Advertisement

La Chiesa greco-cattolica ucraina ricorda San Giosafat. Perché tutti siano uno

Divina Liturgia per San Giosafat | Un momento della Divina Liturgia per San Giosafat, Basilica di San Pietro, 25 giugno 2017 | Radio Vaticana Divina Liturgia per San Giosafat | Un momento della Divina Liturgia per San Giosafat, Basilica di San Pietro, 25 giugno 2017 | Radio Vaticana

Sono arrivati in 5 mila, e hanno celebrato nell’altare della confessione. Per i 150 anni della canonizzazione di San Giosafat, sepolto in Vaticano, i pellegrini della Chiesa greco-cattolica ucraina hanno riempito la Basilica di San Pietro e vi hanno celebrato la Divina Liturgia.

 Il luogo della celebrazione ha un significato preciso. La Confessione è il luogo che accoglie la tomba di San Pietro, e il termine confessione esprime l’affermazione di una verità fino alla morte. Di fatto, è l’altare dove celebra il Papa, quando celebra in Basilica.

Con questo gesto, il Papa dà al martirio di San Giosafat una portata simbolica che prosegue ancora oggi. San Giosafat assistette infatti alle lotte tra uniati e ortodossi separati, si orientò presto per la Chiesa unita, fu ucciso a causa di questo lavoro in favore dell’unità, e il suo corpo fu portato a fianco a quello di San Pietro il 22 novembre 1963, proprio mentre l’assise del Concilio Vaticano II discuteva di ecumenismo.

Nella sua omelia - densa di riferimenti ai grandi dell'Ucraina, dal grande bardo Taras Ševčenko al venerabile metropolita Andrea Šeptytsky - l’arcivescovo Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco-cattolica ucraina ha ricordato l’invito di Gesù ad essere tutti uno, ispirati da San Giosafat che “con il suo desiderio di unità ha ispirato i cuori di tutti i cristiani in Ucraina”. 

Non a caso, c’è stato il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, a partecipare alla Divina Liturgia, così come l'arcivescovo Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali. 

Advertisement

E al termine della liturgia, il Cardinale Koch ha sottolineato che “la vita di San Giosafat testimonia che la sequela di Cristo può sempre portare al martirio”, e che oggi più che mai “il martirio è una esperienza fondamentale del cristianesimo nel mondo odierno, dove tutte le Chiese e le comunità cristiane hanno le loro comunità dei martiri”. E ha aggiunto: “Essere cristiani significa testimoniare la fede”.

Di certo, la Chiesa greco-cattolica in Ucraina ha subito moltissimo le persecuzioni, anche durante il regime sovietico. E Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore, ha detto parlando con ACI Stampa che “spesso ricordiamo que tempi di persecuzione con nostalgia, perché quando una Chiesa è perseguitata è forte”.

La Chiesa greco-cattolica è comunque parte della storia della Chiesa. “Il Papa – ha sottolineato beatitudine – ci ha detto nell’udienza che il nostro Sinodo ha avuto con lui il 5 marzo che è impossibile avere un dialogo autentico sacrificando una parte della Chiesa cattolica”.

E ricorda come il muro del silenzio sul conflitto in Ucraina è stato rotto dalla colletta straordinaria per l’Ucraina convocata dal Papa, durante la quale sono stati raccolti 16 milioni di euro, più 5 milioni da parte del Papa.

Sono tutti questi i temi sullo sfondo del pellegrinaggio dei greco-cattolici ucraini alla tomba di San Giosafat. Provengono da un Paese che vive un conflitto dimenticato, e in emergenza umanitaria. Ma che vive profondamente l’unione con Roma, nonostante il martirio che, oggi come allora, la colpisce.