, a giugno 2014, aveva tenuto una preghiera per la pace nei Giardini Vaticani, riunendo l’allora presidente Israeliano Shimon Peres e il presidente palestinese Abu Mazen. L’attenzione è stata costante anche sull’Iraq, dove Papa Francesco ha inviato il Cardinal Filoni già a settembre 2014, e il Cardinale vi è ritornato poi in occasione della Pasqua.

Una attenzione che si giustifica anche con la necessità di proteggere i cristiani della Regione, da anni protagoniste di un esodo nascosto e in questi ultimi anni soggetto di una vera e propria persecuzione. Non a caso, il nunzio Auza ha parlato di una “drammatica situazione umanitaria,” che in Siria assume contorni particolarmente preoccupanti.

Per questo, l’Osservatore Permanente ha chiesto un rinnovato impegno da parte di tutti per “trovare una soluzione politica,” perché “non dovremmo continuare a guardare inermi da bordo campo mentre una grande nazione sta venendo distrutta.”

Lo Stato Islamico è una preoccupazione. La diplomazia della Santa Sede è stata fin d’ora prudente, e ha mandato avanti il Pontificio Consiglio per il Dialogo Religioso, che già ad agosto 2014 stigmatizzò l’operazione del califfato e chiese ai leader islamici impegnati nel dialogo di disconoscerlo, e che poi ha comunque avviato iniziative perché non venissero persi gli sforzi del dialogo.

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Un conflitto, quello siriano, che interessa anche Libano e Siria – ricorda il nunzio – nazioni confinanti che ospitano milioni di rifugiati e hanno bisogno della solidarietà del mondo.

Al momento, il Libano vive un vuoto costituzionale, perché la presidenza – che la Costituzione attribuisce a un cristiano – non c’è da un anno: la Santa Sede spera che questo ‘vacuum’ istituzionale sia presto riempito.

L’arcivescovo Auza ha definito il gruppo dello Stato Islamico” come una piaga terroristica che deve essere sconfitta con una cooperazione unificata di tutta la comunità internazionale.

La preoccupazione è ovviamente per le comunità religiose di minoranza nella Regione. L’accordo sul nucleare è stato invece accolto con soddisfazione, e in questo la posizione della Santa Sede differisce da Israele, con il quale comunque ha buoni rapporti.

Altro tema in cui la Santa Sede ha avuto qualche frizione con Israele è stato l’accordo comprensivo siglato tra Santa Sede e Stato di Palestina, un riconoscimento ‘de facto’ allo Stato di Palestina che segue il riconoscimento delle Nazioni Unite, ma che non è stato ben accolto da Israele. L’arcivescovo Auza ha detto che spera che l’accordo stimoli “il raggiungimento della soluzione dei due stati, portando una definitiva fine al lungo conflitto israelo-palestinese.”