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Vaticano e Italia, firmata una Convenzione in materia fiscale

Istituto per le Opere di Religione | Vista del Torrione Nicolo V, sede dello IOR | Catholic News Agency Photo Istituto per le Opere di Religione | Vista del Torrione Nicolo V, sede dello IOR | Catholic News Agency Photo

Perché sia effettivo ci vuole ancora l’ok definitivo del Parlamento italiano, spiega un portavoce vaticano. Ma intanto l’accordo di collaborazione tra Santa Sede e Italia in materia fiscale è stato firmato nella mattinata di mercoledì 1 aprile in Segreteria di Stato vaticana. Un accordo con il quale la cooperazione tra Santa Sede e Italia in tema fiscale è totale. Il testo completo dell’accordo sarà pubblicato sul sito della Segreteria di Stato domani a mezzogiorno, e a quello si deve rinviare per ulteriori dettagli. Per ora, c’è la descrizione dell’accordo fatta dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri vaticano,” e il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

Secondo l’Arcivescovo Gallagher “con la firma della convenzione in materia fiscale, Santa Sede e Italia sono ancora più vicine.” La Convenzione – spiega il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede – “a partire dalla data di entrata in vigore consentirà il pieno adempimento, con modalità semplificate, degli obblighi fiscali relativi alle attività finanziarie detenute presso enti che svolgono attività finanziaria nella Santa Sede da alcune persone fisiche e giuridiche fiscalmente residenti in Italia.”

Ad interpretare la nota, in pratica l’Italia può chiedere alla Santa Sede informazioni sulle movimentazioni bancarie e finanziarie attuate da cittadini che risiedono in Italia, ma lavorano in Vaticano e perciò possono avere il conto corrente all’Istituto delle Opere di Religione. E la Santa Sede, in piena cooperazione, e senza passare da lunghi canali diplomatici per superare il ‘segreto bancario’, fornirà queste informazioni. Così che, basandosi sulle informazioni finanziarie, l’Italia potrà valutare se c’è qualcuno che ha usato il canale ‘vaticano’ per evadere le tasse.

La vera novità – racconta un portavoce vaticano – riguarda il fatto che il controllo delle rendite finanziarie riguarderà anche gli Istituti di Vita Consacrata e gli Ordini Religiosi. Questi inviano soldi verso le missioni, e lo fanno a volte configurandosi come holding, altre volte come associazioni. Delle loro attività – moltissime destinate alle missioni – potrà informarsi l’Italia, che potrà chiedere loro di pagare le imposte dovute sulle rendite finanziarie qualora li trovi in difetto.

Gli enti potranno eventualmente regolarizzare le attività usando la legge italiana 186/2014.  

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Sicuramente, nell’accordo sarà stata considerata la necessaria sovranità della Santa Sede, uno strumento che garantisce la libertà stessa di Istituti Religiosi e sacerdoti di operare in terre missione, trasferendo il necessario denaro per le opere per canali sicuri senza doversi appoggiare a conti correnti di Paesi a volte così ostili alla Chiesa che gli stessi sacerdoti non sono autorizzati ad avere un conto corrente.

Ma tutto questo deve essere lasciato ad una analisi più approfondita del testo dell’accordo. Un accordo – spiega l’arcivescovo Gallagher – che “è in buona parte frutto dell’impegno internazionale profuso dalla Santa Sede nei settori della trasparenza, della vigilanza e dell’informazione finanziaria, che, dal 2010 in poi, ha consentito la realizzazione di significative riforme, accolte da un consenso diffuso da parte degli operatori internazionali.”

Un consenso che era stato riconosciuto anche dall’Italia. Tanto che il 26 luglio 2013 l’Autorità di Informazione Finanziaria vaticana aveva siglato un protocollo di intesa con la sua omologa Unità di Informazione Finanziaria di Bankitalia, avviando uno scambio informale di informazioni di intelligence in materia finanziaria.

Ora – spiega l’Arcivescovo Gallagher – “la collaborazione tra Santa Sede e Italia viene estesa anche alla materia fiscale.” E’ un accordo che si applica unilateralmente, visto che in Italia non ci sono le tasse, ma che si giustifica “proprio alla luce della specialità dei rapporti correnti tra la Santa Sede (e lo Stato di Città del Vaticano, su cui la Santa Sede esercita sovranità) e la Repubblica italiana.” Rapporti – aggiunge il Segretario per i Rapporti con gli Stati vaticano – “tali da richiedere anzitutto una semplificazione del pagamento delle imposte sulle rendite prodotte dalle attività finanziarie detenute nello Stato della Città del Vaticano”. Così – aggiunge – “la Santa Sede e le istituzioni che operano nello Stato della Città del Vaticano potranno, da un lato, agevolare le attività di riscossione delle autorità fiscali italiane, e, da altro lato, offrire un importante servizio a tutte quelle persone (fisiche e giuridiche) residenti in Italia e che per motivi di natura ecclesiale detengono attività finanziarie nel territorio vaticano.

Il premier italiano Matteo Renzi, in una intervista dell’inizio del mese scorso, aveva già preannunciato questo accordo, sottolineando che l’accordo era sul modello di quelli che l’Italia aveva già siglato con Svizzera e Liecthenstein. Ma era stato il quotidiano dei vescovi italiani L’Avvenire a sottolineare che si trattava di un qualcosa comunque differente, perché “il Vaticano non è in alcuna black list italiana né i contatti bilaterali riguardano specificamente il tema del segreto bancario. Nulla a che vedere, dunque, con un accordo in applicazione della legge sulla voluntary disclosure (procedimento di ‘pacificazione fiscale’ tra il contribuente e l’amministrazione, a iniziativa del contribuente stesso) approvata a dicembre scorso” dal Parlamento italiano.

Restano ferme le esenzioni delle tasse per gli immobili della Santa Sede. L'Arcivescovo Gallagher definisce "da apprezzare" i riferimenti al Trattato Lateranense, e in particolar "l’esclusione di ogni modifica al regime di esenzione stabilito nell’articolo 17 del Trattato del Laterano con riferimento alle retribuzioni corrisposte ai dipendenti della Santa Sede; nonché l’esclusione degli enti centrali della Chiesa cattolica, di cui all’art. 11 del Trattato, dall’applicazione delle disposizioni più strettamente fiscali della Convenzione concernenti lo scambio di informazioni e il pagamento delle imposte sulle rendite finanziarie."

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Il "ministro degli Esteri vaticano" conclude che "l’assetto fondamentale del Trattato è infine non solo confermato, ma anche portato a compimento in relazione al regime fiscale peculiare degli immobili situati nelle zone cc.dd. extraterritoriali, di cui la Convenzione ribadisce l’esenzione da ogni tributo che aveva costituito di recente oggetto di incertezze giurisprudenziali."