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Il Giubileo Diocesano: Agrigento. Parla il Card. Montenegro

Il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento |  | MM Acistampa Il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento | | MM Acistampa

Papa Francesco ha voluto che il Giubileo della Misericordia venisse vissuto anche e soprattutto a livello locale, a partire dall’apertura della Porta Santa di ogni cattedrale. Acistampa inizia un cammino con i Vescovi italiani chiedendo loro come la loro Diocesi sta vivendo questo Anno Santo. Abbiamo iniziamo questa serie di interviste con il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento.

Nei Giubilei passati si veniva a Roma. Proprio perché il tema della misericordia abbraccia tutti è stata interessante l’idea del Papa che ogni cattedrale si aprisse una Porta Santa. Ma insieme alle cattedrali anche i luoghi della sofferenza e allora io ho aperto una porta in carcere, la porta di Lampedusa, del Mediterraneo proprio perché quei luoghi sono santi. Sono stato all’ospedale. Ecco ogni persona ha la possibilità di gustare, quindi di sentirsi provocata a vivere la misericordia.

La Porta Santa di Lampedusa è aperta. Ma da più parti la si vorrebbe chiudere.

Ma quella porta nessuno riuscirà a chiuderla perché è nella sua natura essere aperta. L’ho voluto proprio perché là  ci ricorda che dall’altro lato c’è qualcuno che ha voglia di vivere: laddove c’è sofferenza il territorio è sacro, la porta diventa sacra perché c’è il passaggio e purtroppo c’è la morte di tanta gente.

A livello diocesano come state vivendo l’Anno Santo?

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Non stiamo facendo grandi proposte. Stiamo tentando di dire alle parrocchie di essere attente agli immigrati, ai poveri, noi abbiamo dato come compito la missione agli ammalati: andare a trovarli per tenere il rapporto con le famiglie perché la parrocchia deve uscire, deve andare a incontrare le famiglie. Credo che questa sia la carità che viene chiesta: l’ordinarietà che deve diventare straordinaria.

Così come questo Giubileo straordinario…

Eh sì. Credo che se ognuno di noi ritrova la gioia della carità, non quella della elemosina che è come l’osso gettato al cane… Se come comunità sono attento alla situazione delle famiglie, dei malati, dei giovani ecco che lì sto facendo il cammino che mi viene richiesto non solo dal Giubileo ma dal Vangelo.

Il Papa chiede di fare opere di misericordia, chiede vicinanza concreta verso chi ha bisogno.

Gesù quando guarì il lebbroso lo toccò, non una carità a distanza con i guanti. Ma una carità che tocca l’altro tenendo conto che l’altro può avere anche delle esigenze che non sono il bicchiere d’acqua o il pezzo di pane. Può avere confusione, paura, non aver speranza allora come credente devo mettermi accanto e fare la strada di Emmaus con lui.