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Santa Sede fuori dal Global Freedom Network. "Non si può strumentalizzare il Papa"

Firma della dichiarazione anti tratta | Firma della dichiarazione anti tratta, Sala Stampa della Santa Sede, 17 marzo 2015 | Global Freedom Network Firma della dichiarazione anti tratta | Firma della dichiarazione anti tratta, Sala Stampa della Santa Sede, 17 marzo 2015 | Global Freedom Network

Uno dei cuori dell’impegno di Papa Francesco è la lotta al traffico di esseri umani. Anche per andare incontro a questa volontà del Papa, la Santa Sede si era impegnata nel Global Freedom Network, l’alleanza interreligiosa per la lotta alla tratta degli esseri umani proposta dal magnate australiano Andrew Forrest. Ma ora, la Santa Sede si è tirata fuori dal network, come ha confermato l’arcivescovo Marcelo Sanchez Sorondo, arcivescovo della Pontificia Accademia delle Scienze.

La spiegazione? “Non vogliamo essere strumentalizzati: un businessman ha tutto il diritto di fare soldi, ma non utilizzando il Papa,” ha spiegato il presule senza entrare nei dettagli.

La scelta è “avvenuta da tempo,” ma senza clamori. Quando la Santa Sede decise di entrare nel Global Freedom Network proposto dall’imprenditore minerario Andrew Forest, ci fu un grande evento in Sala Stampa Vaticana. Una dichiarazione congiunta contro la schiavitù fu sottoscritta dall’arcivescovo Sanchez per la Santa Sede, dall’arcivescovo David Moxon per conto dell’arcivescovo di Canterbury, e dal dottor Mahmoud Azab in rappresentanza del Grande Imam di al Azhar, in Egitto.

Successivamente, presso la Casina Pio IV si era tenuto un incontro video conferenza in occasione della Prima Giornata Mondiale per la lotta alla schiavitù, che aveva coinvolto l’ambasciatore sul traffico degli esseri umani USA Luis Cdebaca – ora in altro incarico in Segreteria di Stato – l’ambasciatore statunitense presso la Santa Sede Ken Hackett, e ancora l’arcivescovo Sanchez.

Pochi mesi dopo, a dicembre scorso sempre in Vaticano, si erano riuniti con papa Francesco esponenti di spicco di varie religioni – islam, ebraismo, induismo, buddismo – e di altre confessioni cristiane (a partire dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e dal patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, collegato via video) per la firma di una dichiarazione congiunta. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon aveva mandato un messaggio di sostegno.

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Tutte iniziative fortemente sostenute dall’arcivescovo Sanchez, che ha destinato buona parte dello sforzo della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali sui temi del traffico di esseri umani, fedele al mandato che Papa Francesco gli aveva dato attraverso un biglietto manoscritto proprio all’inizio del pontificato.

Ma a cosa si riferisce Sanchez quando parla di strumentalizzazione?

Le iniziative di Forrest, ricchissimo grazie alle miniere, sono state molto criticate in patria da alcuni attivisti anti-tratta, che contestano al miliardario australiano un approccio semplicistico al problema della tratta In particolare, sottolineano che la Walk Free Foundation e il Global Slavery Index ritengono che questi problemi possano essere risolti facendo pressione sui governi attraverso petizioni firmate da giovani che vanno alle corporazioni, e punendo chi offende. I detrattori sostengono ci sia bisogno di un approccio di più ampio respiro, basato anche su politiche sociali inclusive e l’aumento del salario minimo.

Ad ogni modo, i motivi della defezione dell’arcivescovo Sanchez Sorondo dal board del Global Freedom Network – che tra l’altro non si è mai riunito – dovrebbero riguardare temi più profondi delle mere critiche che Forrest si trova ad affrontare.

Sempre la ABC australiana ha annunciato qualche giorno fa che la Fondazione Minderoo, una sorta di ‘ombrello’ per tutte le charities di Andrew Forrest, ha perso 50 milloni di dollari australiani negli ultimi tempi, ovvero il 50 per cento dei suoi investimenti totali. Questo è dovuto al fatto che i fondi delle charities sono strettamente legati alla compagnia mineraria di Forest Fortescue Metal Group, e che il 40 per cento degli investimenti delle charities sono configurati come azioni della stessa compagnia. Con il crollo del prezzo del ferro, il prezzo delle azioni è crollato da 4,80 dollari a circa 1,75 dollari in soli 12 mesi, e questo ha pesato sul valore delle charities, che è passato dai 103 milioni di 12 mesi fa ai 53 milioni attuali.

Forse che Forrest, consapevole del fatto che il valore delle sue charities stava crollando perché pericolosamente legato ad un solo tipo di investimento, ha usato l’immagine di Papa Francesco per stimolare nuovi investitori e raddrizzare il trend delle perdite? La domanda resta aperta. Di certo, la Santa Sede è uscita dal network, ma non ha cessato il suo fortissimo impegno anti-tratta.

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