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L'Humanae Vitae fa 47 anni. Ma oggi le sfide sono le stesse

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Lo scorso anno, la fine del Sinodo coincise con la Beatificazione di Papa Paolo VI, colui che aveva pensato al Sinodo dei vescovi. Ma soprattutto colui che aveva promulgato l’enciclica ‘Humanae Vitae’ sul controllo delle nascite. Fu l’ultima enciclica di Paolo VI, la prima ad essere così ampiamente discussa. I suoi temi sono al centro delle discussioni intorno al sinodo della famiglia.

L’ Humanae Vitae fa 47 anni, e ricordare il modo in se ne arrivò alla promulgazione può far capire molte delle sfide di oggi. Ci vollero quattro anni, una commissione di teologi ed esperti, diverse opinioni su come la Chiesa dovesse accogliere – o rigettare – la pillola anticoncezionale e altre forme artificiali di controllo delle nascite.

Le opinioni degli esperti erano generalmente favorevoli a una apertura dell’insegnamento morale cattolico alla contraccezione. Ma Paolo VI riaffermò che la relazione sessuale non può essere separata dalla fecondità. Una decisione che aprì una stagione di dispute, dentro e fuori la Chiesa.

Ma la scelta di Paolo VI fu profetica. Perché la sfida che veniva proposta era una sfida antropologica. Carl Djerassi, l’inventore della pillola, in una recente intervista al Telegraph, ha svelato che “la pillola è avvenuta perché la tecnologia era a disposizione in quel momento. Oggi sarebbe improbabile;” ha messo in luce che la pillola aiuterà a ridurre il numero di aborti, perché “non ci saranno più figli indesiderati o non pianificati;” e ha stabilito che “nel futuro il sesso sarà per ricreazione, non per riproduzione,” perché quest’ultima sarà affidata alla fecondazione in vitro, e le donne potranno sempre più congelare gli ovuli.

Vista oggi, la sfida delle contraccezione si andava a delineare come una sfida antropologica, e questo Paolo VI lo aveva ben compreso. Lo ha riconosciuto anche Papa Francesco. E lo aveva riconosciuto il sinodo dei vescovi del 2014, tanto da sottolineare che “il messaggio positivo dell’Humanae Vitae può essere riproposto attraverso una ermeneutica storica appropriata.”

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Perché in fondo l’Humanae Vitae non è stata solo l’enciclica sul controllo delle nascite, come recita il suo titolo. Riguardava in maniera più ampia l’amore tra persone sposate e la paternità responsabile, riaffermando l’insegnamento morale della Chiesa sulla santità della vita e sulla natura procreativa e unitiva delle relazioni coniugali. Ma su spesso vista in luce negativa a causa del rifiuto di ogni forma di contraccezione artificiale.

Ma come si era arrivati a questo rifiuto? Qual è la storia dell’Humanae Vitae?

Come oggi c’è una pressione per cambiare la dottrina della Chiesa, così questa si era verificata nel 1963, quando Giovanni XXIII aveva stabilito una commissione per studiare i temi di matrimonio, famiglia e regolazione delle nascite. Quando Paolo VI divenne Papa, allargò la commissione da 6 a 12 persone, e nel 1965 la portò addirittura a 75 membri, più un presidente, il Cardinal Alfredo Ottaviani, che era prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, e due vice, il Cardinali Julius Doepfner e John Heenan.

Nonostante ci fosse una commissione, il problema del controllo delle nascite venne fuori durante il Concilio Vaticano II, durante la discussione sulla Gaudium et Spes. Il 29 ottobre 1964, il Cardinal Leo Suenens chiese un’apertura al controllo artificiale delle nascite, e la sua opinione fu appoggiata da molti partecipanti al Concilio.

Così, l’ala progressista si comportò come una vera lobby, e fece varie pressioni, anche sui media. Quando la Pontificia Commissione terminò i suoi lavori, Paolo VI affidò un ulteriore esame della materia a un ristretto gruppo di teologi.

A quel punto, la pressione mediatica salì. Ad aprile 1967, un documento favorevole al controllo delle nascite fu pubblicato in contemporanea sul quotidiano francese “Le Monde,” la rivista inglese “The Tablet” e la rivista USA “National Catholic Reporter” (queste ultime due riviste cattoliche molto note in ambito progressista).

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Secondo il rapporto, 70 membri della Pontificia Commissione si erano espressi in favore della ‘pillola’. In pratica, sottolineavano come in Vaticano si volesse aprire. La verità era che quello pubblicato era “solo uno dei 12 rapporti presentati dal Santo Padre,” come Bernardo Colombo, professore di demografia e membro della Commissione, spiegò pochi anni fa in un articolo in ‘Teologia’ (la pubblicazione della Facoltà Teologica del Nord Italia).

Colombo raccontò che quando uscì sulla stampa la cosiddetta "relazione della maggioranza", egli si sentì "intimamente offeso e disgustato". Quel testo era solo "uno di dodici rapporti presentati al Santo Padre". Quanto ai responsabili della fuga afferma: "Io vi vedo una campagna orchestrata con malizia: non mi risulta che questa rientri tra le virtù cristiane. [...] Intimamente sentii che quella gente, in fatto di comportamenti morali, non aveva nulla da insegnarmi. [...] A me venne fatto di confrontare la serietà di quelle persone con quella dei componenti del comitato centrale del partito comunista italiano...".

Ma la pubblicazione del rapporto aveva avuto il compito di orientare l’opinione pubblica. Quando poi Paolo VI pubblicò l’enciclica, riaffermando i principi cristiani, l’opinione pubblica era già contro di lui.

Un po’ quello che è accaduto negli anni del Concilio Vaticano II, quando un Concilio dei media si contrappose al Concilio reale. Un po’ come sta avvenendo in questi due anni di assemblea sinodale sulla famiglia, quando ancora l’ala progressista si muove per pubblicare documenti e indirizzare l’opinione pubblica andando oltre la dottrina.

Paolo VI reagì con un drammatico Angelus, il 4 agosto 1968. "La voce della Nostra Enciclica Humanae vitae - disse - ha avuto molti echi [...]. Sappiamo che vi sono anche molti che non hanno apprezzato il Nostro insegnamento, anzi non pochi lo osteggiano. Possiamo in un certo senso capire questa incomprensione ed anche questa opposizione. La Nostra parola non è facile, non è conforme ad un uso che oggi si va purtroppo diffondendo, come comodo e apparentemente favorevole all'amore e all'equilibrio familiare. Noi vogliamo ancora ricordare come la norma da Noi riaffermata non è Nostra, ma è propria delle strutture della vita, dell'amore e della dignità umana; è cioè derivata dalla Legge di Dio. Non è norma che ignori le condizioni sociologiche o demografiche del nostro tempo [...]. È solo una norma morale esigente e severa, oggi sempre valida, che vieta l'uso di mezzi i quali intenzionalmente impediscono la procreazione, e che degradano così la purezza dell'amore e la missione della vita coniugale. Abbiamo parlato per dovere del Nostro ufficio e per carità pastorale [...]".

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