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Lucien Botovasoa, il martire che morì pregando per i suoi assassini

Lucien Botovasoa | Lucien Botovasoa, martire proveniente dal Madagascar, beatificato il 14 aprile 2018 | ofmcap.it Lucien Botovasoa | Lucien Botovasoa, martire proveniente dal Madagascar, beatificato il 14 aprile 2018 | ofmcap.it

Era chiamato “maestro cristiano”, e si trovò nel mezzo della lotta tra opposte fazioni che infiammò il Madagascar dopo la Seconda Guerra Mondiale, fino ad essere ucciso con processo sommario, decapitato mentre pregava per i suoi assassini. Lucien Botovasoa viene beatificato oggi in Madagascar.

Nato nel 1908 a Vohipeno, nel Sud Est del Madagascar, inizia a studiare nella scuola statale nel 1918, ma dal 1920 è nel Collegio San Giuseppe di Ambozontany della Compagnia di Gesù. È lì che si abilita all’insegnamento e comincia a lavorare come insegnante parrocchiale nella sua città natale.

Il motto che sceglie è Ad Maiorem Dei Gloria, quello dei gesuiti. Si sposa, ha otto figli (solo cinque sopravviveranno), Botavasoa insegna e lavora in parrocchia, aiutato dalla sua straordinaria conoscenza delle lingue (parla malgascio, francese, latino, inglese, tedesco, cinese) e dalla sua abilità come musicista e cantore, nonché dalle sue doti sportive. 

Un testo sul Terz’Ordine Francescano che legge nel 1940 lo porta a decidere di prendere quella strada, e diventa membro del Terz’Ordine dal 1944, cominciando a vivere una vita povera con il desiderio di diffondere il Vangelo ovunque.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le cose in Madagascar precipitano: l’isola vuole rendersi indipendente dalla Francia, e la regione dove vive Botovasoa viene scossa da queste voglie indipendentisti dal re Mpanjak, che sale al potere nel 1946.

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Il 30 marzo 1947, una domenica delle palme, vengono date alle fiamme le chiese e si dà la caccia ai cristiani.

Botovasoa diventa subito un obiettivo: gode di rispetto, e si pensa di catturarlo e di costringerlo ad obbedire agli ordini, minacciando la famiglia. Così, Botovasoa affida al fratello la sposa e i bambini e poi torna a Vohipieno.

Verso le ore 21 del 17 aprile 1947 suo fratello, André e due cugini, sotto la minaccia di morte, furono incaricati di arrestarlo. Condotto nella casa del re Tsimihoño senza un processo formale fu condannato a morte. Giunto sul luogo dell’esecuzione si inginocchiò e fu decapitato mentre pregava per i suoi assassini. Il corpo fu gettato nel fiume.