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L'Ungheria celebra i 1700 anni della nascita di San Martino

Pannonhalma, Porta Speciosa, con la immagine di San Martino  |  | pd Pannonhalma, Porta Speciosa, con la immagine di San Martino | | pd

Mons Sacer Pannonie. Così veniva chiamato più di mille anni fa il monastero di Pannonhalma, il luogo più sacro del cristianesimo in Ungheria. Sacro fin dai tempi ancestrali, ma sacro soprattutto per i cristiani nel ricordo del santo ungherese più amato insieme al santo re Stefano.

E’ San Martino, che molti conoscono come vescovo di Tours, ma che in effetti è un santo ungherese, o meglio, un romano della Pannonia. A lui, di cui in questo 2016 ricorrono i 1700 anni della nascita, è dedicata la magnifica abazia di Pannohalma, il cuore cristiano della gente d’ Ungheria.

Secondo la tradizione medioevale propio in un villaggio sul monte Bakony era nato Martino, anche se la città di origine della famiglia era Savaria, ed è in questo luogo che i primi monaci discepoli di sant’ Adalberto, vennero a stabilirsi per fondare un primo luogo di preghiera.

La zona era abitata fin dai tempi dei celti, dei traci e nel II secolo dopo Cristo da tribù germaniche che avevano assaltato i confini dell’ Impero Romano. Le migrazioni  dei sarmatici e dei marcomanni distrussero la amministrazione romana e dopo varie “invasioni” alla fine del 700 sulla scia delle truppe di Carlo Magno, arrivarono bavaresi e slavi.

In quel periodo su invito del principe Geza arrivarono sul “Mons sacer” dei monaci boemi, e proprio sulle propaggini del Bakony si stabilirono con il loro primo monastero.

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A San Martino dedicarono la loro prima grande istituzione, l’abazia di Pannonhalma si chiamò Monasterium sancti Martini.

Il luogo è ancora oggi un punto fermo nella storia del monachesimo benedettino e non solo in Ungheria.

Il complesso monastico fu arricchito di opere d’arte nei secoli e fu luogo di cultura e di difesa della cristianità ad esempio durante il dominio turco. Nonostante infatti che i monaci dovessero abbandonare il luogo, riuscirono a salvare la preziosa biblioteca, e dopo la fine del dominio della Sublime Porta,  è proprio dal monastero di San Martino che rinasce la vita cristiana e culturale in Ungheria.

San Martino protegge anche gli studenti che oggi studiano tra le mura del monastero nel convitto e liceo più illustri della nazione.

Nel portale a meridione del grande e magnifico complesso adagiato sul monte Bakony, ormai Mons Sacer, la Porta Speciosa, i marmi e le sculture incastonano il dipinto che ricorda il dono del mantello. San Martino a cavallo, ancora un soldato romano, e un povero. É la iconografia più classica del santo ungherese, o forse si dovrebbe dire romano, nel senso ampio e grande di quelle cultura romana sulla quale si innesta la fede cristiana nei primi secoli dopo Cristo.

Martino è il simbolo di una Europa romana e cristiana che ancora oggi è base culturale del continente, per arte, storia, e religione. Ma ancora di Più Martino vissuto agli albori della Europa cristiana, ci insegna che l’evangelizzazione non finisce mai.

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Così come ricordò proprio a Pannohalma Giovanni Paolo II che nel 1996 si recò in Ungheria per celebrare i mille anni di vita della abazia. Ai monaci, agli studenti e ai cristiani il Papa slavo disse che  “restare in ascolto come allievi diligenti della parola di Dio, carissimi Fratelli, rende il vostro cuore disponibile a tutto ciò che il Signore suggerisce in risposta alle esigenze di ogni epoca della storia. Siate vigilanti ed attenti nello scrutare i “segni dei tempi”, in atteggiamento di umile obbedienza al Signore, affinché il suo messaggio di salvezza, da voi rettamente recepito, sia efficacemente trasmesso”.

Oggi l’Ungheria dopo la fine del regime comunista vive la fatica di far parte dell’ Unione Europea, deve affrontare il fenomeno migratorio, ed è uno dei grandi centri culturali europei. Una sfida che affida in questo 17 centenario della nascita di Martino, al santo vescovo predicatore.

E molte delle celebrazioni si svologono proprio al "Mons Sacer" di Pannohalma.