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L'arcivescovo di Karachi annuncia: "Domani inviteremo il Papa in Pakistan"

Arcivescovo Joseph Coutts | L'arcivescovo di Karachi Joseph Coutts | ACS Italia Arcivescovo Joseph Coutts | L'arcivescovo di Karachi Joseph Coutts | ACS Italia

"Quando incontreremo il Santo Padre lo inviteremo in Pakistan". Così dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi in questi giorni a Roma per la visita ad limina dei vescovi pachistani. I presuli domani celebreranno la messa a Santa Marta con il Papa e poi si incontreranno con lui per descrivere l’attuale situazione nel Paese.

L'arcivescovo Coutts racconta come l’invito sia condiviso anche dal governo pachistano.

Già nel 2015 l’allora primo ministro Nawaz Sharif inviò due ministri federali a Roma per consegnare personalmente la lettera d’invito al Pontefice. "Papa Francesco - sottolinea in una intervista con Aiuto alla Chiesa che Soffre - è molto stimato da tutti i pachistani, musulmani inclusi. Lo considerano un uomo di pace e hanno apprezzato diversi suoi passi verso la comunità islamica, non ultimo i buoni rapporti con al-Azhar".

Certo per un eventuale visita apostolica si dovranno attendere le elezioni generali previste il prossimo 15 luglio e l’insediamento del nuovo governo, "ma io sono fiducioso", dichiara l'arcivescovo Coutts.

In vista delle prossime consultazioni, il clima nel Paese asiatico è caratterizzato da una forte incertezza. "I principali partiti - spiega l'arcivescovo di Karachi - sono in lotta fra loro, così come le formazioni islamiche, e non è ancora emerso un candidato maturo e saggio. Ci saranno certamente delle tensioni e ciò non preoccupa soltanto noi cristiani, ma l’intera popolazione".

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La piccola minoranza cristiana del Pakistan continua a soffrire, soprattutto a causa degli attacchi alle chiese. L’ultimo attentato è quello che ha colpito la chiesa metodista di Quetta il 17 dicembre scorso.

"Purtroppo - nota l'arcivescovo Coutts - in questi anni diverse chiese sono state colpite e per questo la domenica e nei giorni festivi la polizia sorveglia i nostri luoghi di culto. È un pericolo costante e non sappiamo dove e quando i terroristi colpiranno ancora".

L’altra fonte di sofferenza per i cristiani è l’uso improprio della legge antiblasfemia.

In questi giorni un ragazzo cristiano di Lahore, Patras Masih, è stato accusato di aver offeso il profeta Maometto e arrestato.

"Per l’ennesima volta – commenta l'arcivescovo Coutts – una persona, quasi sempre innocente, viene accusata senza nessuna prova e senza possibilità di difendersi. Questa legge, a causa della quale soffrono anche i musulmani, si presta ad un uso improprio e mancano delle procedure per gestire correttamente i casi".

Inoltre la pressione esercitata da fanatici islamici, fa sì che i sentimenti prendano il sopravvento, impedendo il giusto corso della giustizia. Secondo il presule per impedire l’abuso della norma occorre innanzitutto un cambiamento nella mentalità pachistana. «Il problema della legge antiblasfemia è insito nella nostra società che non è ancora pronta a gestire propriamente il fattore religioso. Il governo non sta dando prova di essere forte abbastanza per implementare le buone leggi che abbiamo, e noi cittadini purtroppo siamo consapevoli che presto o tardi qualcun altro sarà accusato. Colpevole o innocente che sia».

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La minuta comunità cristiana del Pakistan trova forza nella solidarietà internazionale. "Abbiamo molto apprezzato la decisione di ACS di illuminare il Colosseo di rosso – afferma l'arcivescovo di Karachi – Queste iniziative mostrano all’Occidente che nel mondo vi sono cristiani che soffrono perché vivono in Paesi in cui non vi è una divisione tra religione e Stato. Quando sappiamo che voi conoscete la nostra situazione e pregate per noi, ci sentiamo incoraggiati e non più soli".