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Paolo VI in Africa, cinquanta anni dopo. Il riconoscimento dell’Uganda

Il Parlamento dell’Uganda riconosce il contributo di Paolo VI nel diffondere la religione in Uganda

Paolo VI in Uganda | Immagini di archivio della visita di Paolo VI in Uganda  | PD Paolo VI in Uganda | Immagini di archivio della visita di Paolo VI in Uganda | PD

Cinquanta anni fa, San Paolo VI fu il primo Papa nella storia a mettere piede in Africa in un viaggio internazionale. Lo scorso 24 luglio, il Parlamento ugandese, la nazione che visitò, ha tributato un omaggio al Papa, con una mozione che riconosce il suo contributo nella diffusione della religione in Uganda.

La mozione è stata avanzata dal parlamentare Lucy Akello, alla presenza dei vescovi che sono riuniti in Uganda per le celebrazioni del giubileo d’oro del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar. Fu proprio Paolo Vi ad inaugurare il simposio.

Akello ha detto che la visita di Paolo VI in Uganda contribuì allo sviluppo della fede nella nazione perché canonizzò 22 martiri cattolici, cosa che portò alla proclamazione del 3 giugno come giornata dei martiri di Uganda. Secondo Akello, Paolo VI dovrebbe essere onorato insieme all’allora arcivescovo di Kampala Joseph Kiwanuka.

La mozione è stata appoggiata dal parlamentare Thomas Tavebwa, mentre Moses Ali, il primo vice-primo ministro ha detto di voler tributare un omaggio ai missionari che hanno portato la religione” e il leader dell’opposizione Betty Aol Ochan ha chiesto ai parlamentari di sensibilizzare le masse su come crescere bambini religiosi che possano restaurare i valori della città.

Il dibattito parlamentare testimonia l’impatto che ebbe il viaggio in Uganda di Paolo VI. Da arcivescovo di Milano, era stato in Rhodesia, in Sudafrica (a Pretoria), in Ngieria e Ghana, per un mese tra le missioni e nei cantieri dei lavoratori milanesi tanto impegnati in quelle terre. Era il 1962. Eletto Papa, nel 1964 canonizzò i 22 martiri ugandesi che erano stati beatificati da Benedetto XV. A uno di questi martiri, Carlo Lwanga, era stato arso vivo a Namugongo, da dove Paolo VI cominciò il suo viaggio, consacrando l’altare del luogo del martirio.

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Viaggio breve, dal 31 luglio al 2 agosto, ma molto intenso. Già esordendo, notò che la Chiesa non sarebbe rimasta “spettatrice passiva dell’Africa”, e si augurò che la presenza del Papa potesse “dare inizio all’immen­so movimento di amore fraterno, che trasformi la pace e il progresso dei popoli da meta ideale a trionfante realtà”.

Nella cattedrale di Kampala, alla presenza di cinque capi di Stato e dei vescovi del SECAM, Paolo VI disse: “Voi ormai siete missionari di voi stessi. Missio­nari di voi stessi: cioè voi africani do­vete proseguire la costruzione della Chiesa in questo continente...”.

L’1 agosto Paolo VI continuava il viaggio a Kololo Terrace per la con­sacrazione di dodici vescovi africa­ni – il numero degli apostoli – , cui il Papa chiese di “costruire la Chiesa” e “prestare il vostro servizio per aiutare la costruzione della società civile, sebbene liberi da impegni politici e da interessi tem­porali”.

Paolo VI fu anche in Parlamento, a Kampala, su invito del presidente ugandese Milton Obote, e lì parlò di pace e sviluppo, sostenne che la Chiesa poteva dare il suo contributo, perché “nulla vi toglie, e vi por­ta, con il suo sostegno morale e pra­tico, l’unica, la vera, la somma inter­pretazione della vita umana nel tem­po e oltre il tempo, quella cristiana”.

Altri incontri di Paolo VI furono quello con i diplomatici, quello con gli abitanti del vilaggio di Mengo durante il quale parlò di cooperazione internazionale e aiuto allo sviluppo, quello con i rappresentanti dell’Islam e con i membri dell’Azione Cattolica. Paolo VI inaugurò anche il nuovo ospedale cattolico a Ribaga e visitò quello do Mulogo.

Il 2 agosto, Paolo VI dedicò una giornata di memoria ed ecumenismo ai martiri ugandesi, associandovi anche gli anglicani. Disse Papa Paolo VI: “Nello spirito di ecumenismo dei martiri, noi non possiamo risolvere le nostre differenze attraverso una semplice riconsiderazione del pas­sato, o un giudizio su di esso. Invece, noi dobbiamo andare avanti nella fi­ducia che ci verrà data nuova luce per guidarci alla nostra meta”.

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Durante quel viaggio, la Santa Sede tentò anche una mediazione per la risoluzione del conflitto tra Nigeria e Biafra. Fu Paolo VI a guidare i colloqui.