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Papa Francesco a Barbiana: “Don Milani ha ridato ai poveri la parola”

Papa Francesco a Barbiana | Papa Francesco a Barbiana (FI), per omaggiare don Lorenzo Milani, 20 giugno 2017  | CTV
Papa Francesco a Barbiana | Papa Francesco a Barbiana (FI), per omaggiare don Lorenzo Milani, 20 giugno 2017 | CTV
Papa Francesco a Barbiana | Papa Francesco a Barbiana (FI) per l'omaggio a don Lorenzo Milani, 20 giugno 2017 | CTV
Papa Francesco a Barbiana | Papa Francesco a Barbiana (FI) per l'omaggio a don Lorenzo Milani, 20 giugno 2017 | CTV
Papa Francesco a Barbiana | Papa Francesco a Barbiana (FI) per l'omaggio sulla tomba di don Lorenzo Milani, 20 giugno 2017 | CTV
Papa Francesco a Barbiana | Papa Francesco a Barbiana (FI) per l'omaggio sulla tomba di don Lorenzo Milani, 20 giugno 2017 | CTV

Una sortita a Barbiana, un atto di omaggio a don Lorenzo Milani, colui che fece della scuola la sua missione che cercava un sostegno dalle autorità ecclesiastiche affinché il suo apostolato “non rimanesse solo un fatto privato”: questo è andato a fare Papa Francesco a Barbiana, e questo racconta, incontrando i ragazzi di don Lorenzo, ma anche i giovani e i sacerdoti della zona.

È un incontro che completa un percorso, perché già nel 2014, su richiesta del Cardinale Betori, arcivescovo di Firenze, la Congregazione della Dottrina della Fede aveva fatto rimuovere il libro “Esperienze pastorali” di don Milani dalla lista dei libri messi all’indice. È lo stesso Cardinale Betori che, saltando il Papa, ci tiene a sottolineare che “la figura e la vicenda di don Lorenzo Milani vanno liberate da ogni retorica, non vanno mitizzate, vanno sottratte a strumentalizzazioni ideologiche, difendendone invece la permanente e feconda provocazione”.

Quello di oggi – spiega il Cardinale – è un evento che non vuole cercare in don Milani “un esempio da imitare”, ma piuttosto serve a comprendere “le ragioni per cui non fu compreso”.

Papa Francesco saluta i ragazzi di don Milani, quelli della scuola popolare di San Donato, quelli della scuola di Barbiano. “Siete testimoni – dice – di come un prete abbia vissuto la sua missione, nei luoghi in cui la Chiesa lo ha chiamato, in piena fedeltà al Vangelo e proprio per questo con piena fedeltà a ciascuno di voi”.

Ma sono anche i testimoni “della passione educativa”di don Lorenzo, che lo aveva portato a “dedicarsi completamente alla scuola”, che “non era cosa diversa rispetto alla sua missione di prete”, ma “il modo concreto di svolgere quella missione”.

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Colpisce che il tratto che viene fuori è quello di un don Lorenzo ubbidiente, che accetta il trasferimento a Barbiana, per avere “nuovi figli”, che pensa lì di “ridare ai poveri la parola perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia”. È un messaggio che vale oggi, che va rivendicato insieme “al pane, alla casa, al lavoro e alla famiglia”.

Il Papa saluta i giovani, ringrazia gli educatori e ne sottolinea la “missione di amore”, quella di insegnare, a partire dalla “crescita di una coscienza libera”, capace “di confrontarsi con la realtà e di orientarsi in essa guidata dall’amore, dalla voglia di compromettersi con gli altri, di farsi carico delle loro fatiche e ferite, di rifuggire da ogni egoismo per servire il bene comune”.

Papa Francesco ricorda “Lettera a una professoressa”, ricorda il suo appello alla responsabilità, che riguarda giovani e adulti, “chiamati a vivere la libertà di coscienza in modo autentico, come ricerca del vero, del bello e del bene, pronti a pagare il prezzo che ciò comporta, e questo senza compromessi”.

Ai sacerdoti presenti - alcuni ormai anziani, che furono compagni di seminario di don Lorenzo -, il Papa chiede di essere “eredi di don Lorenzo”, nell’essere “uomini di fede”. Perché l’opera di don Lorenzo nasce dall’essere prete, di una “fede totalizzante, che diventa un donarsi completamente al Signore e che nel ministero sacerdotale trova la forma piena e compiuta per il giovane convertito”, perché “senza questa sete di Assoluto si può essere dei buoni funzionari del sacro, ma non si può essere preti, preti veri, capaci di diventare servitori di Cristo nei fratelli”. E l’invito è anche quello di “voler bene alla Chiesa, come le volle bene lui, con la schiettezza e la verità che possono creare anche tensioni, ma mai fratture, abbandoni”, per questo la Chiesa va amata e fatta amare, mostrata “come madre premurosa di tutti, soprattutto dei più poveri e fragili, sia nella vita sociale sia in quella personale e religiosa”.

Ma il vero motivo del viaggio è una risposta alla richiesta di don Milani al suo vescovo, cui chiedeva “un qualsiasi atto solenne”, perché altrimenti il suo apostolato sarebbe “apparso come un fatto privato”. Sì, concede il Papa, dal Cardinale Silvano Piovanelli in poi, gli arcivescovi di Firenze hanno dato riconoscimento a don Lorenzo. Lui lo fa come vescovo di Roma, e questo – sottolinea – “non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di don Milani – non si tratta di cancellare la storia o di negarla, bensì di comprenderne circostanze e umanità in gioco –, ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa”. 

Al Papa, preme prima di tutto – come in fondo chiedeva la madre di don Lorenzo – che si conosca il prete che era don Milani. E conclude: “Il prete «trasparente e duro come un diamante» continua a trasmettere la luce di Dio sul cammino della Chiesa. Prendete la fiaccola e portatela avanti”.

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