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Con il Myanmar, cresce la rete diplomatica della Santa Sede

La Bandiera della Santa Sede | La bandiera del Vaticano e una veduta della Basilica di San Pietro | Bohumil Petrik / CNA La Bandiera della Santa Sede | La bandiera del Vaticano e una veduta della Basilica di San Pietro | Bohumil Petrik / CNA

Il Myanmar sarà il 183esimo Stato ad avere relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ma a cosa serviranno le nuove relazioni diplomatiche? Sicuramente, a migliorare lo status giuridico della Chiesa birmana, con l’apertura di un tavolo per riottenere le scuole nazionalizzate e confiscate nel 1962, una cinquantina di istituti in tutto. 

La Chiesa potrà avere un maggiore peso nel lavorare a favore della pace e della riconciliazione. Non c'è solo la questione di Rohingya, con il sospetto di genocidio della minoranza islamica rifiutata e sballottata tra i confini che il Myanmar ha rifiutato. C'è anche il lavoro che la Chiesa fa nello Stato di Kachin, dove una guerra civile è scoppiata nel 2011 che ha portato a 100 mila sfollati. Aung San Su Kyi è stata in visita nello Stato, e ha anche incontrato le associazioni cattoliche che lavorano sul territorio.

Di certo, l’ingresso del Myanmar nel novero di Stati con relazioni diplomatiche con la Santa Sede rappresenta un ulteriore passo avanti della diplomazia vaticana. Nel 1900, c’erano appena una ventina di Paesi che intrattenevano relazioni diplomatiche con la Santa Sede, nel 1978 erano 84, nel 2005 erano 174. Durante il Pontificato di Benedetto XVI sono arrivati a 180 e con Papa Francesco sono diventati 183. L’ultimo Stato, prima del Myanmar, ad aprire le relazioni diplomatiche con la Santa Sede è stata la Mauritania.

E lo scorso anno, dopo che è entrato in vigore l'accordo con lo Stato di Palestina, le relazioni speciali della Santa Sede con la Palestina sono diventate relazioni diplomatiche a tutti gli effetti. Da considerare, poi, il grande lavoro che la Santa Sede fa a livello multilaterale, con le rappresentanze all'ONU, all'OSCE, alla FAO, al Consiglio d'Europa, ma anche alla Lega degli Stati Arabi. 

 Tra i Paesi che non hanno ancora relazioni diplomatiche, ce ne sono otto senza alcun inviato vaticano: Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina, Corea del Nord, Maldive, Oman e Tuvalu. Ci sono invece delegati apostolici in quattro Paesi: Comore e Somalia in Africa, Brunei e Laos in Asia. Con il Vietnam sono state iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici, cosa che ha portato – a fine 2011 – a nominare un rappresentante vaticano non residenziale presso il governo di Hanoi.

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Il principale obiettivo della diplomazia pontificia resta comunque il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con la Cina. La nunziatura di Cina è a Taipei, in Taiwan, dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma un incaricato d’affari da interim. Si spera sempre di poter trasferire la nunziatura a Pechino, mentre c’è una missione diplomatica vaticana che risiede nella “missione di studio” ad Hong Kong, sebbene collegata formalmente alla missione della Santa Sede nelle Filippine. Nel 2016, l’Annuario pontificio recava per la prima volta, in nota, indirizzo e numero di telefono di questa missione ad Hong Kong.