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La guerra a Sarajevo ha ucciso anche "Romeo e Giulietta"

Ponte Vrbanja | Ponte Vrbanja, Sarajevo, 5 giugno 2015. Sullo sfondo, le case che portano ancora i segni dei tiri dei cecchini | Andreas Dueren / ACI Group Ponte Vrbanja | Ponte Vrbanja, Sarajevo, 5 giugno 2015. Sullo sfondo, le case che portano ancora i segni dei tiri dei cecchini | Andreas Dueren / ACI Group

Il percorso che Papa Francesco farà a partire dall’aeroporto di Sarajevo per arrivare al Palazzo presidenziale per tenere il suo primo discorso di una lunga giornata era quello ambito da molti in tempo di guerra. Perché quella che oggi si chiama Zmaja od Bosne  era il Viale dei Cecchini, in bosniaco Aleja Snajpera. Chi passava da lì, veniva colpito dai cecchini appostati sulle montagne, o all’interno di alcuni edifici. A un certo punto, poco prima del Palazzo presidenziale, il Papa troverà alla sua sinistra la Chiesa Cattolica di San Giuseppe, monumento nazionale della Bosnia Erzegovina e per un periodo in corsa per diventare la cattedrale della Città. Girando lo sguardo verso destra, vedrà il ponte di Vrbanja. Lì sono molti in molti, sotto il tiro dei cecchini. Lì sono morti anche il Romeo e Giulietta di Sarajevo.

Il ponte di Vrbanja unisce il quartiere bosniaco con quello servo, passando sul torrente Miljacka. Era ovviamente un obiettivo privilegiato dei cecchini. I primi due morti civili della guerra sono morti lì: erano due studentesse, Suada Dilibegovi e Olga Sucic, una studentessa bosniaca e una pacifista croata. Un anno dopo, Gabriele Moreno Locatelli, italiano, parte dell’associazione “Beati i costruttori di pace,” andò sul ponte con cinque compagni, per ricordare le morti e simbolicamente distribuire del cibo ai militari di entrambe le fazioni. Tutti erano stati informati delle cerimonia, ma i cecchini hanno sparato lo stesso.

Bosko Brkic e Admira Ismic sapevano tutto questo. Lui serbo, lei bosniaca. Lui ortodosso, lei musulmana. Si erano innamorati vedendosi in un bar, e avevano cominciato una storia d’amore impossibile in un Paese che era percorso dall’odio etnico. Erano andati a vivere dai genitori di Admira, erano rimasti durante la guerra. Poi, Bosko aveva fatto tutte le carte per partire, avevano deciso di lasciare Sarajevo.

Il progetto era di andare dai genitori di Bosko, nel quartiere serbo, stare un po’ lì, e poi finalmente partire. Ma come fare a passare il ponte Vrbanja? I due decisero di tentare il tutto per tutto. Il 18 maggio 1993 decisero di attraversare il ponte. Di corsa.

 

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Non arrivarono mai dall’altra parte. Bosko fu colpito alla testa, e morì sul colpo. Anche Admira fu colpita. Ma non morì subito. Con le ultime forze, si portò fino al corpo dell’innamorato e lo abbracciò. Morirono così, abbracciati, e rimasero abbracciati otto giorni su quel ponte, perché non si trovava un accordo per un cessate il fuoco che permettesse la rimozione dei cadaveri. Tre anni dopo, sono stati sepolti nel Cimitero dei Leoni, uno accanto all’altro. Il recinto del cimitero dà proprio sul bar dove Bosko e Admira si incontrarono, innamorarono e pianificarono una fuga che non poté mai avere luogo.