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“Memoria, fedeltà e preghiera.” La consegna di Papa Francesco ai preti dell’Uganda

Papa Francesco nella cattedrale di Kampala | Papa Francesco parla ai seminaristi e sacerdoti dell'Uganda, Cattedrale di Kampala, Uganda, 28 novembre 2015 | CTV Papa Francesco nella cattedrale di Kampala | Papa Francesco parla ai seminaristi e sacerdoti dell'Uganda, Cattedrale di Kampala, Uganda, 28 novembre 2015 | CTV

“Memoria, fedeltà e preghiera.” In un breve discorso tutto a braccio, Papa Francesco dà il suo mandato a sacerdoti e seminaristi dell’Uganda, accorsi per incontrarlo nella Cattedrale di Kampala. E la preghiera include il “riconoscersi peccatori”, aggiunge Papa Francesco, ammonendo i sacerdoti “non vivere una doppia vita”. Tre pilastri sui quali basare la Chiesa ugandese, in modo che “la perla d’Africa continui ad essere la perla d’Africa”.

La cattedrale di Kampala è un luogo storico del cattolicesimo ugandese. È conosciuta come la Cattedrale Rubaga, e i cattolici di laggiù sono anche conosciuti in lingua locale come “aba’rubaga”, ovvero “quelli di Rubaga. Il posto, in realtà, si chiamava “Lubaga”, ma i Padri Bianchi che arrivarono ad evangelizzare la zona avevano difficoltà a pronunciarne il nome, e cambiavano la L in R. Sorge dove sorgeva un antico palazzo principesco, ed è un vero riferimento per i cattolici di Uganda.

Spiega al Papa il vescovo John Baptist Kaggwa, di Masaka, che il posto dove sedeva il re Muteesa I, che “diede il benvenuto ai primi missionari cattolici nel suo regno e diede loro il permesso di evangelizzare il suo popolo”, e che “quando si trasferì, donò questa collina ai missionari cattolici che si stabilirono lì”. Ora – spiega poi Matthew Okun Lagoro, presidente dell’Associazione dei Sacerodti Ugandesi – ci sono 1562 tra preti e missionari, che si sono sviluppati “dal 1913, quando la Chiesa in Uganda fu benedetta da Dio con I primi due sacerdoti diocesani a Sud del Sahara”, ovvero padre Victor Mukasa e Basilio Lumu.

Sono molte le vocazioni: ci sono 204 studenti nel seminario di Ggaba, 175 in quello di Kinyamasika, 203 in quello di St. Mbaaga, 216 ad Alokolu, 265 a Katigondo e 185 nel seminario PCJ.

Logico che si tenga lì l’incontro di Papa Francesco con sacerdoti e seminaristi. Papa Francesco mette da parte il discorso scritto, e lascia “tre parole” (tres palabras) a sacerdoti e future sacerdoti ugandesi. È la sua consegna per loro, al momento di lasciare l’Uganda.

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La prima parola è “memoria.” “Nel libro del Deuteronomio, Mosè ripete molte volte: non dimenticatevi tutto quello che Dio ha fatto per il popolo. La prima cosa che voglio chiedervi è che teniate la grazia della memoria. Come ho detto ai giovani: per il sangue dei cattolici ugandesi passa il sangue dei martiri. Non perdete la memoria di questa grazia, perché possiate coltivarla e crescerla”.

Spiega Papa Francesco che “il principale nemico della memoria è la dimenticanza, ma non è il più pericoloso. Il nemico più pericoloso della memoria è abituarsi. La Chiesa in Uganda non può adagiarsi sul ricordo dei martiri. Martire significa testimone. La Chiesa in Uganda per essere fedele alla sua memoria deve seguire questa memoria, non deve vivere di rendita. La gloria passata c’è stata al principio, ma voi dovete fare la gloria futura. Questo è l’incarico che vi dà la Chiesa: Siate testimoni, come furono testimoni i martiri che hanno dato la vita per il Vangelo”.

Seconda consegna: la fedeltà. Afferma il Papa: “Fedeltà alla memoria, fedeltà alla propria vocazione, fedeltà allo zelo apostolico. La fedeltà significa seguire il cammino della santità. Fedeltà significa fare quello che si è fatto in passato: essere buoni testimoni”.

Papa Francesco ricorda che “in Uganda ci sono diocesi con molti sacerdoti, e diocesi che ne hanno pochi. Fedeltà significa offrirsi al vescovo per le diocesi che hanno bisogno di clero. Questo non è facile. Fedeltà significa perseveranza nella vocazione”. E poi, fedeltà ai poveri. Papa Francesco fa l’esempio della Casa delle Sorelle della Misericordia, e ricorda che ci vuole “fedeltà ai poveri, agli infermi, ai disabili, perché Cristo è lì”.

Sostiene Papa Francesco: “L’Uganda è stata benedetta dal sangue dei martiri, è necessario seguire quell’esempio, da lì nuove sfide, nuovi testimoni, nuove missioni! Altrimenti si andrà a perdere la grande ricchezza che avete e la perla dell’Africa terminerà custodita in un museo, perché il demonio attacca così, poco a poco”.

Ma la fedeltà – e qui sta la ‘terza parola’ – “solamente è possibile con la preghiera. Un prete, un religioso che non prega molto perché non ha tempo, rischia di perdere la memoria.La preghiera significa anche umiliazione, che significa andare sempre dal confessore. Per confessare tutti i peccati. Non si può camminare su due strade diverse! I sacerdoti e le religiose non possono vivere una doppia vita! Se zoppichi da una parte o dall’altra, chiedi perdono! Ma non tenete nascosto quello che Dio non chiede. Non tenete nascosta la falsa fedeltà. Non tenete nell’armadio la memoria!”.

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Conclude il Papa: “La preghiera sempre inizia con il riconoscersi peccatore. Con queste tre colonne la Perla dell’Africa continuerà ad essere una perla”.