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Il Papa a Tawadros: “I vostri martiri sono i nostri martiri”

Papa Francesco e il Papa Copto Tawadros II |  | L'Osservatore Romano Papa Francesco e il Papa Copto Tawadros II | | L'Osservatore Romano

Una corona di fiori e un cero accesso, lì dove si ricordano i martiri dell’attentato dell’11 dicembre. E la consapevolezza che questo “misterioso e attuale” legame dell’ecumenismo del sangue ha aiutato anche a maturare il cammino ecumenico. Così come l'invito a parlare "la lingua comune della carità" e l'impegno a non ribattezzare i fedeli che passano da una confessione cristiana all'altra, contenuto una dichiarazione comune firmata al termine dell'incontro. 

Dopo aver parlato alle autorità, Papa Francesco va da Papa Tawadros, il patriarca copto ortodosso. Dal Palazzo Presidenziale al Vecchio Cairo: un trasferimento di 6 chilometri per il Papa, che va nella Residenza Patriarcale, a trovare il fratello cristiano, Papa Tawadros II.

L’area dove si trova la sede patriarcale – la zona di Anba Rowes – è parte di un complesso di edifici che comprende la Cattedrale dedicata a San Marco, il fondatore della Chiesa egiziana, dedicata nel 1968. L’11 dicembre 2016, l’area è stata oggetto di un attentato terroristico: un ordigno è esploso nella cappella di San Pietro, a poca distanza dagli uffici del Patriarca, causando 29 morti e 31 feriti. Erano i giorni dei festeggiamenti del Mawlid, anniversario della nascita di Maometto.

I rapporti tra Papa Francesco e Papa Tawadros sono molto stretti. Patriarca dal 2012 e 118esimo “Papa copto”, Tawadros è stato il primo patriarca a celebrare nel 2015 la tradizionale veglia del Natale copto alla presenza del presidente egiziano, al Sisi. Lavora moltissimo per il dialogo ecumenico: fu ricevuto il 10 maggio 2013 da Papa Francesco in Vaticano, 40 anni dopo il primo incontro tra Paolo VI e Papa Shenouda III che cominciò un cammino teologico condiviso. Da quell’anno, ogni anno il 10 maggio si celebra la festa dell’amore fraterno tra le due Chiese. Fu in quell’occasione che Papa Francesco ricevette il primo invito per andare in Egitto. E fu in quell'occasione che Tawadros e Papa Francesco si promisero che avrebbero pregato l'uno per l'altro ogni sera. 

Nel suo discorso di introduzione, Papa Tawadros dà a Papa Francesco il benvenuto in una terra che "troppo spesso paga con sangue innocente, offrendo il suo fiore più bello che sono i nostri giovani", e sottolinea che la visita del Papa è "un nuovo passo sulla via dell’amore e della fraternità tra i popoli. Voi siete uno dei simboli della pace in un mondo tormentato dai conflitti e dalle guerre". 

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Tawadros ricorda la dichiarazione comune di del 10 maggio 1973, rimarca il fatto che la sua visita del 2013 sia arrivata proprio nel giorno in cui si celebravano i quaranta anni dalla dichiarazione, plaude al lavoro dei cattolici nel campo della cultura e della ricerca scientifica, ricorda che l'Egitto, seppure ferito, è sempre stato un'oasi di pace e sicurezza, auspica il momento in cui copti cattolici e ortodossi potranno spezzare il pane insieme.

Anche il Papa fa riferimento nel suo discorso a quella dichiarazione comune di quaranta anni fa. Ma fa soprattutto riferimento alla dichiarazione che Gesù Cristo è il Salvatore, una confessione di fede della sede di Pietro e quella di Marco fanno insieme perché “essendo suoi, non possiamo più pensare di andare avanti ciascuno per la sua strada, perché tradiremmo la sua volontà”, né “ci è più possibili nasconderci dietro i pretesti di divergenze interpretative e nemmeno dietro secoli di storia e di tradizioni che ci hanno resi estranei”.

Non c’è tempo da perdere – dice Papa Francesco – che ricorda come non ci sia solo “un ecumenismo fatto di gesti, parole e impegno”, ma “una comunione già effettiva che cresce ogni giorno nel rapporto vivo con il Signore Gesù”.

È un cammino – afferma il Papa - che non sempre “è facile e lineare”, ma è appassionante, e viene accompagnato da un’enorme schiera di Santi e martiri che ci spinge ad essere quaggiù una immagine vivente della Gerusalemme di lassù”.

Papa Francesco ricorda che i cristiani sono chiamati a “testimoniare” Cristo, a “portare al mondo la nostra fede”, prima di tutto vivendo la fede perché “la presenza di Gesù si trasmette con la vita parla il linguaggio dell’amore comune e concreto”.

Il Papa invita cattolici e ortodossi a parlare “sempre più insieme” la lingua comune della carità”, chiedendosi sempre se le iniziative di bene possono essere fatte insieme ai fratelli cristiani, così “edificando la comunione nella concretezza quotidiana della testimonianza vissuta, lo Spirito non mancherà di aprire vie provvidenziali e impensate di unità”.

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Papa Francesco mostra apprezzamento per i segni di dialogo e collaborazione che Papa Tawadros ha mostrato verso i fratelli copti cattolici, e poi ricorda che è proprio l’ecumenismo del sangue, il martirio che ha toccato tanti fratelli copti ortodossi, anche recentemente, fa maturare questo legame “in modo misterioso e mai attuale”.

Giovanni scrive che Gesù è venuto con acqua e sangue, e questo significa per il Papa “vivendo una vita nuova, nel nostro comune Battesimo, una vita di amore sempre e per tutti, anche a costo del nostro sacrificio del sangue”.

Ricorda il Papa: “Quanti martiri in questa terra, fin dai primi secoli di cristianesimo, hanno vissuto la fede eroicamente fino in fondo, piuttosto che rinnegare il Signore e cedere alle lusinghe del male o anche solo alla tentazione di rispodenre con il bene e il male”.

La Chiesa copta ortodossa ha un martirologio, che il Papa accomuna a quello cattolico, perché “unico è il nostro martirologio, e le vostre sofferenze sono anche le nostre sofferenze, il loro sangue innocente ci unisce”. La testimonianza dei martiri – aggiunge Papa Francesco– deve rafforzare le Chiese sorelle, chiamate ad adoperarsi per “opporci alla violenza predicando e seminando il bene, facendo crescere la concordia e mantenendo l’unità, pregando perché tanti sacrifici aprano la via a un avvenire di comunione piena tra noi e di pace per tutti”.

Ma non ci sono solo i martiri. In Egitto – ricorda il Papa – sorse il monachesimo, il prodigio di “una vita nuova, che fece fiorire in santità il deserto”.

In conclusione, il Papa chiede a Dio di ripartire con Tawadros “pellegrini di comunione e annunciatori di pace”.

Dopo lo scambio di doni (il Papa dona una copia dell'icona di Maria Madre della Tenerezza, una delle più venerate dagli ortodossi, e una statua di San Francesco), e i discorsi, Papa Francesco e Tawadros firmano una dichiarazione comune, in 12 punti, che ribadisce "il profondo legame e fraternità" tra le due chiese, le quali hanno una comune esperienza con preghiere e pratiche liturgiche simili, con la venerazione dei primi martiri e il monachesimo, e che si sostanzia nell'impegno di Tawadros e il Papa a non ribattezare i fedeli che vogliono cambiare confessione cristiana.  

 La dichiarazione ripercorre le tappe verso l'unità, dall'incontro di Paolo VI e Shenouda alla visita di Tawadros in Vaticano nel 2013, passando per il viaggio di San Giovanni Paolo II in Egitto nel 2000.

“Siamo consapevoli - scrivono il Papa e Tawadros - che dobbiamo ancora fare molti passi in questo pellegrinaggio”, ma allo stesso tempo vengono riconosciuti nella dichiarazione i passi fatti, con la determinazione di “seguire nelle ore” dei predecessori, mossi dall’amore di Gesù Buon Pastore, con la profonda “consapevolezza che camminando insieme, cresciamo in unità”.

In attesa di poter fare la comunione insieme, le chiese sorelle “possono portare testimonianza a valori fondamentali come la santità e la dignità della vita umana, la sacralità del matrimonio e della famiglia, il rispetto della creazione”, nonché nella lotta alla secolarizzazione e alla globalizzazione dell’indifferenza.

Una parte della dichiarazione è dedicata all'Egitto, con l'impegno di un migliore dialogo con l'Islam per “l’unità e l’armonia della intera famiglia umana”, e la condivisione della preoccupazione per “il welfare e il futuro dell’Egitto”.

Infine, l'impegno comune: Tawadros e Francesco dichiarano mutualmente che “con un cuore e un’anima, cercheremo sinceramente di non ripetere il battesimo che è stato amministrato in alcuna delle nostre chiese per qualunque persona che desidera di unirsi all’altra”.

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È questa è una dichiarazione forte: spesso -in molte Chiese ortodosse - accadono i ribattesimi in caso di matrimoni misti e semplicemente passaggi da una confessione all’altra. Il mutuo riconoscimento del Battesimo è un grande passo avanti verso l’unità. In generale, i cattolici non hanno mai chiesto di ribattezzare i bambini. Ma Papa Francesco accetta di prendere l'impegno per mostrare la sua buona volontà. 

Quindi, Papa Francesco e Tawadros si muovono a piedi ferso la Chiesa di San Pietro “al Boutrosiyya” per una preghiera ecumenica alla presenza dei capi delle altre confessioni cristiane. Si unisce a loro Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, anche lui al Cairo per partecipare alla Conferenza sulla Pace. 

 E lì, nel luogo dell’attentato dell’11 dicembre 2016, il Papa, insieme a Tawadros, e seguiti da tutti i rappresentanti delle confessioni cristiane, depone una corona di fiori e accende un cero. Si riparte dal sangue dei martiri. Ma anche dalla fede comune in Gesù Cristo.

Quindi, il ritorno in nunziatura per la cena. Lì, il Papa sarà accolto da un gruppo di bambini della Scuola Comboniana del Cairo. E, dopo cena, è previsto l’incontro del Papa e la benedizione di circa 300 giovani che sono arrivati al Cairo in pellegrinaggio dal centro e dal Sud del Paese e che si riuniranno nel piazzale di ingresso.