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L'autorità è servizio. XXV Domenica del Tempo Ordinario

Cristo Pantocratore  |  | Duomo di Monreale - Wikipedia Cristo Pantocratore | | Duomo di Monreale - Wikipedia

La prima lettura della Messa ci offre un insegnamento sulle sofferenze dei figli di Dio ingiustamente perseguitati a causa della loro onestà e santità. La liturgia applica queste parole, scritte secoli prima della venuta di Cristo, al giusto per eccellenza, Gesù Figlio Unigenito di Dio, condannato ad una morte ignominiosa dopo aver patito ogni sorta di insulti e sofferenze. Nel Vangelo della messa mentre Gesù parla del tragico destino che lo attende a Gerusalemme, i discepoli alle sue spalle, incuranti di quanto dice il Maestro, discutono di privilegi, di primi posti, di prebende, di potere. 

E il Signore, giunto a Cafarnao, insegna a tutti coloro che sono chiamati ad esercitare l’autorità nella chiesa, in famiglia, nella società che essa va intesa come servizio. La parola autorità deriva dal vocabolo latino AUCTOR, cioè autore, promotore di qualcosa. Indica la funzione di chi veglia sugli interessi di un gruppo o di una società. Autorità ed obbedienza non sono azioni contrapposte: nella Chiesa nascono dallo stesso amore per Cristo. Si comanda per amore a Cristo e si obbedisce per amore a Cristo.

L’autorità è necessaria in ogni società, e nella Chiesa è stata voluta direttamente da Cristo. Quando in una società non si esercita l’autorità o se ne abusa, si procura un danno a tutti i suoi membri. Scriveva Nietzsche: “Chi vorrà ancora governare? E chi vorrà obbedire? L’una cosa l’altra sono troppe penose”. 

Gesù ci insegna come deve essere esercitata l’autorità. Egli ha fatto della sua vita un servizio perchè non è venuto per essere servito, ma per servire. A fondamento del Suo servizio sta la Sua obbedienza al Padre – mio cibo è fare la volontà del Padre – il Quale desidera che tutti gli uomini giungano alla salvezza. L’autorità si esercita, allora, nel servizio, che trova il suo fondamento nell’obbedienza a Dio ed è finalizzata a ricercare il bene integrale dell’uomo. E’ questo il bene dell’obbedienza.

Si tratta di un bene molto grande, senza il quale non sarebbe possibile la Chiesa così come l’ha fondata Cristo. Per obbedire, tuttavia, è sempre richiesta la virtù dell’umiltà, poichè in ciascuno di noi è presente un principio disgregatore, frutto del peccato originale, che ci porta a trovare qualsiasi scusa per non accettare di buon grado un’indicazione di chi Dio ha scelto per condurci a Lui.

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Perché la virtù dell’obbedienza abbia queste caratteristiche ricorriamo all’aiuto della Vergine Maria, che ha voluto essere la serva del Signore. Ella ci insegna che servire –sia nell’esercizio dell’autorità come nell’obbedienza – significa amare ed è esercizio che ci libera della dalla mormorazione, dall’intrigo, dall’inganno per vivere nella sincerità, lealtà e semplicità. Tutte virtù che ci aiutano a essere più umani.