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L'odore delle candele spente, la Riforma in Svezia con gli occhi della gente

Magnus Nyman  |  | Parrocchia di San Lorenzo a Uppsala
Magnus Nyman | | Parrocchia di San Lorenzo a Uppsala
Magnus Nyman  |  | pd
Magnus Nyman | | pd

Si intitola “ L’odore delle candele spente”, in svedese “ Doften av rykande vekar” ed è il libro più discusso nei circoli culturali cattolici e luterani in questo autunno di attesa per la commemorazione della Riforma a Lund.

Il volume curato dal gesuita Fredrik Heiding e da Magnus Nyman, storico e sacerdote, raccoglie studi e approfondimenti sulla storia della Riforma Luterana in Svezia, da una prospettiva “popolare”. Come hanno vissuto i semplici fedeli questo turbine?

Tra i contributi, oltre a storici e studiosi cattolici, anche una riflessione del Pastore Per Äkerlund che sostiene come la profonda riflessione teologica presente da secoli nelle Chiese cattolica ed ortodossa e la loro liturgia e spiritualità fanno si che “ci si rivolgerà a loro nel futuro quando si vorrà sapere cos’è la fede cristiana”.

Aci Stampa ha incontrato uno dei curatori, Magnus Nyman.

Il vostro libro è stato accolto con stupore. Perché?

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Prima gli storici della Chiesa e molti storici in genere descrivevano la Riforma come la vittoria della ragione, il pensiero di fondo era il passaggio dalle tenebre alla luce. Non è più così. Adesso quasi tutti sono d’accordo che la Riforma in Svezia è stata imposta dall’alto e che inizialmente c’era molto poco sostegno popolare. Questo è quello che noi diciamo nella nostra raccolta di studi, e sembra che questo sia stato accolto come una provocazione nella Svenska kyrkan. Credo che il loro problema principale sia che i nostri diversi capitoli tutto sommato danno una visione piuttosto triste di quello che la Riforma ha dato alla Svezia in termini culturali: la chiusura di conventi, ospedali, scuole delle cattedrali, l’università di Uppsala, meno contatto internazionali ecc., e anche una liturgia dominata dalla parola, dall’ascolto e dall’omelia. Le cinque rivolte durante il XVI secolo anche contro la nuova dottrina confermano l’immagine di resistenza popolare. Il paradosso è che molto di ciò che quella volta fu proibito ora ritorna, come pellegrinaggi, visite ai monasteri, le icone, il segno della croce, letteratura cattolica. Il libro afferma che le tradizioni cattoliche e la letteratura e la teologia cattolica si trovano di nuovo al centro della vita di molti cristiani. Forse anche questo è un po’ una provocazione per l’establishment luterano.

La storia della Riforma è drammatica in Svezia. Come l’avete raccontata?

Non abbiamo concentrato l’attenzione sui grandi pensatori – Lutero è già stato trattato da molte prospettive diverse – ma piuttosto sulle reazioni del ”popolo” alle novità. Noi che abbiamo scritto gli studi rappresentiamo diverse discipline storiche e ci siamo tutti specializzati su questo periodo. Scriviamo come studiosi ma per un pubblico più vasto. Trattiamo le rivolte popolari, le idee del popolo, lo scioglimento delle associazioni religiose e la chiusura di tutti i duecento monasteri e conventi nei paesi nordici, cosa è successo agli abitanti dei monasteri, come è stata articolata la nuova ideologia liturgica, il tentativo dei gesuiti di cercare di stabilirsi in Svezia e i giovani svedesi che hanno studiato per loro in altri paesi.

Quale importanza hanno avuto gli ordini religiosi per la fede cattolica?

Un’importanza molto grande. Soprattutto era importante denigrare e cacciare gli ordini mendicanti. Si trovavano nelle città e potevano contrastare la prima propaganda luterana che appariva proprio nelle città. Ho scritto un capitolo proprio su questo argomento. Da molte parti in Svezia c’è stata molta violenza durante la chiusura dei conventi. Leggendo le descrizioni si ha l’impressione che siano dei teppisti più che riformatori che entrano nei conventi. Tre dei francescani a Ystad muoiono mentre vengono cacciati. Evidentemente i frati venivano visti come un pericolo per i nuovi pensieri. L’ultimo convento che viene chiuso in Svezia è quello brigidino a Vadstena nel 1595. Con la sua chiusura la Chiesa cattolica perde la sua ultima base in Svezia.

Come storico, ex luterano e oggi prete cattolico, come vede il futuro del cristianesimo in Svezia?

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Non mi sono mai visto come ”luterano”. Già da adolescente ero ispirato dalla teologia cattolica e soprattutto dall’idea dei monasteri attraverso viaggi nel continente. Spero di poter operare come prete nella Svenska kyrkan in maniera ecumenica per avvicinarla alla Chiesa cattolica. Ma ho capito presto che si trattava di un’illusione, al contrario le differenze non facevano che aumentare. La mia famiglia si è convertita quasi 33 anni fa. Sono diventato prete cattolico quindici anni fa e sono stati anni fantastici. La Chiesa cattolica cresce nei paesi nordici, c’è fiducia nel futuro e molto entusiasmo, e allora è facile dimenticare che solo il 5 per cento della popolazione svedese va a una liturgia la domenica, e che il numero sta calando, tranne tra noi cattolici e tra gli ortodossi. Sono convinto che il cristianesimo avrà un futuro in Svezia, ma per il futuro più immediato si tratterà di una minoranza. Probabilmente in questa minoranza la Chiesa cattolica avrà un compito importante.