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"Missionari, davanti a voi sta un peccatore pentito, non il peccato"

Papa Francesco in Sala Regia | Papa Francesco parla ai missionari della misericordia in Sala Regia, Palazzo Apostolico Vaticano, 9 febbraio 2016 | CTV
Papa Francesco in Sala Regia | Papa Francesco parla ai missionari della misericordia in Sala Regia, Palazzo Apostolico Vaticano, 9 febbraio 2016 | CTV
Papa Francesco in Sala Regia | Papa Francesco parla ai missionari della Misericordia in Sala Regia, Palazzo Apostolico Vaticano, 9 febbraio 2016 | CTV
Papa Francesco in Sala Regia | Papa Francesco parla ai missionari della Misericordia in Sala Regia, Palazzo Apostolico Vaticano, 9 febbraio 2016 | CTV

“Davanti a noi c’è una persona nuda, con la sua debolezza e i suoi limiti, con la vergogna di essere un peccatore. Non dimentichiamo: dinanzi a noi non c’è il peccato, ma il peccatore pentito”. Papa Francesco incontra i poco più di mille missionari della misericordia nella Sala Regia del Palazzo Apostolico, e a loro, in un breve discorso, offre alcune riflessioni sulla confessione e sul modo in cui va svolta. E menziona anche la confessione del 21 settembre del 1953, “che ha riorientato la mia vita. Non ricordo cosa ha detto, ma solo un sentimento di pace. Per me quel ricordo è fonte di gioia”.

Sono 1080 (dovevano essere 800, ma le richieste sono state tantissime) e provengono da tutto il mondo. Ce ne sono anche alcuni che provengono dalle Chiese orientali. A loro, per il solo anno giubilare della misericordia, viene data facoltà di assolvere i peccati riservati alla Sede Apostolica, ovvero da cui può assolvere solo il Papa. Si tratta della profanazione dell’eucarestia, la violenza fisica contro la persona del Papa, l’assoluzione del complice nei peccati contro il sesto comandamento (ovvero, l’assoluzione da parte del sacerdote di chi ha compiuto rapporti con lui), la violazione diretta del sigillo sacramentale da parte del confessore, e il conferimento della consacrazione episcopale da parte di un vescovo privo del mandato pontificio. Stando alla lettera di mandato consegnata ai missionari della misericordia dall’arcivescovo Rino Fisichella, solo quest’ultimo peccato non può essere sciolto dai missionari della misericordia.

Papa Francesco ricorda loro che “essere missionario della misericordia è una responsabilità che vi viene affidata, perché vi chiede di essere in prima persona testimoni della vicinanza di Dio e del suo modo di amare”. E non “il nostro modo, sempre limitato e a volte contraddittorio, ma il suo modo di amare e perdonare, che è appunto la misericordia”.

Il Papa svolge la riflessione su tre punti. Prima di tutto, chiede ai missionari di esprimere la “maternità della Chiesa”, la quale è madre perché “genera sempre nuovi figli nella fede, nutre la fede e offre il perdono di Dio, rigenerando a una nuova vita, frutto della conversione”. Che un penitente non percepisca la maternità della Chiesa “è un rischio che non possiamo correre”, ammonisce il Papa. Si tratterebbe “di un danno grave, in primo luogo per la fede stessa, perché impedirebbe al penitente di vedersi inserito nel Corpo di Cristo”, e poi perché “limiterebbe il sentirsi parte di una comunità” da parte del penitente”. Dunque “entrando nel confessionale, ricordiamoci sempre che è Cristo che accoglie, è Cristo che perdona, è Cristo che dona la pace. Noi siamo suoi ministri, e per primi abbiamo bisogno sempre di essere perdonati da lui”.

I missionari della misericordia devono poi anche saper guardare “al desiderio di perdono presente nel cuore del penitente”, che è “un desiderio frutto della grazia e della sua azione nella vita delle persone, che permette di sentire la nostalgia di Dio, del suo amore e della sua casa”. Questo è all’inizio della conversione – sottolinea il Papa – perché “il cuore si rivolge a Dio riconoscendo il male compiuto, ma con la speranza di ottenere il perdono”, poi viene rafforzato dalla decisione “di cambiare vita e non voler peccare più”. Il Papa invita a comprendere "non solo il linguaggio della parola, ma anche quello dei gesti... perché forse la persona non riesce a dirlo, ma lo dice con il gesto di venire... se qualcuno viene da te è perché vorrebbe non cadere in queste situazioni, ma non osa dirlo, ha paura di dirlo e di non poter farlo. Se non riesce a farlo, ad impossibilia nemo tenetur, e il Signore capisce questo". 

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Continua il Papa: "Il linguaggio dei gesti, le braccia aperte, per capire cosa c'è dentro il cuore". 

Il terzo aspetto che il Papa chiede di non trascurare è la vergogna dei penitenti, perché “non è facile porsi dinanzi a un altro uomo, pur sapendo che rappresenta Dio, e confessare il proprio peccato”. “Si prova vergogna per quanto si è compiuto, sia per doverlo confessare ad altro. La vergogna è un sentimento intimo che incide nella vita personale e richiede da parte del confessore un atteggiamento di rispetto e di incoraggiamento”, dice il Papa.

È la vergogna di Adamo ed Eva, che si unisce al fatto che anche un uomo giusto – come successe a Noè, che si ubriacò – può peccare, spiega il Papa. Ed è per questo che il ruolo del confessore è “importante”, e noi “non siamo chiamati a giudicare, con un senso di superiorità, come fossimo immuni dal peccato”, ma siamo chiamati “ad agire come Sem e Jafet, i figli di Noé, che presero una coperta per mettere il proprio padre al riparo della vergogna”.

Insomma, “non è dunque con la clava del giudizio che riusciremo a riportare la pecorella smarrita all’ovile, ma con la santità di vita che è principio di rinnovamento e di riforma nella Chiesa”.

Sottolinea il Papa: “La santità si nutre di amore e sa portare su di sé il peso di chi è più debole. Un missionario della misericordia porta sulle proprie spalle il peccatore, lo consola con la forza della compassione”.

Aggiunge il Papa: "Ci sono tante persone che dicono: 'Io non ci vado perché il prete mi ha bastonato, mi ha rimproverato tanto... sono andato e il prete mi ha fatto domande oscure, di curiosità'. Questo non è il buon pastore, è il giudice che crede che lui non ha peccato o è il povero uomo malato che con le domande è incuriosito". 

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Prosegue il Papa a braccio: "A me piace dire ai confessori: se non te la senti di essere padre, dimettiti, fai un'altra cosa, perché si può fare tanto male ad un'anima se non viene accolta con cuore di padre, con cuore della madre Chiesa".

Ricorda il Papa: "Alcuni mesi fa, parlavo con un saggio cardinale della Curia Romana sulle domande che alcuni preti fanno in confessione... e lui mi ha detto: 'Quando comincia una persona e vedo che vuole buttare fuori e capisco cosa vuole dire, allora dico: ho capito, vai avanti'. Questo è un padre".