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La Santa Sede: "Lotta al terrorismo, le armi non bastano"

Ivan Jurkovic | Arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede a Ginevra | CC Ivan Jurkovic | Arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede a Ginevra | CC

Non bastano le armi, per quanto sofisticate. In questo momento, per combattere la “guerra asimmetrica” e il “flagello del terrorismo” che si sta abbattendo sul mondo serve piuttosto “restaurare la giustizia, il rispetto per i diritti umani, il rispetto per i diritti delle minoranza, la partecipazione politica e lo sviluppo integrale”. Lo dice l’arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra.

L’arcivescovo Jurkovic parla all’Incontro Informale degli Esperti sui Sistemi Automatici di Armi Letali, che si è tenuto l’11 aprile scorso a Ginevra. L’incontro prepara anche la prossima conferenza di Revisione della Convenzione sulla Proibizione o Restrizione nell’uso di Alcune Armi Convenzionali che possono essere considerate eccessivamente ingiuriose o di avere effetti indiscriminati, che si terrà il prossimo dicembre.

Denuncia l’Osservatore: “Armi nucleari, armi chimiche, munizioni a grappolo e mine anti-uomo sono alcuni buon esempi. I costi in vite umane sono esorbitanti, ma le risposte arrivano tardi”. Non basta, insomma, un arsenale per far finire una guerra.

E allora “la prevenzione è il solo modo di spezzare il vizioso circolo della corsa tra progressi tecnologici o mezzi militari e la loro forza distruttiva e tentativi di difendere al meglio la legge umanitaria internazionale”.

Non si possono ignorare gli effetti delle armi automatiche ad effetti, perché “oltre il fatto che lascia ad una macchina la decisione di vita o morte di un essere umano”, rischia di portare “a strategie che diluiscano e lascino da parte le vere responsabilità”, non permettendo che si definiscano le responsabilità.

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“Se vogliamo la pace, non dobbiamo solo evitare l’accumulazione di armi, ma dobbiamo anche convertire i cuori”, dice l’arcivescovo Jurkovic. Che poi sottolinea che “la pace deve nascere nella mutua fiducia dalle nazioni”, e non può invece “essere imposta sulle nazioni dal terrore delle armi”.

“E’ chiaro che investire su armi sofisticate non riporta la pace. Al contrario! Sembra che queste armi non ci proteggano dagli attacchi di terrorismo di tutti i tipi perpetuato da persone che utilizzano metodi rudimentali, ma sono pronti a sacrificare le loro vite,” afferma il nunzio.

Che conclude: le armi automatiche “non sono sufficienti” per combattere “il flagello del terrorismo” e della guerra asimmetrica che viviamo, ma si deve piuttosto restaurare la giustizia e i diritti umani, che non sarà però “vinta con armi tecnologicamente potenti”. Ansi, questo di certo “non stabilisce le condizioni per la pace”.

L’obiettivo finale, per la Santa Sede, è quello del disarmo integrale. Ma un primo passo è proprio quello di fermare almeno la corsa tecnologica sulle nuove armi. E questa sarà la posizione della Santa Sede alla conferenza di dicembre.