Advertisement

La "statio" di Santa Pudenziana al Viminale

Il mosaico absidale di Santa Pudenziana al Viminale  |  | OB
Il mosaico absidale di Santa Pudenziana al Viminale | | OB
L'interno di Santa Pudenziana al Viminale  |  | OB
L'interno di Santa Pudenziana al Viminale | | OB

Si arriva alla “statio” di Santa Pudenziana al Viminale il martedì della terza settimana di Quaresima. Il Cardinale Schuster indicava questa sede come residenza pontificia perché casa dei Pudenti dove si ricollegano le memorie di San Pio I e di suo fratello Erma.

La chiesa di Santa Pudenziana viene costruita alla fine del IV secolo riutilizzando i muri di un edificio romano del II secolo, per alcuni un complesso termale con una basilica coperta, per altri un edificio “polifunzionale” con un cortile scoperto poi trasformato in chiesa. Deve essere stata costruita da Papa Siricio (384-399) a giudicare da alcune iscrizioni conservate nella chiesa. Ma la decorazione viene portata a termine alcuni anni dopo da Papa Innocenzo I con il famoso mosaico absidale. Rappresenta Cristo circondato dagli apostoli e da due figure femminili, immagini dei due aspetti della Chiesa, la Ecclesia ex circumcisione e la Ecclesia ex gentibus. Sullo sfondo si vede una città in cui gli studiosi hanno voluto riconoscere Roma, Gerusalemme o la Gerusalemme celeste.

Un’iscrizione nel mosaico parla della Ecclesia Pudentiana, cioè la chiesa di Pudente. Nelle fonti più antiche, la chiesa porta infatti un nome maschile, quello di Pudente, un personaggio probabilmente facoltoso che in qualche modo deve aver contribuito alla costruzione della chiesa forse con un lascito testamentario. Ma dall’aggettivo al femminile Pudentiana è nato il nome attuale femminile della chiesa, e le leggende medievali raccontavano delle due sorelle Pudenziana e Prassede, cui è intitolata un’altra importante chiesa antica nelle vicinanze.

E' possibile inoltre ammirare i ricordi bronzei del Cardinali Czacki e Luciano Bonaparte sovrastati dal paradiso del Pomarancio ed attorniati da vivide pitture di Federico Zuccari.

"Dextera Domini exaltavit me" si ripete nella liturgia e si procede in questo estremo lembo della "suburra".

Advertisement