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Maternità surrogata, il Parlamento Europeo dice no

Parlamento Europeo | una plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo | Wikimedia Commons Parlamento Europeo | una plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo | Wikimedia Commons

No alla maternità surrogata. La netta presa di posizione viene dal Parlamento Europeo, che ha condannato la pratica della “surrogacy” nella sessione del 17 dicembre. La sessione riguardava l’adozione della “Relazione Annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo, e la politica dell’Unione in materia” e si riferiva al 2014. Nella relazione, una presa di posizione durissima contro la maternità surrogata, che si consiglia venga vietata e tratta come una questione di urgenza in materia di diritti umani.

Per maternità surrogata si intende la pratica per cui una donna porti avanti una gravidanza per conto di una persona e di una coppia sterile, alla quale si impegna di consegnare il bambino. La fecondazione può essere effettuata con seme e ovuli sia della coppia sterile che di donatori e di donatrici attraverso una fecondazione in vitro. Nel mondo, la maternità surrogata è attualmente permessa in Russia, India, Canada e otto Stati degli Stati Uniti.

L’adozione della relazione da parte del Parlamento Europeo rappresenta un momento focale del dibattito. Non lo chiuderà, ma sarà una presa di posizione dalla quale sarà difficile prescindere.

Al punto 114 della relazione approvata si legge che “la maternità surrogata mina la dignità umana della donna a partire dal suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono utilizzate come una merce”, e che per questo motivo “il Parlamento Europeo ritiene che la pratica della maternità surrogata gestionale che coinvolge lo sfruttamento riproduttivo e l’uso del corpo umano a scopo di involucro o altro, in particolare nel caso di donne in situazioni di fragilità nei paesi in via di sviluppo, sia vietata e trattata come una questione d’urgenza in materia di diritti umani.”

Negli Stati dell’Unione Europea, la maternità surrogata non è permessa, ma il dibattito è molto vivo. Anche perché è permessa in Russia, che non è parte dell’Unione Europea, ma parte del Consiglio d’Europa. In questi giorni si discute alla Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il caso Paradiso-Campanella, un caso di maternità surrogata praticata in Russia.

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In estrema sintesi, una coppia italiana sposata e residente nella provincia di Campobasso si era recata nella Federazione Russa e attraverso una società privata aveva ottenuto nel febbraio 2011 da una “madre surrogata” un bambino, che non ha alcun legame biologico con la coppia stessa, dato che non erano stati utilizzati gameti dell’uomo né della donna. Nonostante questo, la coppia ha potuto registrare il bambino come figlio della coppia. Ma il tribunale italiano ha rifiutato di registrare il bambino come figlio della coppia e, una volta riconosciuto che il bambino non aveva alcun legame biologico con la coppia, lo aveva affidato in adozione ad un’altra famiglia. Al momento della “sottrazione” alla coppia, il bambino aveva circa 8 mesi.

La II Sezione della Corte, nella sentenza del gennaio scorso, non ha disposto che il bambino ritornasse alla coppia che lo aveva “ottenuto” in Russia, poiché il piccolo aveva nel frattempo sviluppato legami con la nuova famiglia adottiva; ha tuttavia ritenuto che la magistratura italiana, stabilendo la sottrazione del bambino alla prima coppia, aveva violato l’art. 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo (diritto alla vita privata e familiare) senza tener conto “dell’interesse superiore del bambino”.

La Corte ha precisato che non si trattava di approvare la tecnica della maternità surrogata (Surrogate Moterhood), ma di riconoscere che durante i sei mesi di permanenza del bambino con la prima coppia italiana si erano creati legami di tipo familiare.

In pratica, se venisse confermata questa sentenza, verrebbe riconosciuto il formarsi di una unità familiare a seguito i una convivenza durata sei mesi con un bambino. Il rischio è anche quello di avallare pratiche che si configurano come un vero e proprio traffico internazionale di bambini.

Non c’è solo il dibattito alla Grande Chambre. L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa sta analizzando la relazione su “Diritti umani e questioni etiche legate alla maternità surrogata”, già discussa a novembre e poi rinviata a gennaio. Inoltre, la Conferenza dell’Aja di Diritto Privato Internazionale lavora dal 2011 sul tema della maternità surrogata in vista della redazione di una Convenzione.

Per questo, la presa di posizione del Parlamento Europeo può considerarsi cruciale. È stata accolta con grande favore della FAFCE (la Federazione delle Associazioni delle Famiglie Cattoliche, l’unica Ong di ispirazione cattolica accreditata presso il Parlamento Europeo) che sottolinea come l’adozione di questa risoluzione confermi “la chiara posizione che questa istituzione ha già adottato in materia nel corso del 2011 con la risoluzione sulle priorità e definizioni di un nuovo quadro strategico dell'UE per combattere la violenza contro le donne, riconoscendo ‘il grave problema della maternità surrogata, che costituisce uno sfruttamento del corpo femminile e dei suoi organi riproduttivi’ nonché un’occasione per aumentare ‘il traffico di donne e di bambini e le adozioni illegali attraverso i confini nazionali’”.

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La relazione approvata dal Parlamento non manca di qualche nota critica. Sottolinea il COMECE (la Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea) che “alcuni paragrafi del rapporto sollevano preoccupazione” riguardo il principio di sussidiarietà su alcuni valori fondamentali “che riguardano la protezione del matrimonio e della vita umana”.