Advertisement

Storie d'un tempo, la semplicità dell'accoglienza

Lo sguardo intenso di una donna di campagna  |  | Sguardi da lontano. Frammenti etnografici dell'Umbria contadina nelle immagini di Paul Scheuermeier e di Ugo Pellis (1924-1939) Lo sguardo intenso di una donna di campagna | | Sguardi da lontano. Frammenti etnografici dell'Umbria contadina nelle immagini di Paul Scheuermeier e di Ugo Pellis (1924-1939)

In una calda estate due turisti si avventurano nella bella e soleggiata campagna del Moranese. Camminando lungo i campi dorati di grano incontrano casolari diroccati e disabitati.

Quando improvvisamente ne avvistano uno dove si intravedono segni di vita. Circondato da una staccionata, qualche pecora che pascola poco più in là, una stalla da dove arrivano muggiti, ed una modesta casetta con la porta d’ingresso aperta. Qualche gallina e qualche oca razzolano nell’aia e alla vista dei due scappano lasciando piume e grida.

I due rassicurati da questa immagine bucolico provano a bussare. Si presenta all’ uscio una donnetta minuta e risoluta, con un camicione e un grembiulone annodato dietro la schiena, i capelli raccolti in un fazzoletto legato alla nuca e le mani infarinate: “ Chi siete, che volete?” domanda incuriosita e anche stizzita. “ Siamo testimoni di Geova alla ricerca di pecorelle smarrite” rispondono i due.

La donna allarmata va verso la stalla urlando: “ Gustavo, corri, ci sono due di Genova che hanno perso le pecore!” “ Che c’è?” risponde dalla stalla un vocione sgraziato.  Sulla soglia compare un omaccione basso e tarchiato con dei pantalonacci larghi e sudici tenuti su da due bretellone sfilacciate, una maglia colorita dagli aloni di sudore, e pochi capelli irti che da tempo non provavano il piacere del sapone.

Emanava uno strano odore misto a puzza di stalla e sporcizia personale. “Curre, vien’ò, sti due so di Genova e s’enno persi le pecore” ripete la moglie in dialetto. “ E che c’entramo noijarti? Ste bestie so’ tutte nostre”.

Advertisement

I due “turisti” si rendono conto dell’ equivoco creato e della inquietudine creata in quei due poveri contadini, e cercano di rimediare: “ Non siamo di Genova, ma siamo Testimoni di Geova, e andiamo nel mondo alla ricerca delle pecorelle smarrite”. “ Sentite ’n po’- risponde il contadino- io non so chi è sto ….di Geova, ma si volete potete restà a magnà con nojialtri!” - “ Si- aggiunge la donna- sto a stenne lo sfoio de pasta. Oggi magnamo le taiatelle col sugo de oca. Entrate bevete un goccetto e lasciate perde sto Geova, che le pecore se le gisse a cercà per conto sua”.

I due “turisti” si guardano in faccia e capiscono che è assolutamente inutile proseguire con discorsi filosofico-religiosi, e considerato che s’è fatta l’ora di pranzo, accettano di buon grado l’invito dei due contadini e trascorrono con loro una giornata serena.

E’ una storia vera, mi sono divertita molto a sentirlo raccontare così con le sfumatura del dialetto. Una testimonianza della semplicità e genuinità e della ospitalità della gente di campagna di una volta….da cui c’è molto da imparare.