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Un vescovo domanda ai vescovi: “Siamo disposti a percorrere la via della croce?”

L’arcivescovo di Denver Aquila scrive ai vescovi del mondo e ai vescovi in Germania. Ampia analisi del cammino sinodale avviato in Germania

Arcivescovo Samuel Aquila | L'arcivescovo di Denver Samuel Aquila alla GMG di Rio del 2013  | ACI Group Arcivescovo Samuel Aquila | L'arcivescovo di Denver Samuel Aquila alla GMG di Rio del 2013 | ACI Group

È una analisi ampia delle premesse del Cammino Sinodale messo in atto dalla Chiesa di Germania, la lettera aperta che l’arcivescovo di Denver Samuel Aquila ha inviato a tutti i vescovi del mondo, ma in particolare proprio a quelli tedeschi. Ma è, soprattutto, un grido di allarme su come alcuni problemi reali possano portare invece a mettere in discussione la dottrina. Un grido di allarme che si conclude con una domanda diretta: “Abbiamo desiderio di parlare della croce? Abbiamo il coraggio di percorrere la strada della Croce, sopportando il disprezzo del mondo per il messaggio del Vangelo?”

Interrogato dalla situazione in Germania, l’arcivescovo Aquila verga 15 pagine, pubblicate sul sito della diocesi in inglese, spagnolo e tedesco, mettendo in luce i temi che considera più scottanti alla base del cammino sinodale della Chiesa di Germania. Non è la prima volta che l’arcivescovo di Denver prende posizione nel dibattito corrente. Lo fece anche nel 2018, scendendo in campo per difendere con forza la Humanae Vitae di Paolo VI.

L’arcivescovo Aquila nota che le premesse del cammino sinodale sono corrette, e sono piuttosto le soluzioni proposte a creare problemi. Sì, dice, è giusto essere preoccupati “riguardo gli scandali di abusi del clero e delle coperture da parte di mebri della gerarchia”. Ma la primaria motivazione della riforma non deve essere la questione finanziaria, “sebbene l’impatto finanziario è stato duro”, ma piuttosto “il ristabilimento della fiducia con coloro cui Cristo ha affidato la Chiesa”, impegnandosi a offrire “cura pastorale a quanti sono stati feriti e devastati dalle cattive azioni di membri del clero, offrendo Messe per i peccati del clero e dei laici e facendo atti pubblici di sincera contrizione e penitenza”, nonché portando avanti un impegno per la trasparenza.

E sì, è giusto cercare aree in cui ancora va implementato il Concilio Vaticano II, a partire dal ministero dei laici. Ma il problema è che il cammino sinodale non lega lo “speciale sacerdozio del ministero” al Sacramento dell’Ordine, che invece è stato istituito da Gesù. Tutti coinvolti, ma ognuno con le sue competenze. Certo, l’abuso di potere da parte di sacerdoti e vescovi va riconosciuto, e “la sorgente divina di questo potere accresce l’orrore per l’abuso”, ma questo non deve portare a cambiare il volto della Chiesa.

Il magistero, spiega ulteriormente l’arcivescovo Aquila, non può avere il ruolo di “moderatore del dialogo” – e succede anche con la recente controversia della benedizione alle coppie omosessuali – ma piuttosto di stabilire la verità.

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