L’“amore di Dio” è “fedele”, “ricrea tutto” ed “è stabile e sicuro”. “Quante volte noi sentiamo di non farcela più! Ma Lui è accanto a noi con la mano tesa e il cuore aperto”. Perché “di fronte all’uomo che grida: ‘Non ce la faccio più’, il Signore gli va incontro, offre la roccia del suo amore, a cui ognuno può aggrapparsi sicuro di non cadere”. E’ la riflessione del Papa durante la Messa a Torino, dopo la preghiera silenziosa davanti alla Sindone.

Arriva presto Papa Francesco in Piazza Vittorio. E trova il tempo di salutare uno per uno concelebrati e tanti fedeli, molti disabili, presenti nelle prime file. Durante l’omelia il Papa pone alcune questioni ai circa 60mila fedeli accorsi da tutto il Piemonte e dal Nord Italia.

“Possiamo chiederci se oggi siamo saldi su questa roccia che è l’amore di Dio” dice il Papa. E ancora: “Come viviamo l’amore fedele di Dio verso di noi. Sempre c’è il rischio di dimenticare quell’amore grande che il Signore ci ha mostrato”.

Come cristiani bisogna rifuggire un “rischio”: “lasciarci paralizzare dalle paure del futuro e cercare sicurezze in cose che passano, o in un modello di società chiusa che tende ad escludere più che a includere”.

Papa Bergoglio parla ai presenti come ai suoi concittadini. Cita “i nostri antenati”, un “poeta nostro”, parla dell’“essere roccia” e della “solidità”. Ma soprattutto ricorda i tanti Santi sociali e li porta ad esempio. “In questa terra sono cresciuti tanti Santi e Beati che hanno accolto l’amore di Dio e lo hanno diffuso nel mondo, santi liberi e testardi”.

“Sulle orme di questi testimoni, anche noi possiamo vivere la gioia del Vangelo praticando la misericordia – dice -; possiamo condividere le difficoltà di tanta gente, delle famiglie, specialmente quelle più fragili e segnate dalla crisi economica”.

“Le famiglie – aggiunge - hanno bisogno di sentire la carezza materna della Chiesa per andare avanti nella vita coniugale, nell’educazione dei figli, nella cura degli anziani e anche nella trasmissione della fede alle giovani generazioni”.

Tanti sono gli interrogativi per il Papa, ma hanno una sola risposta. “Come allora sul lago di Galilea, anche oggi nel mare della nostra esistenza Gesù è Colui che vince le forze del male e le minacce della disperazione. La pace che Lui ci dona è per tutti; anche per tanti fratelli e sorelle che fuggono da guerre e persecuzioni in cerca di pace e libertà”.

“Riconoscere i propri limiti, le proprie debolezze - dice Papa Francesco - è la porta che apre al perdono di Gesù, al suo amore che può rinnovarci nel profondo, che può ri-crearci”. Così “la salvezza può entrare nel cuore quando noi ci apriamo alla verità e riconosciamo i nostri sbagli, i nostri peccati; allora facciamo esperienza, quella bella esperienza di Colui che è venuto non per i sani, ma per i malati, non per i giusti, ma per peccatori; sperimentiamo la sua pazienza, la sua tenerezza, la sua volontà di salvare tutti”, aggiunge.

C’è un “segno”, che indica che siamo “diventati nuovi”, “siamo stati trasformati dall’amore di Dio”: “è il sapersi spogliare delle vesti logore e vecchie dei rancori e delle inimicizie per indossare la tunica pulita della mansuetudine, della benevolenza, del servizio agli altri, della pace del cuore, propria dei figli di Dio. Lo spirito del mondo è sempre alla ricerca di novità, ma soltanto la fedeltà di Gesù è capace della vera novità, di farci uomini nuovi”.

“Ieri avete festeggiato la Beata Vergine Consolata – conclude il Papa -, la Consola’, che “è lì: bassa e massiccia, senza sfarzo: come una buona madre”. Affidiamo alla nostra Madre il cammino ecclesiale e civile di questa terra”.