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Maria della Salute torna a splendere a Venezia

Una immagine della icona  |  | pd Una immagine della icona | | pd

A Venezia la chiamano Mesopanditissa, è una tradizionale icona della Madonna Odigitria, la Vergine Maria regge il Bambino col braccio sinistro mentre fa il gesto di intercessione nella sua direzione con la mano destra. Il bambino risponde alla sua preghiera sollevando a sua volta la mano in segno di benedizione. Tutti però la conoscono come Madonna della Salute e oggi pomeriggio è tornata a splendere dopo un raffinato restauro nella basilica veneziana di Santa Maria della salute.

L’ha accompagnata il Patriarca Francesco Moraglia in vista della festa cittadina del 21 novembre. Preghiera e  un omaggio musicale e la presentazione della delle indagini condotte e del restauro effettuato sul rivestimento d’argento e sull’intera antica icona.

Indagini che hanno confermato la sua antichità: è una tavola di 144x92,5 cm, risalente probabilmente all’epoca medioevale (XII-XIII sec.), venerata nell’isola di Candia fino al XVII secolo quando fu condotta a Venezia nel 1669 dal Capitan General Morosini e collocata sull’altare della Basilica della Salute appositamente ricostruito.

L’icona veniva denominata già a Creta come “Mesopanditissa”, cioè mediatrice di pace.

Dal 1670 essa è divenuta l’oggetto del culto e della venerazione di tutti i veneziani che ogni anno il 21 novembre visitano la Basilica della Salute per rinnovare il voto emesso dalla Repubblica Serenissima nel 1630.

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In questi mesi sono state condotte indagini fisiche (radiografiche, riflettografiche, fluorescenza UV) e chimiche (fluorescenza ai Raggi X, microchimiche e stratigrafiche).

I risultati ottenuti avvalorano la datazione documentale di un’immagine di notevole importanza di epoca medievale. In particolare dall’esame radiografico emerge una versione più antica sottostante di cui rimane purtroppo solo la parte sinistra del volto della Madonna. L’immagine che oggi veneriamo è riconducibili alla fine del XVI.

In questa fase l’intervento si è incentrato sullo studio della storia conservativa con l’analisi dei materiali soprammessi durante i precedenti restauri e manutenzioni. Si è effettuato inoltre il consolidamento con l’adesione della pellicola pittorica in particolare sui numerosi frammenti di lamina d’oro in corrispondenza della parte coperta dal rivestimento metallico e prove per la rimozione a strati delle vernici.

Il rivestimento metallico è composto da lamine in lega di argento (con tracce di oro), mentre l’aureola della Vergine è in argento dorato. La copertura è attualmente realizzata da n° 29 pezzi di lamina sottile, che nel corso dell’ultimo restauro (1960) furono schiodate dal supporto e fissate,

riutilizzando come ribattini gli antichi chiodi in argento, su un nuovo supporto dal peso di kg 2,5, composto da pezzi di argento.

In occasione dell’attuale restauro (2016) la pulitura è avvenuta attraverso passaggi di solventi e impacchi di soluzioni complessanti, atti a disgregare le stratificazioni di sporco generico, sostanze grasse e prodotti impiegati per le passate manutenzioni. La pulitura è stata completata con una rifinitura meccanica manuale, per attenuare l’invadenza estetica delle ossidazioni nerastre, tipiche dell’argento, e rendere omogeneo il tono cromatico delle diverse lamine. Al termine della pulitura, la Riza è stata protetta con la stesura di una vernice nitrocellulosica, specifica per manufatti in argento, che ostacolerà per molti anni l’innesco di nuovi fenomeni ossidativi.

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Direttore lavori è stato arch. don GianMatteo Caputo insieme a Valetina Piovan e Paolo Belluzzo

Il restauro della Riza d’argento è stato finanziato dal Comitato Italiano per Venezia attraverso il contributo della Maison Piaget.