Il triduo pasquale “centro della fede e della vita della Chiesa” e “occasione per entrare pienamente nel mistero della morte e risurrezione di Gesù”.

Ma anche il ricordo di San Giovanni Paolo II di cui domani ricorrono i dieci anni dalla morte: “Lo ricordiamo come grande Testimone di Cristo sofferente, morto e risorto, e gli chiediamo di intercedere per noi, per le famiglie, per la Chiesa, affinché la luce della risurrezione risplenda su tutte le ombre della nostra vita e ci riempia di gioia e di pace”.

E poi un pensiero al martirio di don Andrea Santoro, “eroico testimone dei nostri tempi”: “Questo esempio, e tanti altri, ci sostengano nell’offrire la nostra vita come dono d’amore ai fratelli, ad imitazione di Gesù””, perché “anche oggi  ci sono tanti uomini e donne, veri martiri, che offrono la loro vita con Gesù, per confessare la fede, solo per quel motivo. E’ un servizio, servizio della testimonianza cristiana fino al sangue, come ha fatto Cristo”.

Udienza del mercoledì molto intensa per Papa Francesco. Da domani in tutte le Chiese del mondo si celebrerà il triduo pasquale, in cui si commemora la passione, morte e risurrezione di Gesù. Su una parola contenuta nei Vangeli, pronunciata da Gesù sulla Croce, il Papa torna con insistenza. “Che bello che sarà che tutti noi, alla fine della nostra vita, con i nostri sbagli, con i nostri peccati, le nostre buone opere, l’amore al prossimo, possiamo dire al Padre: ‘È compiuto!’”. E ha continuato: “Anche noi, come Gesù, potremo dire al Padre: “È compiuto”. “Non con la perfezione che ha avuto lui”, ha precisato Francesco, “ma dicendo al Padre: ‘Ho fatto tutto quello che ho potuto fare. È compiuto’”.

“Adorando la Croce, adorando Gesù – ha continuato a braccio il Papa - pensiamo all’amore, pensiamo al servizio nella nostra vita, ai martiri cristiani”. “Ci farà bene pensare alla fine della nostra vita”, il consiglio del Papa: “Nessuno di noi sa quando avverrà questo, ma possiamo chiedere la grazia di poter dire al Padre: ho fatto quello che ho potuto. È compiuto”.

La Liturgia del Venerdì Santo, allora, ci insegna “che cosa significa questa parola”, “è compiuto”: “Significa che l’opera della salvezza è compiuta, che tutte le Scritture trovano il loro pieno compimento nell’amore del Cristo, Agnello immolato. Gesù, col suo Sacrificio, ha trasformato la più grande iniquità nel più grande amore”.

Il Papa passa in rassegna le celebrazioni del triduo. Ma è nel sabato santo, giorno in cui “la Chiesa, ancora una volta, si identifica con Maria”, che capiamo come “nell’oscurità che avvolge il creato, Ella rimane sola a tenere accesa la fiamma della fede, sperando contro ogni speranza nella Risurrezione di Gesù”.

E da Lei dobbiamo prendere esempio: “A volte il buio della notte sembra penetrare nell’anima; a volte pensiamo: “ormai non c’è più nulla da fare”, e il cuore non trova più la forza di amare… Ma proprio in quel buio Cristo accende il fuoco dell’amore di Dio: un bagliore rompe l’oscurità e annuncia un nuovo inizio”.

E’ l’inizio della Pasqua: “In questa santa notte la Chiesa ci consegna la luce del Risorto – ha detto Francesco -, perché in noi non ci sia il rimpianto di chi dice “ormai…”, ma la speranza di chi si apre a un presente pieno di futuro: Cristo ha vinto la morte, e noi con Lui”. La nostra vita non finisce davanti alla pietra di un sepolcro; va oltre con la speranza al Cristo che è risorto proprio da quel sepolcro”.