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Disarmo nucleare, i passi della Santa Sede

Esplosione nucleare |  | da Pixabay Esplosione nucleare | | da Pixabay

L’accenno di Papa Francesco nell’Urbi et Orbi di Pasqua agli accordi di Losanna sul nucleare iraniano ha testimoniato l’attenzione della Santa Sede sul tema del disarmo nucleare. Da tempo, la Santa Sede è impegnata sul tema del disarmo nucleare, e proprio ieri l’Osservatore Permanente delle Nazioni Unite a New York ha promosso con il Global Security Institute un incontro su “Armi nucleari e bussola morale”. La posizione vaticana è estremamente equilibrata: da una parte, si devono mettere in luce i grandi benefici che si possono avere dalla tecnologia nucleare. Dall’altra, si sottolinea l’assoluta necessità di un disarmo nucleare. Che avvenga subito, e nel modo più completo possibile.

Temi che si ritrovano nell'intervento dell'arcivescovo Auza all'evento delle Nazioni Unite del 9 aprile. Dopo aver elencato tutti i richiami morali dei Papi, da Giovanni XXIII in poi, in termini di responsabilità morale sul possesso delle armi, e in particolare delle armi nucleari, e aver sottolineato il lavoro fatto alla Conferenza di Vienna, l'arcivescovo ha fatto un cenno preciso al Trattato sulla Non Proliferazione Nucleare, la cui revisione è in corso.

Ha detto l'Osservatore Permanente: "Nonostante alcuni progressi, il disarmo nucleare è attualmente in crisi. Le istituzioni che si suppone debbano muovere questo processo sono rimaste bloccate per anni. La promessa centrale del Trattato di Non Proliferazione è rimasto un sogno distante. in realtà, mentre le nazioni che possedevano un arsenale nucleare prima del trattato non solo non si sono disarmate, ma hanno persino modernizzato i loro arsenali nucleari, alcune altre nazioni che non possedevano arsenali li hanno acquisito, o sono in processo di acquisire le capacità dia vere armi nucleari. Ciò che è ancora più terrificante è la possibilità che attori non statali, come terroristi o organizzazioni estremiste, acquistino armi nucleari." 

Auza ha poi sottolineato che la Santa Sede chiede un "cambio di pensiero" per raggiungere il difficile scopo di un mondo senza armi nucleari. Un approccio super partes, che rende completamente fuorviante cercare di tirare per la giacca il Papa per le parole dette all'Urbi et Orbi di Pasqua, sottolineando che le sue parole aiutano l’Iran, o che invece sostengono gli sforzi del gruppo 5+1 che ha negoziato l’accordo. Non c’era nessun retro testo geopolitico nelle parole di Papa Francesco. E non ci poteva essere, specialmente alla luce di un accordo che sta già producendo le prime frizioni, e che comunque diventerà effettivo a partire dal 30 giugno, se tutte le condizioni si saranno realizzate.

Piuttosto, la posizione della Santa Sede era stata ben definita nel documento prodotto durante la conferenza di Vienna del 9 -11 dicembre 2014. Era la terza conferenza sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari, al termine di un percorso che era cominciato con un incontro ad Oslo, in Norvegia, e poi era proseguito a Nayarit, in Messico. Ma soprattutto era la prima volta che a questa conferenza partecipavano alcuni Stati in possesso di un arsenale nucleare.

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La dichiarazione finale, firmata da 158 Stati, sottolineava che “finché esisteranno le armi nucleari, rimarrà la possibilità di una esplosione nucleare. Anche se la probabilità che questo accada è piccola, date le conseguenze catastrofiche della detonazione di un’arma nucleare, il rischio è inaccettabile.”

Un passo avanti lodato dalla Santa Sede, ma allo stesso considerato “limitato nel tempo, congelato, e insufficiente,” nelle parole dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede all’ufficio ONU di Ginevra.

Di certo, la dichiarazione prendeva l’approccio del documento presentato dalla Santa Sede in quella circostanza. In 11 pagine, la Santa Sede decretava il fallimento della politica deterrenza nucleare; notava che il fatto che ci fossero nazioni che possedevano arsenale nucleare non aveva di certo limitato i conflitti nel mondo; e che in fondo mancava una volontà politica, e che la paura che porta alla riluttanza al disarmo dovrebbe essere sostituita da uno spirito di solidarietà che impone all’umanità di raggiungere il bene comune globale di cui la pace è l’espressione più piena.

Al momento, ci sono circa 16300 armi nucleari nel mondo, possedute – si ritiene – da 9 stati, mentre la tecnologia nucleare diventa sempre più accessibile, cosa che rende possibile per più Stati – e anche per attori non statali – di sviluppare armi nucleari in futuro.

In un passaggio fondamentale del documento, la Santa Sede sottolineava che – “sulle basi di una stretta casistica, il possesso di armi nucleari non è di per sé un male, ma arriva molto vicino ad esserlo, perché il solo modo in cui queste armi funzionano, anche in caso siano usate da deterrente, è quello di minacciare la morte a masse di esseri umani.” Anche in caso delle cosiddette “armi nucleari tattiche,” ci sarebbero “dei civili che sarebbero uccisi come danno collaterale,” mentre “materiale contaminante sarebbe disperso per lungo tempo, arrivando a danneggiare l’ambiente per decenni, anche secoli.”

La Santa Sede chiedeva anche un cambiamento di approccio, perché “viene data sempre molta attenzione al potere di uccidere le masse delle armi nucleari, ma scienziati e giuristi internazionali stanno sempre più dando attenzione alla ‘sofferenza non necessaria’ inflitta dall’uso di armi nucleari.”

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“Si è osservato – notava la Santa Sede – che i sopravvissuti di un conflitto nucleare invidieranno la morte. Infliggere una sofferenza non necessaria è stata a lungo bandita dai codici militari e dalla legge internazionale. Ciò che è vero in una guerra convenzionale è ancora più vero in un conflitto nucleare.”

L’approccio della Santa Sede non è comunque cieco. Da membro fondatore dell’AIEA (Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica), la Santa Sede non ha mai guardato in maniera cieca all’energia nucleare, di cui ha sempre apprezzato i progressi ottenuti in campi come l’agricoltura, sicurezza alimentare, qualità degli alimenti, la lotta contro la peste devastante, la gestione di scarse risorse d’acqua, gli sforzi per monitorare l’inquinamento ambientale e la ricerca portata avanti per minimizzare questo inquinamento, ma soprattutto il successo nel campo della salute, con l’applicazione di tecniche come ad esempio i raggi X. gli acceleratori di particelle e il Programma di Azione per la Terapia anti cancro.

La ricerca del bene comune passa anche attraverso l’energia nucleare. Ma passa anche attraverso l’utopia del disarmo integrale. La Santa Sede ha sempre prestato attenzione e supporto ai procedimenti per il disarmo. E ha portato sul tema avanzatissime. Come quella di applicare il TRIPs, l’accordo internazionale che regola la proprietà intellettuale che sostiene come non si possano brevettare invenzioni che siano di nocumento per l’umanità. E cosa può essere più dannoso delle armi?