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Il Papa in Bangladesh, quanto sono stati significativi i suoi due primi appuntamenti?

Papa Francesco in Bangladesh | Papa Francesco in visita al National Martyr's Memorial, Dhaka, 30 novembre 2017 | L'Osservatore Romano / ACI Group Papa Francesco in Bangladesh | Papa Francesco in visita al National Martyr's Memorial, Dhaka, 30 novembre 2017 | L'Osservatore Romano / ACI Group

Il Bangladesh dell’armonia è anche il Bangladesh in cui questa armonia è messa in discussione da alcuni recent episodi. E per questo, assumono un particolare significato i due primi appuntamenti di Papa Francesco nella nazione, la visita al National Martyr’s Memorial e al Bangabandhu Memorial Museum.

Per quale motivo questi due appuntamenti hanno un significato così importante? Steven Selvaraj, team leader per l’Asia del Sud dell'organizzazione britannica Christian Solidarity Worldwide, lo spiega in pochi punti essenziali.

“La visita al National Martyr’s memorial – dice ad ACI Stampa – rappresenta, prima di tutto un ulteriore riconoscimento del Bangladesh come una nazione con una propria sovranità, lì dove si celebrano i padri della Nazione. Di fatto, la Santa Sede è stato uno dei primi Paesi sovrani a riconoscere il Bangladesh”.

Ma non solo. Rendendo omaggio a quanti hanno costruito la nazione, la “Santa Sede vuole mostrare quanto è importante l’impegno del popolo nel sollevarsi contro lo sfruttamento e la repressione”. E il Papa “vuole rassicurare i civili che il loro sacrificio non è passato inosservato”.

Sono tutte ragioni che stanno dietro la storia stessa del Bangladesh, una nazione relativamente giovane, nata dalla spartizione dell’India nel 1947 e dalla sollevazione dello Stato dell’Est Pakistan contro la parte Ovest (l'attuale territorio pakistano), che esercitava la sua egemonia. E, durante la guerra, migliaia di Bengalesi furono massacrati, inclusi accademici, politici, intellettuali. Alla fine, l’Est Pakistan si poté costituire come Stato indipendente, e prese il nome di Bangladesh.

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Ed è qui che la storia si intreccia con il secondo appuntamento di Papa Francesco, la visita al Bangabandhu Memorial Museum, la residenza divenuta museo di Sheik Mujibur Rahman, il padre fondatore e presidente del Bangladesh, che fu ucciso insieme alla sua famiglia proprio in quella abitazione

“Si tratta – spiega Selvaraj – di un riconoscimento al ruolo di Sheikh Mujibur Raham come architetto della nazione”. Un gesto – aggiunge il responsabile CSW per il Sud Asia – che mostra l’umiltà di Cristo, perché va a visitare “la casa di una persona”. Ed è una persona speciale, perché è una persona – aggiunge Selvaraj – “che ha combattuto la tirannia e l’oppressione, dando così un messaggio chiaro al popolo bengalese che non c’è spazio per intimidazione, minacce, discriminazione e terrorismo”.

Sono parole che non sono parte di un attivismo astratto. Selvaraj sottolinea che il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà religiosa o di credo, dopo la visita del 2015 in Bangladesh, ha osservato che c’è “in generale una tradizione di armoniosa e pluralistica coesistenza”, ma ci sono stati tentativi di distruggere questa tradizione, per esempio con gli attacchi di Dhaka del luglio 2016, quando un attentato in un ristorante da parte di una milizia jihadista causò la morte di una trentina di persone.

“Non credo che la visione generale del Bangladesh come nazione armoniosa possa essere alterata. I moderati che rappresentano tutti i gruppi religiosi sono preoccupati degli elementi di radicalizzazione che irrompono nella società. Ma il dialogo interreligioso continua ad essere uno dei punti chiave della leadership religiosa in Bangladesh”.

È per questo che l’appuntamento forse più importante del Papa in questi giorni in Bangladesh è proprio l’incontro interreligioso per la pace. D’altronde, come sostiene il Cardinal Patrick D’Rozario, arcivescovo di Dhaka, “il dialogo intereligioso non è stato importato nella nostra cultura. È parte della nostra cultura”.