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San Giuseppe Benedetto Labre: la santità sulle strade del Vangelo

Fu terziario Francescano e Trinitario

San Giuseppe Benedetto Labre |  | pubblico dominio San Giuseppe Benedetto Labre | | pubblico dominio

A Roma, entrando nella chiesa di Santa Maria ai Monti, in via dei Serpenti, sulla sinistra dell'altare maggiore si scorge il corpo di San Giuseppe Benedetto Labre.

Il  suo nome è legato al suo essere stato un vero cristiano. La vocazione che seguì fu dura ed aspra, come l'esistenza che condusse e lo portò umile fra i più umili e povero fra i più poveri.

Il Labre nacque ad Amettes, in Francia, il 26 marzo 1748 da una famiglia di modeste condizioni. Dotato di una grande fede, adolescente chiese di entrare, più volte, in un monastero presso i Padri trappisti e Certosini, ma fu rimandato a casa. 

Il dolore, la delusione per  il sogno infranto ed il desiderio del chiostro si allontanavano dal proprio orizzonte, ma questo non gli impedì di poter realizzare un'altra vocazione, ancor, più unica e speciale:quella di essere il vagabondo di Dio

Fu cosi che, mentre si trovava nella cittadina di Chieri, in quel 1770, pensò che poteva davvero vivere come gli Apostoli e San Francesco di Assisi avevano sperimentato. E cosi fece.

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Abbandonate per proprie sicurezze e fidandosi della Provvidenza, che non lascia nessuno, percorse a piedi molti chilometri, visitando i più importanti Santuari d'Europa. 

Vivrà come un mendicante chiedendo l'elemosina e dividendo il poco che aveva con i molti nella sua stessa condizione. 

Il suo cuore si aprì all'altro, sentendosi e vivendo una fraternità, fatta di amore ed illuminata dalla parola del Vangelo.

A Roma, nella quale si stabilì, viveva per le strade e nelle chiese, nelle quali era assiduo nella preghiera. Era conosciuto da tutti, per il suo modo, di essere che non aveva nulla di eccezionale se non quegli occhi che testimoniavano il cielo.

Chi lo vedeva sapeva che era un autentico santo, tanto da essere soprannominato il povero delle Quarantore o il pellegrino della Madonna. 

Non c'era manifestazione di preghiera che ne subiva l'assenza, ne che lo perdesse per strada. Attivo, nella pietà, la sua vita fu Cristo ed il suo domani quel Regno che si può possedere anche in terra, alzando lo sguardo.

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Innamorato della Madonna ne sentiva la figliolanza, recitando il Piccolo ufficio o facendo delle   penitenze alle molte vissute.

Il suo comportamento esteriore era motivo di impegno per la vita di tutti:popolo, personaggi illustri ed altri prendevano a modello quest'uomo dallo sguardo buono e dalla vita integerrima e serena.

Dormiva sotto uno degli archi del Colosseo. 

Vestiva dimesso, per la condizione che ricopriva ed il suo unico possesso era dato da un Vangelo, un breviario e l'Imitazione di Cristo che portava nel sacco. 

Il Santo rosario lo teneva al collo, ma di più nelle mani, dedite all'orazione.

La povertà, da molti rifuggita e da altri temuta, fu la compagna della vita del Labre, che non gli impedì di lodare Dio. 

Un laico, un povero, un ultimo divenne un primo in quel Regno, in cui gli ultimi sono ben accolti. Alla povertà di mezzi unì una grande ricchezza interiore. 

Di lui abbiamo un solo ritratto, colto a forza, da un pittore che gli chiese di posare per l'immagine del Cristo ed accettò per l'amore che portava al Redentore.

La miseria non lo limitò e la santità lo stimò ad amare Dio.

Era un Terziario Francescano e Trinitario. Seguì i fondatori di questi Ordini, immedesimandosi in quelle spiritualità che fanno del dono un segno di amore.

La sua fu una vocazione, unica ed originale, nella storia della Chiesa. Per questo è stato proclamato Patrono dei bisognosi e dei mendicanti, proprio per il genere di vita concretizzato. 

Ed è bello sentirlo vicino, negli inspiegabili no che la vita, alle volte, pone all'esistere.

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Nel dolore, nella sofferenza o in quelle pieghe , sconosciute dell'essere, il Labre insegna ad vivere il vangelo ed ad essere sereni, conoscendo la strada che conduce al Padre.

Molti non lo capirono ed altri non lo accolsero, ma su tutto, quest'uomo fece brillare lo stendardo della Carità, immagine della verità.

Il 16 aprile 1783 colto da malore, spirò, dopo essersi sentito male nella chiesa di Santa Maria ai Monti, che oggi ne ospita le spoglie. La sua ultima parola fu Gesù, tanto amato in vita ed ora contemplato per sempre nel cielo. Aveva solo 35 anni e tutti spesi per Dio.