“Oggi in Italia, 4 milioni di persone sotto la soglia della povertà alimentare e il numero degli indigenti alimentari in Italia è in continuo aumento”. La Caritas e la Chiesa italiana provano ad arginare il problema ed  “Expo 2015 intende immaginare un’altra giustizia alimentare, mettere a confronto Paesi di diverse aree geografiche su come migliorare la food security. Ma anche ripensare il ruolo di scienza e ricerca, indispensabili allo sviluppo di tecnologie per la gestione dei rischi”.

Per Mons. Domenico Pompili, “è utile conoscere quel che le chiese che sono in Italia già fanno per garantire l’alimentazione a chi ne è privo. In tal modo la partecipazione della CEI ad Expo 2015 accanto alla Santa Sede e alla diocesi ambrosiana esprime un impegno che va oltre il tempo della prossima Esposizione Universale di Milano”.

Il Sottosegretario della Cei ha presentato l’impegno dei vescovi italiani per porre a tema la questione della povertà, offrendo un contributo alla prossima Esposizione universale milanese al via dal primo maggio.

D’Altronde, “in termini di progettualità sviluppate dalla rete ecclesiale e in particolare dalle Caritas – ha ricordato Pompili intervenendo presso la Sala Stampa della Santa Sede per presentare il padiglione vaticano- si possono distinguere, da un lato, quelle sul piano culturale per sensibilizzare le comunità sul corretto uso dei beni alimentari e, dall'altro, quelle orientate ad attivare processi e percorsi tradizionali e innovativi per il reperimento delle scorte alimentari da destinare ai poveri”.

Nel 2014 si sono registrati picchi vertiginosi di richiesta di pacchi alimentari presso i Centri ascolto della Caritas italiana, che rappresentano il 73% delle richieste fatte a questo tipo di strutture assistenziali, “circa due terzi degli interventi inerenti beni e servizi primari avevano riguardato l’ambito alimentare”.

“L’aumento di persone che richiedono aiuti alimentari – ha detto ancora il Sottosegretario Cei - è dunque sintomo di un problema anzitutto di natura economica. Poiché alcuni costi sono difficilmente comprimibili - le bollette, l’affitto, le rate di un debito o di un mutuo - per far quadrare le spese si taglia laddove, pur con sofferenza, si può tagliare: istruzione, salute e, appunto, cibo. E così sempre più persone, strette nella morsa della crisi, rinunciano in toto o in parte agli acquisti alimentari, rivolgendosi poi a enti caritatevoli per sopperire a queste mancanze”.