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Gli anglicani si dividono. Sulle nozze gay

Canterbury | La Cattedrale di Canterbury | Wikimedia Commons Canterbury | La Cattedrale di Canterbury | Wikimedia Commons

La sospensione di tre anni alla Chiesa Episcopaliana degli Stati Uniti rappresenta la più grande frattura all’interno della Comunione Anglicana degli ultimi anni. Non si erano così divisi sul tema del sacerdozio e dei vescovi femminili, e anche questi erano dibattiti che avevano creato scalpore, combattuti a suon di “leaks” sui giornali più progressisti per favorire l’accettazione delle donne vescovo. E però, sul matrimonio tra uomo e donna c’è un discrimine che non si può superare. C’è un insegnamento naturale che anche nella Comunione Anglicana sono disposti a difendere. Anche sospendendo una delle sue sigle.

Non è un dato da sottovalutare. Già la Comunione Anglicana aveva dovuto subire il flusso delle sigle che più erano legate all’insegnamento tradizionale, e che si sentivano più a loro agio tra i Cattolici che tra gli Anglicani. Con l’Anglicanorum Coetibus, Benedetto XVI creò una sacca di accoglienza per quanti volevano passare dall’anglicanesimo nel cattolicesimo, preservando anche la loro dignità sacerdotale anche se questi erano pastori sposati. Papa Francesco ha continuato su questa strada, nominando il primo vescovo cattolico alla guida di un ordinariato anglicano, quello Steven Lopes che, da officiale della Congregazione della Dottrina della Fede, era stato il principale estensore e sviluppatore dell’Anglicanorum Coetibus.

La Comunione Anglicana vive oggi così il suo bivio con la storia: se distaccarsi completamente dagli insegnamenti tradizionali, e giungere ad uno scisma definitivo; o se invece rifarsi alla tradizione, nonostante a Lambeth Palace più volte negli ultimi anni si siano prese delle strade non propriamente ortodosse, tra cui quella delle donne vescovo.

La decisione di sospendere gli Episcopaliani per tre anni è venuta al termine di quattro giorni di discussioni definite “dolorose”, che si sono tenute a Canterbury. Sono state profonde le divisioni riguardo il tema dell’omosessualità. E alla fine, i rappresentanti di circa 85 milioni di fedeli nel mondo (a tanto ammontano i fedeli anglicani) hanno deciso che l’accettazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso da parte della Chiesa Episcopaliana rappresentano “una fondamentale frattura dalla fede e l’insegnamento tenuto dalla maggioranza delle nostre province sulla dottrina del matrimonio.”

E poi si aggiunge che “la dottrina tradizionale della Chiesa sulla base dell’insegnamento della scrittura sostiene il matrimonio tra uomo e donna in una unione che sia fedele e per sempre. La maggioranza dei convenuti riafferma questo insegnamento”.

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Così, la Chiesa episcopaliana è stata messa fuori dagli organismi decisionali, ed esclusa per tre anni dalla votazione in temi di dottrina e strategia, pur rimanendo membro della Comunione Anglicana.

Sono anche i limiti di una struttura simil-sinodale, che punta ad avere decisioni collettive, ma in fondo non riesce ad arrivare ad una piena comunione.

La discussione è apertissima, ma di certo la dichiarazione finale è un certo successo per l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, che ha convocato i leader della Comunione Anglicana senza troppe aspettative del fatto che la diatriba sui diritti gay sarebbe stata risolta. Certo, le divisioni rimangono. Particolarmente contrarie sono le comunioni di Africa, Uganda e Nigeria. E Stanley Ntagali, arcivesovo ugandese, ha addirittura lasciato l’incontro perché non era stata approvata una risoluzione che chiedesse il volontario abbandono delle chiese USA e canadesi.

Il dibattito sul tema dura da venti anni, e continuerà a tenere banco nella comunione anglicana ancora per diverso tempo. Non tutto è risolto. E il rischio di scisma resta dietro l’angolo.