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La statua di Ippolito alla Biblioteca Vaticana, un mistero tutto da svelare

Dal rinascimento ad oggi gli studi sull'opera più misteriosa dei Palazzi Vaticani

La scansione 3D della Statua di Ippolito  |  | Modello virtuale 3D della statua, realizzato dal Dipartimento PAU dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria- OWL La scansione 3D della Statua di Ippolito | | Modello virtuale 3D della statua, realizzato dal Dipartimento PAU dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria- OWL

Chi entra alla Biblioteca apostolica vaticana la vede subito, ma non ci fa forse troppo caso. La statua cosiddetta di “Ippolito”, è li’ dal 1959.

Spostato solo per i restauri e le puliture. Tra tante statue nei Musei e negli ingressi dei palazzi vaticani nessuno ricorda che nel 1959 arrivò alla BAV  per volontà di Giovanni XXIII dal Museo del Laterano, dove era stata collocata durante il pontificato di Pio IX. Rimasta per mezzo secolo al centro della sala di ingresso, ai piedi dello scalone, nel 2010, quando venne realizzata una nuova scala, fu sistemata in una nicchia sul lato destro dell’ambiente rispetto a chi entra. 

La sua storia e gli studi più recenti sono descritti dal OWL la rivista della Biblioteca dei Papi. 

La statua era stata ritrovata tra la via Nomentana e la via Tiburtina, vicino alla catacomba del martire, Ippolito e per questo porta il suo nome ma anche per le iscrizioni sui lati del trono. Si tratta del Computo pasquale, e una lista di opere cristiane, tra cui alcune attribuite dalla tradizione a un Sant’Ippolito, che forse però non il martire. 

Già nel 1551 un codi vaticano ne segna la presenza ma fu Pirro Ligorio a darne la prima descrizione completa disegnando la statua com'era nel 1553. Descrizione e disegno sono conservati in un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Napoli.

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E fu proprio Ligorio a identificare il personaggio della statua con Sant’ Ippolito romano e vescovo, fu lui tra il 1564 e il 1565,  a “far restaurare” la “statua di Sant’Ippolito” per inserirla nel grande emiciclo del Teatro del Belvedere, oggi il Cortile del Belvedere. 

Secoli dopo, a metà degli anni ’70 del secolo scorso Margherita Guarducci studiando la statua disse che tutta la parte superiore, compresi l’addome e le spalle, erano di epoca ligoriana, frutto del restauro.

La studiosa formulò una serie di ipotesi che però oggi grazie a ricerche innovative vanno in parte corrette. Per la Guarducci “la statua antica”, cioè la parte inferiore, era un blocco unico, e forse di una figura femminile. Ma ad uno sguardo attento non sfugge la  “differenza di materia e di fattura che sussiste fra il trono e la parte inferiore del corpo, e come questa sia un “bricolage” di frammenti antichi vari, più o meno rilavorati”. 

Sono questi i risultati di una uno studio oggi più sistematico e tecnologico “suggerisce come in particolare le gambe coperte dal panneggio abbiano subito una profonda rilavorazione, eseguita molto probabilmente dalla stessa mano responsabile del panneggio che copre il busto”.

Non una figura femminile quindi, e anche la testa sarebbe rinascimentale ma con tratti della ritrattistica tardoantica. 

Rimane una questione aperte quindi. Ippolito o no? Donna ? Uomo, ricostruzione rinascimentale o opera tardoantica?  É davvero il ritratto di “Sant’Ippolito martire e vescovo”, forse autore di opere teologiche, tra cui il famoso Computo pasquale? 

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E proprio sul Computo si affannano gli studiosi per capire la vera origine. E per provare a risolverlo è partito un nuovo progetto di ricerca della Biblioteca con i Musei Vaticani,  che ha portato ad un modello in 3D ad altissima risoluzione della statua.

Sapremo davvero chi è rappresentato nella “ Statua di Ippolito”?