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La religione in Italia, una disciplina alla prova

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“Di quale ‘religione’ hanno bisogno i giovani per vivere in maniera consapevole nella società attuale? Oggi l’Irc mira alla formazione umana degli studenti, una formazione che non può dirsi completa senza essersi interrogata sulla dimensione religiosa della persona”: lo ha affermato il segretario generale della CEI, Nunzio Galantino, presentando la quarta indagine nazionale sull’Insegnamento della religione cattolica, a 30 anni dalla revisione del Concordato.

Il rapporto ha tastato il polso ad un campione di docenti di religione nella scuola statale e in quella cattolica, ma che per la prima volta ha indagato anche sulle ‘competenze’ acquisite dagli studenti di ogni ordine e grado. La prima parte della ricerca è dedicata ai docenti, che indicano nella ‘vocazione’ e nella ‘volontà di offrire ai giovani una formazione religiosa’, le motivazioni che li spingono a scegliere questo insegnamento.

La seconda parte mette in evidenza le conoscenze degli studenti (l’indagine ha coinvolto oltre 20.000 studenti in un campione concentrato in sette diocesi (Novara, Vercelli, Forlì-Bertinoro, Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, Cagliari, Acireale e Roma). Ecco allora che tre studenti su quattro sanno che ‘la Bibbia è stata scritta da uomini ispirati da Dio’ e che ‘i racconti biblici sono stati inizialmente trasmessi a voce’, ma solo uno su due sa che le lingue in cui la Bibbia è stata successivamente scritta sono ‘ebraico, aramaico e greco’.

La ricerca è la quarta di una serie avviata inizialmente dagli Istituti di Sociologia e di Cate-chetica dell’Università Salesiana e proseguita ultimamente anche con il sostegno dei citati uffici della Cei. I titoli delle precedenti indagini mostrano in un certo senso il percorso compiuto in tutti questi anni dall’Irc: Una disciplina in cammino (1991), Una disciplina al bivio (1996), Una disci-plina in evoluzione (2005).

In questi 30 anni si è registrato un calo contenuto di studenti interessati all’insegnamento della religione, con situazioni molto differenziate sul territorio nazionale: a fronte di un Sud che in 20 anni è rimasto stabilmente intorno al 98%, c’è un Nord sceso ultimamente fino all’82%; inoltre, mentre le scuole dell’infanzia e del primo ciclo si mantengono ancora intorno al 90% di adesioni, le scuole secondarie di II grado scendono sotto l’82%; un ulteriore fattore di differenziazione è poi costituito dall’urbanizzazione, dato che nelle città capoluogo l’Irc è scelto in misura nettamente inferiore rispetto alle scuole di provincia. Per quanto riguarda la prima parte della ricerca, mediante un questionario online sono stati raggiunti nel corso dell’anno scolastico 2015-16 un totale di 2.982 insegnanti di religione cattolica, 2.279 di scuola statale e 703 di scuola cattolica. Nella scuola statale il 96,0% sono laici; nella scuola cattolica lo sono il 65,7%. Meno della metà sono di ruolo nella scuola statale, ma più della metà valuta la propria esperienza professionale pienamente soddisfacente e l’86,9% non intende prendere in considerazione l’ipotesi di abbandonare questo insegnamento.

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Tra i punti di forza dell’Irc gli insegnanti di scuola statale individuano soprattutto la capacità di rispondere alle domande di senso degli studenti (67,4%), i rapporti che si creano tra insegnante e studenti (62,0%), la possibilità di affrontare problematiche morali ed esistenziali (61,5%), la promozione del dialogo interreligioso e del confronto interculturale (57,3%). La prassi didattica è piuttosto varia e orientata verso forme attive e partecipate: gli insegnanti di scuola statale dichiarano di far uso soprattutto di una lezione dialogata (83,9%), seguita dal ricorso ad audiovisivi (61,6%), lavori di gruppo (55,4%), lezione frontale (55,0%), collegamenti interdisciplinari (51,7%), sussidi digitali (48,7%).

Gli studenti confermano sostanzialmente queste dichiarazioni, evidenziando soprattutto come col crescere dell’età scolare aumenti la partecipazione e la discussione anche di esperienze personali, al punto che la confusione da essi rilevata in circa un terzo dei casi nei primi livelli scolastici si dimezza nettamente negli ultimi anni di scuola superiore, dove l’attenzione sembra crescere in proporzione alla trattazione di tematiche etiche o esistenziali.

La seconda parte della ricerca ha misurato il sapere religioso degli studenti: in linea con i risultati di tante indagini nazionali e internazionali che vedono diminuire le competenze con il crescere dell’età scolare, gli studenti più preparati risultano essere quelli di quarta primaria, ma non c’è una coerente tendenza né positiva né negativa. Il sapere biblico è quello che ha dato i migliori risultati, pur alternando buone conoscenze a lacune talora gravi. L’informazione sui racconti fondamentali della storia biblica appare buona: percentuali oscillanti tra l’80% e il 90% cento nei diversi campioni degli alunni di quarta primaria sanno che è stato Mosè a guidare gli ebrei nell’uscita dall’Egitto o danno il giusto significato ai racconti della creazione, sanno chi ha battezzato Gesù e che il principale contenuto della sua predicazione era il Regno di Dio, conoscono il contenuto della parabola del padre misericordioso e sanno riconoscere i nomi degli evangelisti.

Ancora in prima media circa l’80% sa cosa vuol dire essere profeta e pochi di meno conoscono i motivi della condanna di Gesù. Meno della metà, però, in prima media e prima superiore sanno quali sono i vangeli sinottici e, in prima superiore, conoscono l’esistenza di fonti extrabibliche su Gesù. In terza superiore tre quarti conoscono il contenuto del primo comandamento, ma meno della metà sanno cos’è la Torah. Più deludenti sono i risultati in campo teologico-dottrinale. L’unica domanda presente in tutti i questionari chiedeva quale fosse il nucleo centrale della fede cristiana: potendo scegliere tra la resurrezione di Gesù, il messaggio della fraternità, i miracoli e la Chiesa, solo una maggioranza relativa che poche volte supera la metà si è orientata sulla resurrezione, risultando spesso attratta soprattutto dal valore della fraternità.

Il risultato in sé può essere indicativo delle convinzioni diffuse più che delle conoscenze, ma c’è da riflettere sulla solidità di alcuni principi teologici. Sempre sullo stesso tema, agli studenti del terzo anno superiore è stato chiesto su cosa si fondi la speranza cristiana della vita dopo la morte e la maggioranza relativa si è orientata sull’immortalità dell’anima, riservando alla resurrezione di Gesù percentuali oscillanti tra il 25% e il 40%. Piuttosto deludenti le competenze storiche, un risultato che dovrebbe preoccupare anche e soprattutto i docenti di storia, dato che più del 60% degli studenti di terza superiore ritiene erroneamente che sia stato l’editto di Costantino a rendere il cristianesimo religione ufficiale dell’Impero, mentre l’editto di Teodosio è riconosciuto correttamente da meno di un quarto delle risposte. Gli stessi studenti sanno però, nella misura di circa tre quarti, in cosa consista lo Scisma d’Oriente.

A conti fatti dalla ricerca è emerso che il sapere religioso degli studenti che frequentano l’Irc è ancora modesto, ma i risultati possono essere letti come eccezionali se si pensa che la disciplina non ha una valutazione ordinaria. E presentando il volume il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha sottolineato: “Se è vero che, per quel che riguarda l’Irc, non ci si può accontentare della semplice sufficienza, bisogna anche tener conto che, laddove ci sono, i risultati possono essere considerati tanto più positivi quanto più prodotti da una disciplina che non può contare su una condizione valutativa pari alle altre materie scolastiche: tutto ciò che gli studenti imparano, cioè, non può essere attribuito alla motivazione estrinseca del ‘voto’ ma solo all’interesse autentico che essi hanno e che gli insegnanti riescono a risvegliare”.

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